EUROPA Successi e sconfitte con l'Italia al volante di Aldo Rizzo

EUROPA Successi e sconfitte con l'Italia al volante EUROPA Successi e sconfitte con l'Italia al volante analisi Aldo Rizzo SESTA presidenza europea dell'Italia. 10 liiglio-3I dicembre 2003. Ventotto anni esatti dalla prima, che coprì il seconde semestre del 1975. Le altre furono nel 1980, nel 1985, nel 1990 e nel 1996. Ci si può fermare alla cronologia, oppure cercare di ripercorrere il senso di quelle date, di ritrovare nomi e volti, itahani ed europei, di ricordare i tanti problemi via via affrontati, e infine di capire se e quali progressi siano stati ottenuti, e in che mode. Va da sé che si tratta di presidenze di turno, che come tali toccano a tutti, e non prevedono poteri particolari per chi le detiene. Salve errore, questa itahana è la cinquantottesima, da quando in un vertice a Parigi, nel 1974, su iniziativa del presidente Valéry Giscard d'Estaing, fu deciso che ciascuno degli allora nove membri della Comunità coordinasse per sei mesi i rapporti interni, tirando le somme alla fine del mandato, in casa propria, in una riunione di capi di Stato e di governo ufficialmente definita Consiglio Europeo. Quindi «routine»? Dipende. La presidenza di turno, se non accresce i poteri, offre occasioni importanti non solo di coordinamento, ma anche di mediazione, e anche e soprattutto d'iniziativa. Per chi ci sa fare. E tanto più se si tratta di uno dei «big» della Comunità, ora Unione. E' il case dell'Italia. Dunque, il 1975. Presidente del Consiglio è Aldo Moro, ministro degli Esteri è Mariano Rumor. Nel nostro gergo pehtice, il governo è il «bicolore» More-La Malfa, cioè democristiane-repubblicano, con l'appoggio esteme dei .socialisti. In pratica, una delle ultime espressioni del centrosinistra (di allora), in attesa dei governi andreettiani, aperti al Pei «revisionista» di Berlinguer. La presidenza itahana esordisce a Helsinki, alla famosa conferenza paneuropea, dove Moro, il 1 '' agosto, appone due firme sul documento conclusivo, come premier italiano e come presidente della Cee. E' una novità storica, che irrita ItTrss di Breznev. Poi, nell'autunno, anche sfruttando l'autorità della presidenza di turno, l'Italia riesce a farsi ammettere nel nascente G7, cioè nell'elite delle democrazie industriali. Le somme strettamente europee si tirano a Roma, a Palazzo Barberini, i primi due giorni di dicembre. Mero deve vedersela soprattutto con l'inglese Wilson, che frena sull!integrazione economica e soprattutto sulla fièsazione di una data per le prime elezioni dirette del Parlamento europee. Alla fine ce la fa. Il semestre è state un successe. Eppure guida un Paese in crisi, già scesso dal terrorismo di destra e di sinistra, di cui sarà vittima lui stesso. L'ambivalenza, o la schizofrenia, itahana. Ha meno storia la seconda presidenza, quella del 1980, con vertice finale a Venezia, nell'isola di San Giorgio, il 12 e 13 giugno. A capo del governo è Francesco Cossiga, ministro degli Esteri è Emilie Colombo. Due uomini politici non certo digiuni di affari intemazionah, anzi fra i più preparati. Ma il clima interne è stanco e incerte, e anche quello europee è stagnante, dopo l'entusiasmo, rivelatosi premature, per le prime elezioni dirette dell'assemblea di Strasburgo. In Italia si è chiusa la fase della «solidarietà nazionale», per l'opposizione del Pei a due temi cruciah, come l'ingresso nel Sistema monetarie europeo (Sme) e l'installazione degli euromissili della Nato per «riequilibrare» gli SS20 sovietici. Si preparane nuove formule, ancora indefinite. Cossiga, tuttavia, ha il merito, anche «europee», di essere stato fermo su entrambi i temi. Il risultate principale, ma relativo, del vertice di Venezia è una Dichiarazione sul Medie Oriente, la prima della Comunità europea su un tema fondamentale di politica estera. Note diverse per la terza presidenza, nel primo semestre del 1985. Consiglio europee a Milano, nel Castello Sforzesco, il 28 e il 29 giugno. Governo Craxi, governo «pentapartito» (democristiani, socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali), con Andreetti agli Esteri e Spadolini alla Difesa. Un governo «forte», con un presidente deciso a sfruttare in senso «decisionista» la prima guida socialista dell'esecutivo nazionale (dopo quella «laica» di Spadolini, che aveva retto nel 1981 il lungo monopolio della De). Appena cuciotto giorni prima del vertice di Milano, Craxi ha incassato la vittoria nel referendum per abrogare la scala mobile, considerata dannosa per il rilancio dell'economia, contro i comunisti e la Cgil. Anche il clima intemazionale è mutato, in senso positive. Neh' Unione Sovietica, è finita l'età brezneviana e post-brezneviana, è arrivato al potere Mikbail Gorbaciov, di cui sono già evidenti le intenzioni riformatrici e di apertura all'Occidente. E ci sono novità anche in Europa, depe una lunga stagione detta dell'«europessimismo» (una sorta di rassegnazione a lasciare le cose come sene, anche e soprattutto perl'instancabile freno britannico). Dal 10 gennaio, alla testa della Commissione di Bruxelles c'è un francese vohtivo e prepositive, Jacques Delors, mentre attende di essere concretamente discussa un'iniziativa vecchia di due anni del tedesco Genscher e dell' italiano Colombe, la