Iraq, per riportare ordine l'uomo che sgominò le gang di New York di Maurizio Molinari

Iraq, per riportare ordine l'uomo che sgominò le gang di New York BERNARD KERIK ERA LEGATO A DOPPIO FILO AL SINDACO GIULIANI Iraq, per riportare ordine l'uomo che sgominò le gang di New York Suo compito «ripulire Baghdad dai criminali». Ha promesso 2500 dollari di ricompensa agli informatori: «Vogliamo sapere chi ci spara» Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK La promessa di 2500 dollari di ricopensa per informazioni sui guerriglieri dell'ex partito Baath affissa sulle mura di Baghdad e ripetuta di ora in ora dalle stazioni radio della coalizione porta la firma di Bernard Kerik, il super-poliziotto con il quale Rudolph Giuliani mise in rotta le gang di New York e affrontò l'emergenza della guerra ad Al Qaeda dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Il suo volto è famigliare ai newyorkesi quanto quello dell'ex sindaco: pelato, corpo da atleta, lottatore nato, collo tarchiato, è stato per anni l'ombra di Giuliani, confessando in un'autobiografia divenuta bestseller - «Lost Son» di aver ereditato rabbia e carattere dall'essere stato abbandonato ad appena quattro anni di età dalla madre, che di mestiere faceva la prostituta. L'11 settembre 2001 arrivò al World Trade Center appena tre minuti dopo che la prima Torre era stata colpita dall'aereomissile pilotato dall'egiziano Mohammed Atta. A Ground Zero il commissario capo della polizia perse 23 dei suoi ufficiali e da quel giorno capì che il suo lavoro cambiava: avrebbe dato la caccia ai terroristi come fino ad allora aveva fatto con i criminali. Legato a doppio filo a Giuliani, quando Michael Bloomberg venne eletto nuovo sindaco rifiutò di restare in carica per diventare un consulente indipendente nella lotta alla criminalità orgiuiizzata. E' stato proprio Giuliani, secondo il tam-tam di Washington, a suggerire il suo nome al presidente George Bush per «ripulire Baghdad dai criminah», come il Pentagono definisce i guerrigheri filo-Saddam. La telefonata della Casa Bianca arrivò a Kerik a maggio, pochi giorni dopo l'annuncio della fine della guerra da parte di Bush sul ponte della Uss Lincoln, la designazione un mese dopo. Paul Bremer, capo dell'amministrazione militare americana, gli ha affidato la giuda della «squadra per la ricostruzione del ministero degli Interni». In pratica deve fare il «top cop» - il primo poliziotto - a Baghdad come faceva una volta nel cuore di Manhattan o nei bassifondi del Bronx. Insediatosi da poche settimane, si è trovato ad affrontare il problema di svolgere compiti di polizia avendo a disposizione marines e soldati di fanteria. Il problema è l'assenza di contingenti di polizia civile: Washington spera di ottenerli da Paesi alleati e per questo il Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, ieri ha definito «benvenuta» l'ipotesi dell'arrivo «anche di forze tedesche e francesi». In attesa che ciò avvenga la decisione è stata di riorganizzare gli agenti iracheni: richiamati in servizio a migliaia, e pagati in dollari, hanno U compito di ripristinare un minimo di controllo urbano: «Abbiamo fatto tornare 30 mila agenti, li stiamo addestrando a lavorare in una società democratica cominciando a spiegare cosa significa andare di pattuglia», spiega Kerik, che è affiancato da un gruppo di agenti di diversi corpi di polizia, da New York come da Los Angeles. Ripristinare un minimo di normalità è la premessa per dare la caccia ai guerrigheri che operano nel «triangolo smunta» fra Baghdad, Tikrit e Fallujah. «Resterò qui per sei mesi e farò del mio meglio - ha assicurato Kerik come facevo al fianco di Giuliani, un sindaco che va a 240 chilometri l'ora e mi svegliava nella notte per sapere l'aggiornamento su questa o quella indagine criminale». Il passo necessario nella strategia anti-guerriglia è quello di ottenere informazioni, da qui l'offerta di 2500 dollari in cambio di «notizie ed elementi che possano portare all'arresto di criminah». L'intenzione è di braccare i Fedayn a suon di dollari, di rendergli la vita impossibile e il sonno incerto per poi prenderli in trappola con gli uomini delle squadre speciali antiguerriglia, una sorta di versione irachena degli swat-team delle polizie cittadine negli Stati Uniti. «Chiedo agli iracheni di farsi avanti e aiutarci a togliere questi criminah dalle strade, voghamo le informazioni su chi ci spara contro e h vogliamo prendere - ha dichiarato il «top cop» in un'intervista alla Bloomberg radio - affinché l'Iraq sia in grado di prosperare». Aver dato la priorità alla riorganizzazione della polizia irachena non significa ritardare i tempi della caccia all'uomo, già iniziata nella zona che lui definisce «l'asse delle attività paramilitari a noi ostili»: il corso del fiume Tigri da Baghdad verso Bayu, a Nord. Soldati Usa e poliziotti iracheni durante un'incursione in una casa usata da un cecchino