I primi «alfieri» della natura senza chimica
I primi «alfieri» della natura senza chimica QUATTRO GIOVANI HANNO CONCLUSO GLI STUDI CON UN TITOLO NUOVO DI ZECCA: LAUREATI IN AGRICOLTURA BIOLOGICA I primi «alfieri» della natura senza chimica Al lavoro: «L'ambiente è la nostra casa». In aumento le iscrizioni al corso Portano alta la bandiera di un'agricoltura che non depaupera il terreno ma lo arricchisce e lo mantiene fertile con «concimi verdi» come il letame o il trifoglio. Un modo di essere agricoltori che difende la biodiversità, riduce l'inquinamento, utilizza risorse rinnovabili, fornisce ogni garanzia sulla salubrità dei frutti della terra. Sono gli alfieri dell' agricoltura «bio» : hanno coronato ieri il loro percorso di studi all'Università con un titolo nuovo di zecca, la laurea appunto in Agricoltura biologica. Sono quattro, i primi ad essere divenuti dottori: altri compagni seguiranno le loro orme nelle prossime sessioni di laurea - quella di ieri era presieduta da Maria Lodovica Gullino - ed altri ancora arriveranno nei prossimi anni. Come loro, combattenti in nome della natura anche contro gli Ogm. Il loro è un ideale, se non quasi un'ideologia: parlano dei loro studi con entusiasmo, fondendo le competenze tecniche a consideraziom etiche sul rispetto dell'ambiente, «la nostra casa». C'è Enrico Gobino, 23 anni, di Alba, che con il fratello coltiva l'aloe: «Ne abbiamo in questo momento 20 mila piante. La nostra è una bio-azienda, produciamo cosmetici naturali e prodotti erboristici». Anche Diego Barison, 22 anni, di Calamandrona (Asti) è già un imprencuore: la sua tesi era dedicata alla lotta biologica alle «virosi» della vile, ed è un vivai¬ sta («Abbiamo 200 mila piante di vite»). Emanuele Tocci, 26 anni, ha proposto una tesi di laurea centrata sulla conversione in biologica/di un'azienda tradizionale, mentre Elena Gonella, 22 anni, di Pinerolo, ha disquisito di insetti esotici che combattono i parassiti; ((Ad esempio un imenottero che sta danneggiando i castagni in provincia di Cuneo può essere spazzato via da un altro imenottero asiatico: depone le uova nelle larve del primo, distruggendole». Con Barison (ma anche Gobino continuerà a studiare) Elena intraprenderà un particolare tipo di studi specialistici: «Un corso intemazionale di Agroecology con un periodo ini¬ ziale in Norvegia». I quattro sanno bene che, coltivando «bio», il prodotto finale costa il 300Zo in più: «Ma crediamo in un'agricoltura pulita e rispettosa dell'ambiente, dei consumatori e degli stessi operatori». Barison: «Mi sono interessato a questo mondo anche perché sono allergico ai fungicidi». E Gobino: ((Alla lunga non si spende di più, se si calcola che le coltivazioni intensive depauperano il suolo tanto da costringere ad abbandonare i campi ogni 10 anni». Comune ai quattro, la «tolleranza zero» verso gli Ogm, «Un business delle multinazionali che vendono erbicidi e fabbricano semi che resistono a quegli stessi prodotti. Per l'agricoltore, invece di diminuire i costi li aumentano. Soprattutto, non si sa se danneggiano la salute e di certo riducono la biodiversità, inquinando geneticamente le altre colture. Con una beffa: se una bio-azienda viene per disgrazia impollinata, il coltivatore deve pure pagare le royalties alla multinazionale che ha brevettato le sementi». [g. fav.] Il loro è un ideale quasi un'ideologia fra competenze tecniche ed etiche Tolleranza zero verso gli Ogm «Solo un business delle multinazionali» Laureati in Bio-Agricoltura: Diego Barison, Enrico Gobino ed Elena Gonella I
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