Torna in scena Mastella riserva della Repubblica

Torna in scena Mastella riserva della Repubblica IL LEADER DELL'UDEUR AL CENTRO DI RUMORS SU UN POSSIBILE RUOLO Di GOVERNO Torna in scena Mastella riserva della Repubblica Ma lui si schermisce: «Sostituire Bossi? Non m'intriga» personaggio Filippo Ceccarelli SI agita molto stando fermo. Clemente Mastella. Elettrizzato dalla sua stessa cautela, esprime a chi ammicca sul suo futuro politico un diniego colmo di soddisfazione: «Chi immagina che noi - ma voleva dire io siamo i possibili sostituti della Lega sbaglia di grosso. Sostituire Bossi non mi intriga affatto». E lo si immagina mentre sorride, con quei suoi occhi nerissimi, e furbi. Dopo tutto è proprio Bossi che deve ringraziare. Nel pieno della recente buriana il senatùr se n'era uscito lumeggiando il seguente interrogativo: «Devo andar via dal governo e lasciare il posto a Mastella?». «Bossi può star tranquillo - aveva risposto lui, tanto per non lasciar cadere l'argomento - si tenga pure il suo posto». E a questo punto il comunicato mastellato s'impennava in una immaginosa considerazione di ordine sostanziahstico, oppure meta-politico: «Essendo Bossi più magro di Mastella -' dopo il plurale majestatis, utilizzava qui la terza persona singolare, come Giulio Cesare - la poltrona del senatùr gli starebbe molto stretta». Dopodiché, dopo aver dato buca al vertice dell'Ulivo, ha invitato Schroeder a Ceppaloni, dove è di nuovo finalmente sindaco. Quest'ultima trovata dell'ospitahtà al cancelliere federale dà il tocco magico al personaggio. Chi non lo conosce. Mastella? Chi non ha sentito della sua villa con piscina a forma di conchiglia a Ceppaloni, «piccola Svizzera», come la qualificarono illustri presidenti del Consiglio post-comunisti? Negli ultimi giorni, all'interno di alcuni cenacoli della diaspora democristiana, equamente operanti nel centrodestra e nel centrosinistra, s'è aperta una piccola, ma lusinghiera disputa filosofica sull'identità e sul destino di Mastella. Se egli sia da considerarsi una «riserva» della Repub¬ blica; o più semplicemente una «risorsa». Marco Follini che lo conosce bene da tanti anni senza averlo mai amato troppo, propende per «risorsa». Ma è già molto. In tutti i casi. Mastella si è fatto notare per tre distinte operazioni che l'hanno innalzato, pure con la concorrenza che c'è, agli onori del palcoscenico mediatico. E dunque, ha mandato platealmente a quel paese Rosi Bindi; ha arruolato nel «partito famigliare» (definizione sprezzante dell'antico mentore De Mita) il rivale di collegio della moglie Sandra, onorevole Montecuollo; ed è andato a cantare, con il complesso di un amico artista. Scrocco, nel carcere di Napoli. I rotocalchi hanno titolato: «Anche Clemente ha il suo Apicella». Insomma, risorsa o riserva resta comunque in prima fila. E' un concetto sfuggente, oltretutto, quello della riserva della Repubblica. E oggi lo è ancora di più perché tutto è appariscente, ripetuto, abbronzato, abusato. Ma forse anche per questo è cambiata la riserva. Un tempo era uno stato di grazia, tra sospensione e contemplazione, ma vigile. Per fare parte della categoria dei «riservisti» occorreva essere lontani, ma solleciti; distanti dagli affari correnti, ma ritenuti capaci di poterli sbrigare. Da lì è uscito un Pantheon di nomi illustri: Pertini, primo fra tutti, prima di diventare presidente della Repubblica. Poi Mer- zagora. Vassalli, Valiani, Spadolini, Guido Carli. Nella De, a turno, un po' tutti i grandi (il trio Moro, Fanfani, Andreotti) più Leone e Taviani. Quando se ne andavano lo facevano con stile. Aspettano. E prima o poi li richiamavano al governo. Nel corso della sua lunga carriera Cossiga sarà entrato e uscito dalla riserva, a diversi gradi, per tre o quattro volte. L'ultimo grande riservista è stato Ciampi. Prodi ce l'hanno buttato a forza. Amato è in pole position. E Mastella? Beh, si diceva che tutto è cambiato, quindi pure i criteri per ottenere questa rinforzata legittimità. E' possibile, per non dire probabile, che oggi la compostezza non sia più annoverata come mia virtù indispensabile. Qualche mese fa uno studioso di comunicazione politica ha opportunamente chiamato un collega intomo alle 22,15, all'apice della prima serata: «Presto, presto, corri ad accendere la tv, c'è Mastella, guarda che sta facendo». Era una trasmissione Rai che si chiamava, significativamente, I Raccomandati. Mastella era lì per raccomandare un suo amico cantante (che poi ha vinto). Ma in quel preciso istante, sullo schermo, stava ballando al suono di Sex bomb, mentre una ballerina gli faceva il gesto di sfilargli la cravatta. Sex bomb! Sex bomb! E lui lì a ballare, perfetto, cioè buffo, ma neanche troppo. In una parola: simpatico. Ecco: Mastella è simpatico, e la simpatia, percezione quant'altre mai soggettiva, è diventata oggi questa sì - una virtù indispensabile. Egli non è un ingenuo. Né basta dire che ha capito l'andazzo, perché piuttosto, nel suo piccolo, ha contribuito a forgiare l'odierna vita politica. Chiunque abbia frequentato l'anticamera di Mastella, capo dell'ufficio stampa a piazza del Gesù nell'aureo settennato demitiano, sa che si trattava di un luogo del tutto all'altezza dei tempi, che stavano facendosi televisi, spettacolari. In tv Mascella non se ne perde una, è stato il primo a farsi fotografare in pigiama, il primo ad aprire il suo guardaroba alle telecamere, l'ultimo a farsi sbertucciare a Scherzi aparte. E' una delle più assidue vittime di quella crudele dea che si chiama Visibilità e che forse è la nuova porta d'ingresso della riserva. La dea impone di accettare qualsiasi esibizione. «E sa perché? Per non far dire in giro: ma quello è morto, non si vede più, pohticamente». Lui è pronto a vivere, di qua o di là è del tutto secondario. Forse bisogna sempheemente accontentarsi. In fondo, diceva qualche giorno fa, «siamo tutti un popolo di ex qualcosa». E' Il più «mediatico» dei politici: ha mandato a quel paese Rosi Bindi; ha arruolato nel partito il rivale di collegio delia moglie Sandra; è andato a cantare, con un amico artista, nel carcere di Napoli Dopo aver disertato il vertice dell'Ulivo, come sindaco ha invitato Schroeder a Ceppaloni «La poltrona del senatur? Mi starebbe stretta»

Luoghi citati: Ceppaloni, Napoli