Il camionista si difende: «Non ho ucciso Clelia» di Angelo Conti

Il camionista si difende: «Non ho ucciso Clelia» IL LEGALE: CONTRO IL MIO CLIENTE SOLO INDIZI, MANCA LA PROVA PRINCIPE Il camionista si difende: «Non ho ucciso Clelia» L'avvocato di Spanò contesta l'ordinanza del gip e chiede nuove perizie Angelo Conti «I carabinieri non hanno compreso bene il dialetto palermitano usato da Spanò e dalla moglie nei loro incontri nel carcere di Biella. La traduzione di quelle frasi in italiano è imprecisa, tale da indurre confusione. Chiederò ima perizia per dare l'esatto significato ad ogni parola». L'avvocato Antonio Mencobello, legale di Antonino Spanò, il camionista accusato dell'omicidio di Clelia Rossi, si prepara ad una battaglia a tutto campo, dopo l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa contro il suo assistito. Il punto di forza della sua tesi sarà certamente la mancanza di una «prova principe». Situazione che è ben evidente anche al gip Sabrina Noce che parla di «elementi indiziari gravi precisi e concordanti». Che sarebbero la presenza dello Spanò sul luogo e nell'orario del delitto, la successiva condotta calunniosa forse volta a depistare l'indagine, la circostanza che tre mesi dopo l'imputato si rese protagonista di un altro omicidio in danno ad una donna. E anche i riferimenti colti nelle intercettazioni dei colloqui fra lo Spanò e la moglie, e fra lo Spanò ed i figli, che l'avvocato però contesta: «A parte le imprecisioni nella traduzione, non bisogna dimenticare che si parlava spesso anche dell'omicidio di Aosta. Talune frasi, formulate in relazione all'assassinio della Torgneur, sono state poste erroneamente in relazione con l'omicidio Rossi». La faccenda è complicata poi dall'esito negativo delle ricerca di tracce ematiche attribuibih alla Rossi sui vestiti e sugli oggetti dello Spanò. Il gip lo spiega con «il decorso del tempo e con la possibilità avuta dall'imputato di distruggere o lavare gli indumenti inquinati». La dife¬ sa farà invece tesoro di questi esiti sostenendo che sarebbe stato comunque possibile (come è accaduto, ad esempio, nel caso di Erika ed Omar) evidenziare tracce ematiche anche dopo il lavaggio dei vestiti. E che quindi l'esito di quella perizia dimostra l'innocenza del camionista. L'avvocato Mencobello ri¬ volge un invito agli investigatori: «Occorre riaprire i fascicoli ed indagare realmente a 360 gradi. In questa vicenda si è seguita con troppa sicurezza la pista Spanò, tralasciando ogni altra eventualità. Evidentemente l'omicidio di Aosta ha convinto gli investigatori più di ogni altra prova. Non bisogna dimenticare che lo Spanò e la Rossi non si conoscevano e che non esiste nemmeno l'ipotesi di un movente». A favore dell'accusato ci sarebbero anche alcune valutazioni sull'arma del delitto Rossi («un coltello con una lama lunga 10-12 centimetri» secondo la perizia del medico legale Roberto Testi) che non è certamente quello usato per uccidere la Renata Torgneur (un «Sanelli» con lama da 28 centimetri, già recuperato dagli investigatori). Potrebbe invece essere uno dei coltelli da macellaio spariti (come il Sanelli in questione) da un supermercato Famila di Mondovì dove lo stesso Spanò ha ammesso di avere compiuto furti. Una risposta certa la potrà dare solo un'altra perizia. «Negli incontri con la moglie si parlava in palermitano stretto e i carabinieri non hanno capito bene il vero senso di quelle parole» Nell'ordinanza di custodia in carcere gli elementi raccolti a suo carico sono definiti dal giudice «convincenti e concordanti» Il luogo del delitto. L'auto di Clelia Rossi ferma sulla statale per Lombardore dove la donna è stata accoltellata Antonino Spanò

Luoghi citati: Aosta, Biella, Lombardore, Mondovì