L'uomo d'oro di Anversa incastrato dal suo Dna

L'uomo d'oro di Anversa incastrato dal suo Dna IL TEST CONFERMA: LEONARDO NOTARBARTOLO ERA IN QUEL CAVEAU L'uomo d'oro di Anversa incastrato dal suo Dna Nessun dubbio secondo i laboratori d'analisi della polizia belga: appartengono al pregiudicato torinese le tracce biologiche trovate su dei resti di cibo abbandonati dopo il colpo al Diamond center Giorgio Ballarlo Il cerchio intomo a Leonardo Notarbartolo si stringe. Contro il pregiudicato torinese, arrestato per il maxi-furto al Diamond Center di Anversa, la polizia belga ha portato in TriDunale una prova che rischia di incastrarlo senza possibilità d'appello. Durante l'udienza di ieri davanti al giudice della città fiamminga, gli investigatori del commissario Eric Sack hanno prodotto gli ultimi risultati del test del Dna che proverebbero con certezza la presenza di «Leo» fra gli uomini d'oro che la notte di San Valentino hanno svuotato il caveau della superbanca di Anversa. I laboratori d'analisi della polizia belga hanno infatti accertato che appartengono a Notarbartolo le tracce biologiche trovate su una bottiglia d'acqua e su alcuni resti di cibo abbandonati in un sacchetto della spazzatura in un bosco di Machelen, lungo l'autostrada E-19 che da Anversa conduce verso sud. Gli avanzi del veloce pasto, consumato da una o più persone, erano rinchiusi in una borsa di nylon gettata lì insieme ad altre 13 buste di plastica, riempite con cassette per la videosorveglianza, cofanetti portapreziosi provenienti dal caveau svaligiato e attrezzi da scasso. In uno dei sacchetti hanno scoperto anche un preventivo 3er l'acquisto di materiale per a videosorveglianza intestato alla «Preciosa», la ditta di import-export di pietre preziose aperta da Leonardo Notarbartolo ad Anversa un paio d'anni fa. In prima battuta la presenza della carta intestata della «Preciosa» è stato un indizio più che sufficiente per far scattare le manette ai polsi di Leonardo Notarbartolo, della moglie Adriana Crudo e degli amici Antonino Falletti e Judith Zwiep. Ma ora la prova del Dna rischia di metter la parola fine alle speranze di libertà del pregiudicato torinese, che nella città fiamminga aveva aperto un ufficio di rappresentanza nello stesso edificio del Diamond Center. «Non nascondo che per noi è una brutta tegola - commenta da Anversa il difensore di Notarbartolo, l'avvocato Basilio Poti, che ieri si è riunito a lungo con il collega belga Walter Damen - ma non è ancora detta l'ultima parola. Stiamo studiando la nostra linea difensiva alla luce degli ultimi sviluppi, anche perché a fine mese il nostro cliente verrà di nuovo interrogato dal pubblico ministero». Per l'avvocato Poti è in arrivo anche un'altra patata bollente. La magistratura belga, in seguito ai rapporti inoltrati dalla squadra mobile di Torino, ha infatti indagato il figlio minore di Leonardo Notarbartolo, Marco, di 25 anni, accusato di ricettazione. Il giovane, che vive con la madre nella villetta di Trana, era infatti presente durante la perquisizione della polizia che portò alla scoperta di alcuni diamanti grezzi. Almeno ima delle gemme, secondo gli investigatori belgi, farebbe parte dell'immenso bottino di pietre preziose, lingotti d'oro e gioielli trafugato dal Diamond Center. Il legale della famiglia Notarbartolo nega («Fino ad ora non è arrivata nessuna comunicazione giudiziaria»), ma per precauzione da qualche settimana Marco non vola più in Belgio per fare visita al padre. Intanto continua la ipcerca dei complici e soprattutto la «caccia al tesoro», il bottino da oltre 200 milioni di euro che si è volatilizzato la notte di San Valentino. Gli inquirenti sospettano che possa essere nascosto da qualche parte in provincia di Torino, magari messo al sicuro in un bosco della Val Sangone. Ma c'è anche chi sostiene che il grosso della refurtiva abbia già preso la strada di un Paese straniero dove è più facile smerciare diamanti che scottano. Ad esempio il Sud Africa, da sempre uno dei principali mercati mondiali di pietre preziose. Finora si è rivelata sterile anche la ricerca dei complici di Notarbartolo. La squadra mobile ha scandagliato gli ambienti torinesi dei ladri di gioielli e degli scassinatori, molti dei quali conoscono «Leo» da almeno trent'anni, ma la pista si è rivelata infruttuosa. La polizia ha pure messo sotto indagine una vecchia conoscenza della malavita nostrana, Ferdinando Finotto, 45 anni, che ha vissuto a lungo ad eversa e ha una serie di precedenti specifici nel «settore» dei furti d'alto livello. Dall'ultima impresa (un colpo mancato in un caveau), sempre ad Anversa, è stato però recentemente assolto in appello. Gli agenti della sezione antirapine hanno rovistato a lungo nella casa di Finotto alla ricerca di un indizio che portasse al «colpo del secolo», ma la perquisizione ha dato esito negativo. Il bottino del colpo al Diamond Center si aggirerebbe sui 200 milioni di euro PROTAGONISTI Leonardo Notarbartolo ha 51 anni, è di origine palermitana ma si è fatto le ossa nella «barriera» torinese. Condannato per furti d'auto e colpi in gioielleria, negli ultimi anni si è dedicato al commercio diamanti Adriana Crudo, 48 anni, è sposata con «Leo» dal 73 ed è madre di due figli, Francesco e Marco. In passato ha gestito un paio di gioiellerie, ma negli ultimi anni si è ritirata nella villetta diTrana con il figlio minore