«Il mito del Nord-Est è finito» di Gigi Padovani

«Il mito del Nord-Est è finito» IL RAPPORTO 2003: CAMBIA IL MODELLO, CITTA' E AZIENDE DEVONO INTEGRARSI «Il mito del Nord-Est è finito» Per la prima volta in dieci anni export in calo Gigi Padovani «Il Veneto? E' ormai una grande Los Angeles di case e fabbriche». L'immagine è di Innocenzo Cipolletta, il manager che è stato presidente della Manifatture Marzotto, direttore di Confindustria e ora è il responsabile scientifico della Fondazione NordEst. Ma rispetto all'area californiana attraversata dalle highways, non ne ha la vivibilità e le infrastrutture. Basta essere rimasti bloccati in coda sulla A4 tra Montecchio Precalcino e Vicenza o aver tentato di aggirare il blocco autostradale passando sulla Riviera del Brenta tra Tir e semafori impazziti, per capire che il paragone con Los Angeles è azzardato. Ha il sapore della provocazione, come lo hanno le conclusioni che ieri a Venezia, a Palazzo Labia, sono state presentate dalla Fondazione Nord Est nel Rapporto 2003 sullo stato di salute (economico e non solo) nel Triveneto. La prima delle 50 slides che il direttore Daniele Marini, sociologo dell'Università di Padova, ha presentato ai politid Renato Brunetta e Massimo Carraro, al sindaco di Venezia Paolo Costa, all'imprenditore del caffè Andrea Dly (fratello del governatore del Friuh Venezia Giulia) - che l'hanno discusso - aveva infatti un titolochoc: «Il Nord Est è finito». Su quel «finito» bisogna però intendersi. E' vero infatti che i dati economia del rapporto sono negativi, con un Pil che nel 2002 è cresduto di appena lo 0,3 per cento: uno dei peggiori risultati degli ultimi cinquant'anni. Inoltre, sono diminuiti anche il reddito-pro capite (meno O^) e il valore corrente, per la prima volta in dieci anni, delle esportazioni. Ma è altrettanto vero che tutti i dati dell'occupazione sono positivi: il tasso di attività è arrivato al 52,6 per cento, crescendo ancora dell'l,50Zo. E i disoccupati si fermano al 3,3. Tutto questo, va detto, anche grazie all'apporto degli stranieri: nel Nord Est sono ormai 340 mila, pari al 5 per cento della popolazione (contro una media nazionale del 4,3), doè duecentomila in più rispetto a 4 anni fa. Allora, cosa è finito? «E' finito il fenomeno, o meglio la sua percezione caricaturale - spiega il sodologo Marini -: giovani che lasciavano gli studi, lavoratori dediti solamente al lavoro, imprenditori aggressivi che sfruttavano manodopera dell'Est...». Tutto questo si è concluso, non ha più potenzialità, afferma il Rapporto Nord Est 2003, «sia perché sta terminando un certo tipo di sviluppo sia perché stanno cambiando gli orientamenti della popolazione». D rischio è un invecchiamento senza speranza. A meno che arrivino 50 nula stranieri l'anno, tra meno di vent'anni le persone tra i 29 e i 49 anni nel Triveneto diminuiranno di circa un milione. Inoltre da almeno cinque anni è in calo il numero di imprese industriali, spede nel settore della moda. E la piccola impresa incontra le prime difficoltà: tanto è vero che per l'economia del Nord Est il 2002 è stato un anno nero, paragonabile soltanto alle due crisi del 1975edel 1983. Un panorama tutto negativo? Secondo Marini vi sono dati che dimostrano il sorgere di una nuova «idea diNordEst»: l'istruzione delle giovani generazioni cresce, il tasso di abbandono scolastici nel biennio delle superiori è inferiore alla media nazionale, e perdo «il futuro della popolazione è composto da persone con titoli elevati, segnati da percorsi di formazione prolungati, da una crescente apertura all'utilizzo delle nuove tecnologie». Cresce il numero di aziende con un proprio sito Web sono passate dal 67,6 del 1999 alr84,l del 2001 - e di imprese con casella di posta elettronica, anche se soltanto il 4,3 % utilizza l'e-commerce. Quindi i primi segni di trasformazione già si colgono, e possono venire anche dalla crescita della dimensione delle aziende, necessario a superare quello che Cipolletta ha definito «un limite del Nord Est», e doè l'essere cresduto soltanto intorno alla piccola e media impresa: servono «sistemi di fusione ed aggregazione» per vincere la sfida dell'internazionalizzazione. L'altro spunto per il futuro lo offre l'economista ed europarlamentare di Forza Italia, Renato Brunetta: «Deve nascere una dttà metropolitana Padova-Treviso-Venezia - dice -, con un preciso contenuto: salvaguardia della Laguna attraverso il Mose, bonifica di Marghera, Passante di Mestre e nuove infrastrutture. Solo così potrà diventare un catalizzatore per tutta l'Europa, grazie alla sua posizione di cerniera Nord/Sud ed EsVOvest». La scommessa, secondo Brunetta, è legata alla fine della chimica a Porto Marghera, «l'ultima area pregiata rimasta in Europa che deve essere liberata dal dclo del cloro, doè il peggio del peggio». Si tratta di una zona «innervata su infrastrutture, con una collocazione geo-economica fondamentale e vicina a Venezia». Passa da lì il futuro del Nord Est, come negli Anni Venti, quando il conte Volpi di Misurata inventò il petrolchimico. IKV^RTS^Ì^fJV^VS^HfifiCfl WIEfUM (^1 Pil procapite *0#] ^Produttività ,0## .mi # Occupati -f^ ^Tassodiattività 52»6^ ^Disoccupazione 3«3^ ^j| Numero imprese «Q.Jl TO T- -

Persone citate: Brunetta, Cipolletta, Daniele Marini, Innocenzo Cipolletta, Labia, Massimo Carraro, Paolo Costa, Renato Brunetta