Freud, «papà» Berlusconi e i suoi «ragazzini birichini»

Freud, «papà» Berlusconi e i suoi «ragazzini birichini» LE BATTUTE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E LE REPLICHE LEGHISTE IN CHIAVE PSICANALITICA Freud, «papà» Berlusconi e i suoi «ragazzini birichini» Fini è segretario di An dall'S? e ha oltre cinquant'anni, Follini ne ha quasi 49: come si spiega l'affettuosa condiscendenza del premier? analisi Filippo Ceccarelli IERI si è fatto un bel giretto, Sigmund Freud, tra Montecitorio, Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli. Ce l'ha chiamato, senza volerlo, il presidente Berlusconi con quella sua battuta; «Ho lasciato che i ragazzi si sfogassero un po'». Quale autorità può esprimersi in questo modo? Chi può dire una cosa del genere? Se lo devono essere chiesti, in effetti, e plausibilmente con qualche irritazione, il «ragazzo Fini» che bene o male in Itaha è il più longevo tra i segretari di partito (1987) e che il prossimo gennaio compirà 52 anni; e con lui il «ragazzo» Follini, che di anni ne ha quasi 49, ma già a 20, come leader dei giovani De, girava per l'Italia con l'automobile scudocrociata e l'autista. Quale autorità poteva dunque qualificare questi due maturi uomini politici come «ragazzi»? Una, diamine; quella del padre. Soltanto un padre può permettersi di far sfogare - ma solo «un po'» - i ragazzi. E di vantarsene pure, all'occorrenza. Il professor Freud aveva approfondito il tema del potere paterno, con le dovute implicaziom politiche, studiando Mese e il monoteismo: «La massa degh uomini sente un grande bisogno di autorità, da ammirare e a cui sottomettersi; autorità che talvolta h domina e perfino li maltratta. Dallo studio della psicologia dell'individuo abbiamo appreso da dove provenga questo bisogno della massa». E quindi, nel caso in, esame, anche degh alleati. Ebbene, per Freud, questo bisogno «è l'ardente desiderio del padre». Rispetto a questo genere di affermazioni è lecito restare dubbiosi. Figurarsi. Eppure gh sviluppi della storia gh danno ragione. O megho; da sempre ci sono capi, da Stalin a de Gaulle passando per il Papa, cui non dispiace per nulla essere chiamati padri. H fenomeno è particolarmente evidente nel Terzo Mondo, con i suoi «Papa Doc» e «Big Daddy», come veniva chiamato Idi Amin Dada, mentre Bokassa lo consentiva solo ai f amigliari e ai membri dell'ufficio politico del suo partito, personale s'intende. Ma non solo per questo ieri Freud era in giro per la città pohtica Trovato nosto nella tribuna del pubbhco a Montecitorio, giusto un po' defilato, il professore di Vienna ha potuto dunque ascoltare l'intervento del presidente dei deputati della Lega, onorevole Gè. Si parlava di indultino, ma un punto del suo discorso l'ha particolarmente colpito. La premessa era a suo modo bizzarra; «Berlusconi ci tratta come scolaretti». Ma l'attenzione del fondatore della psicanalisi si è accesa quando Gè, sempre parlando al plurale, ha detto; «Questa cosa ci lascia perplessi, perché io un papà ce l'ho, ho prande stima di lui perché so che la lavorato molto nella vita e ha cercato di insegnarmi alcune cose». E a questo punto, superata l'enfasi autobiografica, il capogruppo leghista ha finalmente sputato il rospo; «Di un altro papà come Berluscom non ho bisogno e credo che nessuno qui ne abbia bisogno». Ora, a parte Freud, non ci saranno elezioni anticipate. La crisi del centrodestra si va chiaramente aggiustando. Ma come tutte le altre prolungate turbolenze lascerà senz'altro uno strappo, o delle crepe, delle fratture, dei danneggiamenti, magari non immediatamente visibili, ma in profondità. L'impressione però è che la lesione più preoccupante per l'alleanza riguardi una sfera non direttamente pohtica. Insomma; da ieri c'è qualche cosa che non gira più tanto bene nel circuito finora virtuoso tra l'autorità patema del Cavaliere e l'obbedienza filiale dei suoi «ragazzi» di An, Lega e Udc. E' forse questa una chiave interpretativa un po' bislacca. Ma francamente le tradizionali categorie non è che aiutino molto a inquadrare l'impazzimento di questi giomi, con tanto di prolungata e corale autodenuncia di «teatrini» della politica. Perciò; Bossi, Fini e Follini - ognuno a modo suo - si sono comunque tutti stufati di avvertire il potere di Berlusconi come quello, del tutto vincolante, di un padre. In ima vita pubbhca che sempre più vive di immagini, simboli e percezioni non si tratta di una novità da poco. Anzi. Per tentare di misurarne lo spessore, e forse anche le possibili conseguenze, vale la pena di ricordare che nella recente storia itahana pochi altri uomini pohtici (forse solo Pertini e Achille Lauro, ma limitatamente a Napoh) hanno esercitato con Io stesso successo Vimperium paternale che Berlusconi continua a esercitare da quando, in pratica, è sceso in campo. Per cui a volte i «ragazzi» si sfogano (un po'), ma lui intanto h convoca, li nutre, decide i cibi, fa regali, gh ripiana i debiti (con un prestito), gh fa ascoltare le canzoni sue e di Apicella, dispensa premi ed encomi, impartisce disposizioni o comunque, anche in pubbhco, fa commenti sull'aspetto fisico e l'abbigliamento dei «ragazzi». A occhio, si direbbe un papà molto ricco e dolcemente autoritario. Nel suo Mi consenta (Vanni Schwiller editore) Alessandro Amadori sostiene con qualche riscontro che più in generale Berlusconi legge nella psiche dell'italiano modemo un rifiuto di crescere e se lo gioca in termini di consenso. Lui stesso ama presentarsi come «un buon padre di famiglia». Su questa formula genitoriale non di rado costruisce specie di apologhi, o indovinelli dimostrativi; «Cosa fa un buon padre di famiglia - chiede ai giornalisti, la faccia seria, le mani giunte - quando la moghe vuole cambiare il boiler, la figha frequentare il corso d'inglese e il figho comprarsi una nuova macchina?». Ma la parola che più di ogni altra dà senso e sostanza al potere paterno del Cavaliere è; «Birichino», autentica perla semantica di affetto e dominio, degnazione e buon umore. Ma non è che duri per sempre. A un certo punto può succedere che i figli, «ragazzi» o «birichini» che siano, si scocciano. Ma di brutto. Un altro teorico della psicanalisi, Gerard Mendel, ha esaminato a fondo il fenomeno della «rivolta contro il padre» arrivando alla conclusione che la forza dell'immagine patema alla lunga finisce per trasformarsi nella sua debolezza. Stai a vedere che per decifrare il quadro pohtico bisognerà, d'ora in poi, studiare come un tempo famiglie clan e tribù. Sigmund Freud ì Wi Il capogruppo leghista Alessandro Ce Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini :.. -.. ^ - -^ ■.- .-. :

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