TESTAMENTO IMMORALE di Leonardo Zega

TESTAMENTO IMMORALE COSCIENZA DEI MEDICI E LEGGI DELLO STATO TESTAMENTO IMMORALE Leonardo Zega DA qualche tempo si parla di nuovo con insistenza del cosiddetto "testamento biologico». Si tratta, come si sa, di una dichiarazione della propria volontà con cui si chiede ai medici di sospendere ogni teraj'i i, qualora le facoltà di intendere e di volere siano irreversibilmente compromesse a causa di malattia o incidente. Depositato presso un notaio come un vero testamento, dovrebbe avere valore vincolante. In Senato è stato depositato in merito un progetto di legge e molti premono perché sia presto discusso e approvato. Il presidente Marcello Pera non nasconde le sue perplessità di fronte a una questione «cruciale, difficile, complicata» e si augura che si proceda con i piedi di piombo in uno spirito auspicabilmente bipartisan. Pur senza arrivare al giudizio negativo estremo, secondo cui il testamento biologico altro non sarebbe che l'anticamera dell'eutanasia, molte sono le riserve anche in campo medico, tra i legislatori e nella pubblica opinione. Qualche giorno fa, il professor Franco De Conno, da venticinque anni in stretto contatto con malati di cancro all'Istituto dei tumori di Milano, ha dichiarato ad Avvenire: "Oggi non esiste più il vecchio principio per cui era il medico a decidere il destino del paziente, senza che questi avesse voce in capitolo: la volontà del malato ha finalmente un ruolo fondamentale. Però mi chiedo: può una persona esprimersi con anni di anticipo su questioni di vita e di morte senza avere gli elementi per farlo? Oggi firmo un modulo in cui dispongo che in caso di coma non mi si curi, o non mi si trapiantino organi, ma chi lo dice che all'atto pratico, se potessi, non chiederei di far di tutto per aiutarmi a vivere?». Aggiunge poi De Conno che, in un quarto di secolo di esperienza, si possono contare sulle dita di una mano i malati che hanno chiesto di morire. Questo vuol dire che se con la terapia del dolore (liberata oggi da ogni impaccio morale e legale, ma ahimé ancora largamente inapplicata) e con le attenzioni di chi sta accanto ai malati si rendono i loro giorni più sereni, tutti chiedono di vivere. A parte ogni considerazione di carattere religioso e morale, sono particolarmente avverso a interventi legislativi su problemi che toccano così da vicino la libertà e la coscienza delle persone. Quale legge - sia che punisca sia che permetta - può garantire il rispetto dei diritti del malato più della sua personale consapevolezza, dell'amore di coloro che gli sono vicini, della deontologia professionale di chi lo cura? Il medico non si presterà mai a fungere da killer, sia pure sotto l'usbergo della legge, che deve proteggere da soprusi, violenze, prevaricazioni, fermandosi però sulla soglia della coscienza. La legge morale ha una forza propria che trae da convinzioni di ragione o di fede, ed è qualcosa che la legge dello Stato non conosce né può arrogarsi di piegare ai propri scopi. Perché allora invocarne la copertura? Forse se ci applicassimo di più ad aiutare a vivere, invece di escogitare marchingegni legali e non per esorcizzare il dolore e la morte, renderemmo un miglior servizio all'umanità.leonardo. zega@stpauls.it

Persone citate: De Conno, Franco De Conno, Marcello Pera

Luoghi citati: Milano