Ostaggi nella fabbrica che non c'è di Claudio Laugeri
Ostaggi nella fabbrica che non c'è I DIPENDENTI DELLA DITTA «COCCONI» DI SETTIMO TORINESE RIUNITI IN ASSEMBLEA PERMANENTE DAL 17 GIUGNO Ostaggi nella fabbrica che non c'è Sono senza stipendio da due mesi, vivono alla giornata il caso Claudio Laugeri DIPENDENTE sulla carta, ma la fabbrica dove lavora non produce più. Dopo vent'anni di attività, la ditta «Cocconi» di Settimo Torinese (specializzata nella produzione di mobili da ufficio) esiste soltanto per i creditori. E lui rientra a buon titolo in questa categoria, in forza dei due mesi di stipendio arretrati ancora da intascare. Come gh altri 19 dipendenti, in «assemblea permanente» dal 17 giugno nella sede in Strada Settimo 399/13. Il lavoro non c'è più, ma la sveglia suona lo stesso alle 6,30 per Gerardo Mannarella, 45 anni e un incarico da responsabile della sicurezza, nonché addetto alla «macchina puntatrice», arnese di precisione per saldare le lamiere. Ma soprattutto, a casa ha moghe e due figh che tutti i mesi aspettano quei nulle e 200 euro per tirare avanti. «Mia moghe è arrabbiata, mi chie: de che cosa ci vado a fare ih fabbrica se c'è nulla da fare» racconta. Lui ha sempre lavorato, con l'esperienza ha raggiunto la qualifica di quinto livello e qualche piccola responsabihtà nella «Cocconi». E' un tipo che preferisce affrontare le questioni anziché aggirare gh ostacoli e per questo ha accettato l'incarico di delegato sindacale della Fiom. Assieme ai colleghi di «non lavoro» ha sistemato una tavolata nella parte centrale del capannone, dove piatti e posate di plastica vengono apparecchiati su una tovaglia di carta per dare un'idea di casa a chi ha scelto di «piantonare» la fabbrica. «Siamo organizzati in turni, come per il lavoro - spiega Mannarella -. Sovente, però, i "ragazzi" del mattino si fermano anche al pomeriggio, per restare in compagnia...». Già, perché tutti loro sanno bene che cosa significhi sentirsi abbandonati, non avere certezze e nemmeno informazioni per pesare l'incertezza. Qualcuno non ha retto e se n'è andato. «Un paio, è vero, ma bisogna capirli. Hanno cercato di guadagnare qualche soldo altrove» sfuma Mannarella. Lavoretti «in nero», ma pagati. Gh altri, hanno dato fondo ai risparmi. Eventuah stipendi deUe mogli servono per pagare l'affitto e riempire qualche carrello di provviste al supermercato. Nulla di più. Il capannone di Strada Settimo è diventato la loro seconda casa. Dentro c'è sempre qualcuno, la notte sono almeno quattro. ((Armati» sorridono, indicando alcuni bastoni appoggiati in un angolo del cortile. E comunque, dentro la sede della «Cocconi» è rimasto ben poco da rubare. «Teniamo molto al frigorifero» scherzano ancora. Quella è la loro cassaforte: custodisce le «ricchezze» acquistate ogni giorno con la colletta di 5 euro raccolte da ciascun dipendente. E le «retrovie» mandano i rinforzi. «La moghe di qualcuno ci prepara il sugo, la mamma di qualcun altro ci fa arrivare una torta ogni tanto...» allarga le braccia Mannarella. Un po' come in campeggio. Oppure in carcere, paragone forse più azzeccato per clu è costretto all'«assemblea permanente» per il timore di trovarsi fuori da un portone sigillato senza nemmeno una carta da giocare. Quella vita da forzati è la loro assicurazione sul futuro. «E' difficile farlo capire a casa» racconta ancora il delegato sindacale, a torso nudo come gh altri per riuscire a sopportare la temperatura equatoriale del capannone. Tutte le mattine, gh tocca ascoltare i rimbrotti deha moghe: «Molla tutto, cerca un altro posto». Lui è tentato, ma non cede. Come gh altri. «E' l'unico modo per tentare di recuperare qualcosa» spiega. La tavola imbandita per il pranzo è anche il momento migliore per discutere le strategie, per farsi venire qualche buona idea. I giornali, certo, ma anche i politici, la Guardia di Finanza, la magistratura. «Voghamo soltanto quello che ci spetta» è l'unica voce di quei lavoratori senza lavoro. L'ipotesi di una procedura di fallimento potrebbe significare per loro qualche mese di cassa integrazione. Megho di niente. In attesa di un altro impiego. I dipendenti della «Cocconi» di Settimo Torinese davanti all'azienda
Persone citate: Cocconi, Gerardo Mannarella
Luoghi citati: Settimo Torinese
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