Lady Macbeth, più eros che potere

Lady Macbeth, più eros che potere IL RAVENNA FESTIVAL OSPITA LO SCIOSTAKOVIC DEL TEATRO HELIKON OPERA Lady Macbeth, più eros che potere Pon'kin dirige un'orchestra vigorosa, scene di vitalità dirompente Paolo Gallatati RAVENNA E' giovane e già molto conosciuto all'estero il Teatro Helikon Opera, fondato a Mosca nel 1990 da Dmitrij Bertman. Il Ravenna Festival lo ospita in esclusiva per l'Italia con quattro opere di Sciostaiovic, Ciailcovskij, Rimskij-Korsakov e Stravinskij. «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» è il capolavoro con cui, nel 1934, il ventottenne Sciostakovic siinsediò tra i massimi operisti del 900: melodramma dirompente per la tematica sessuale e la musica feroce e desolata, orgiastica e malinconica, su trascinanti impulsi ritmici e sonori. La cultura ufficiale l'accolse dapprima trionfalmente poi, con il voltafaccia di Stalin verso l'arte ritenuta estranea ai dettami del realismo socialista, «Lady Macbeth» ili bandita dai teatri sovietici sino all'era Krusciov. L'Helikon Opera la rappresenta nella versione originale, e lo fa molto bene dal punto di vista musicale, meno per quanto riguarda lo spettacolo. D direttore Vladimir Pon'kin tiene in pugno un'orchestra compatta e vigorosa, che esibisce con sfacciata lucidità le orge sonore con cui il musicista segue la vicenda della sua eroina. Ma, nonostante il titolo, Katerina Izmailova ha ben poco in comune con Shakespeare: la sua propensione al delitto, infatti, nasce non dalla sete di potere, bensì dal desiderio di affermare il proprio impulso erotico come ribellione contro una società operaia e contadina duramente maschilista. E' proprio quest'ultimo aspetto che lo spettacolo del Teatro Helikon mette in om¬ bra. Nella regia di Dmitrij Bertmann non sono tanto le figure umane - il suocero, il marito, che lei ucciderà entrambi - né la società intera ad opprimere Katerina, ma la scenografia: vestita in abito da sera, la donna è sovente racchiusa in una gabbia metallica, e questo delegare al simbolo un elemento così importante, toglie carne e sangue al dramma, che Svetlana Sozdateleva rappresenta egregiamente, muovendosi come una vera attrice nella ossessionante scena fissa, fatta di tubi, eliche rotanti, tralicci, rubinetti, che trasportano l'azione del racconto ottocentesco di Leskov negli Anni Trenta, nel periodo del grande sforzo industriale che caratterizzò l'anteguerra staliniano. In questa sorta di centrale termoelettrica dove, in spregio ad ogni comodità, si attuano coraggiosa¬ mente, su di un sofà multiuso, i furiosi amplessi di Katerina con l'amante Seigej (l'ottimo tenore Nikolaj Dorozkin), irrompe il coro di contadini, operai, forzati del campo di prigionia in cui Katerina sconta la sua pena, e si uccide con la rivale: e sono scene di una vitalità dirompente, con grandi esibizioni ginniche, un po' arruffate e tecnicamente approssimative, ma efficaci nel traduire quelle tremende scariche di energia, insieme vitali e fredde, quasi mortuarie, che la prodigiosa invenzione di Sciostakovic ci riserva. Nel complesso, comunque, l'esecuzione si trascina dietro anche le approssimazioni dello spettacolo e felicemente le fagocita nel suo flusso vitale. Dunque, alla fine, gli applausi sono stati molto cordiali., sia per i cantanti che per gh artefici della parte visiva, tra cui lo scenografo Igor Neznyj e la costumista Tatjana Tulub'eva. Dalla stenninata compagnia di canto, citerei la bella Elena Jonova, nella parte della forzata Sonatka, rivale di Katerina nel campo di prigionia e da lei trascinata a morire nel fiume in piena (che qui non c'è): la voce ha il colore tipico del contralto slavo, profonda, scura, ricca di armonici. Piacerebbe sentirla nel melodramma italiano.

Luoghi citati: Italia, Mosca, Ravenna