Lohengrin ingrana molto lentamente di Sandro Cappelletto

Lohengrin ingrana molto lentamente PARTENZA ZOPPICANTE PER L'OPERA DI WAGNER CON LA REGIA DI MENOTTI AL FESTIVAL DI SPOLETO Lohengrin ingrana molto lentamente Sandro Cappelletto SPOLETO Alla fine del primo atto, erano in molti a chiedersi se questo spettacolo fosse degno delle tradizioni del Festival. Se proprio con un «Lohengrin» così zoppicante si doveva inaugurare la nuova edizione. Un coro, la State Academy Capella, venuto dalla Russia, scarso di numero e di peso vocale e dall'intonazione episodica; un direttore statunitense, Mark Stringer, pronto sempre a eccedere piuttosto che a far respirare le trasparenze e le attese della scrittura di Wagner. Una regia poco a fuoco, dove si stentava a riconoscere la firma di Gian Carlo Menotti. Una platea con troppe file vuote, magari perché un paio di centinaia di euro per stare cinque ore a boUire in un teatro, ci si pensa su due volte prima di spenderli. Quando, alla fine del primo intervallo, lo stesso Menotti, dal proprio palco, regalmente annunciava che la freccia migliore nell'arco del cast, il baritono Lucio Gallo, generosissimo, non ce la faceva a proseguire, la serata intristiva ancor più. Poi, come qualche volta succede agli spettacoli dal vivo, per scatto d'orgoglio, crampi che si sciolgono, paure che svaniscono, accadeva un mezzo miracolo e iniziava a intrawedersi il torso magnifico dell'opera che inizia a svolgere tutti i temi centrali del Una im teatro musicale wagneriano: dal motivo della redenzione e del conflitto tra paganesimo e cristianesimo e tra mito e storia, all' impossibilità per l'eroe di trovare l'amore, alla voluttà del potere come anticamera sicura di morte, alla messa in discussione del tabù dell'incesto, che appare con forza, nonostante le molte rimozioni e transfert, nella vicenda di Elsa e del cigno, animale al quale la simbologia arcaica attribuisce espliciti significati sessuali. , Gallo rimaneva in scena solo come attore; la voèe a Federico di Telramondo la «imprestava» Johannes von Dìiisburg, che cantava, con accenti potenti e scuri, a leggio, in pantaloni e camicia. Menotti regalava momenti in¬ confondibili: luci lombarde, caravaggesche, stilizzati bozzetti di vita quotidana, soprat-" tutto una costante tensione nei lunghi duetti, e la mirabile scena della camera nuziale per la prima notte di Elsa « Loengrin, mai consumata* Biondi e bianchi tutti e due) sperduti nel grande letto, sovrastati da un candidò drappo che cade poi sul corpo di Federico^ quando viene ucciso nel duello con Lohen| grin. Lo strumento voca-; le più dotato appartiene a Victoria Livengo^ od, ma la sua barbari^ ca - a volte caricaturai le nella gestualità ì Ortrud non governa il registro centrae e acu-J to, e la voce da ampie si fa secca, stretta. Elizabeth Hagedom é acerba nel canto, nori nel credibile corpo sce4 nico, Thomas Rolf Truhitte canta tui Lohengrin più eroico che lirico, ma ha le qualità per maturare} il personaggio. Compagnia giovane e orche stra giovanissima, come da tradizione spole* tina, quella della Juit ^^ liard School di New York, entusiasmante fiore all'occhiello della didattica musicale statunitenj se: e meravigliose, smaltate} brillanti, le dodici trombe che scandiscono le scene cerimo^ niali, genere nel quale solo Verdi prova a competere con Wagner. Il direttore restava generico, il coro sempre mise* rello, ma almeno si stempera va il magone dell'inizio. Quan to è difficile, per Spoleto restare Spoleto. Il baritono, senza voce, non canta ed è doppiato fuori scena Il coro russo striminzito e poco intonato «Eccessiva» la direzione di Mark Stringer Ma poi per miracolo lo spettacolo lievita grazie allo splendore delle scene Una immagine del «Lohengrin» di Wagner andato in scena a Spoleto

Luoghi citati: New York, Russia, Spoleto