cosiddetta Dichiarazione di Stoccarda, che rilanciava l'integrazione anche sul piano pohtico, e della politica estera. Infine, il 14 febbraio 1984, su impulso del grande europeista italiane Altiere Spinelli, il Parlamento di Strasburgo aveva . approvato un pregetto di trasformazione in Assemblea Costituente. Che non aveva grandi «chances» di realizzarsi, ma che costituiva un forte segnale, in direzione di una modifica del Trattate di Roma del 1957, per andare oltre i limiti del Mercato Comune. Questo è il quadre che sta davanti a Craxi e Andreetti, con un grosso ostacele, rappresentate da Margaret Thatcher. L'obiettivo del governo di Roma è di aggirarlo, per arrivare alla convocazione di una conferenza intergovernativa (l'onnai ben nota Cig...), capace appunto di modificare il patto istitutivo della Comunità. Craxi e Andreetti ci riescono ricorrendo al vote a maggioranza, forti di un parere favorevole dei giuristi e soprattutto dell'appoggio pohtico del presidente francese Mitterrand e del cancelliere tedesco Kohl, La Cig si fa e si conclude dopo sei mesi a Lussemburgo, con un accordo compromissorie con gli inglesi, che tuttavia spiana la strada a un vero mercato unico, oltre i limiti dell'unione doganale, e sancisce un certo allargamento delle competenze comunitarie, per la prima volta citando anche quelle politiche. E Margaret Thatcher è ancora la protagonista, in negativo, nella quarta presidenza itahana, nel secondo semestre del 1990 (i soci ora sono dodici). Due vertici a Roma, nelle sale dei palazzi parlamentari. Il prime, straordinario, il 27 e 28 ottobre, il secondo, quello conclusivo, il 14 e 15 dicembre. Govemo Andreetti, con De Michelis agh Esteri. Il quadro intemazionale, più che cambiato, è stravolto. E' caduto il Muro di Berline, si aspetta la dissoluzione fermale delTUrss, Kohl ha già proclamato, il 3 ottobre, la riunificazione della Germania. Ora l'obiettivo è «governare» la grande mutazione, rafforzando, per cominciare, quanto già esiste, cioè la Comuni- tà, e queste vuol dire soprattutto portare a termine il «piano Delors» sulla moneta unica europea, ma anche rinsaldare le prospettive dell'unità pohtica. Partono due nuove conferenze intei^ovemative, due Cig, nonostante l'opposizione della Dama di ferro, che denuncia «un linguaggio grandioso e magniloquente» su temi «astratti», quando, dice, premono questioni concrete come la risposta europea, e non solo americana, all'aggressione irachena al Kuwait. Su questo, magari, non ha torto, ma ha torto su tutto il resto, al punto da doversi dimettere, il 22 novembre, da primo ministro e da leader dei conservatori, per l'isolamento a cui ha condotto la Gran Bretagna. Esce di scena, comunque, un grande personaggio dell'Europa contemporanea, e al suo posto, per il vertice conclusivo di metà dicembre, arriva lo scialbo, ma non per questo più europeista, John Major. (Andreetti e Thatcher, che strano incontro. Ma ha vinto Andreotti. Un anno dopo, è Maastricht). La quinta presidenza è storia più recente. Primo semestre del ' 1996 (ora i soci sono quindici), govemo Dini e Susanna Agnelli agh Esteri, poi, dopo le elezioni anticipate e la vittoria dell'Ulivo, govemo Prodi e Dini agh Esteri. ConsigUo Europeo straordinario a Tónno il 29 marzo, e parte un'altra Cig, che darà risultati deludenti l'anno dopo a Amsterdam (non per colpa italiana). Vertice finale a Firenze il 21 e 22 giugno, e i soliti inglesi al centro, questa volta per la brutta storia della «mucca pazza», che Prodi e Dini disinnescano, diplomaticamente parlando. Si fissa la data dipartenza dell'euro, il 1ù gennaio 1999. E essere presenti è il vero, grande obiettivo italiano. Che non sarà fallito. Tra la prima e la sesta presidenza, che comincia demani, sono dunque passati ventotto anni. L'Italia ha vissuto un vero e jroprio terremoto pohtico, è cambiata in gran parte la sua classe diligente, si è affermato il bipolarismo, e uno dei due poh, quello del centrodestra di Berlusconi, che già si era affacciato al governo nel 1994, contraddittoriamente, ora ha i titoli per essere al potere fino al 2006. Se saprà farli valere. La sesta presidenza, oltre che un test di stabilità intema, è una prova cruciale sul piano europeo, perché coincide con la d efinizione, se non con la conclusione, del più ambizioso, finora, progetto continentale (ora i soci sono venticinque). Il progetto di una autentica Costituzione deh' Unione europea, che dia spazio a tutte le voci e a tutti gli interessi, ma contenga anche le regole di decisioni politiche effettive. L'esito non dipende ovviamente da un singolo paese, benché importante e presidente di turno. Ma il suo contributo può essere rilevante, se non si affida alla pura mediazione e se sa scegliersi gh alleati giusti. Come forse dimostra questa cronistoria dell'Italia al volante delTEuropa. La prima volta, era il 1975, Moro dovette fronteggiare l'inglese Wilson che frenava il percorso verso l'integrazione economica Bettino Craxi con Giovanni Spadolini Ha meno storia il secondo summit guidato da Cossiga A Venezia (1980) solo una Dichiarazione sul Medio Oriente LA PRESIDENZA UE E' A ROTAZIONE, FRA TUTTI GU STATI MEMBRI, PER UN PERIODO DI 6 MESI CIASCUNO, SECONDO UN CALENDARIO PRESTABILITO compiti del presidente' Riveste un ruolo chiave nei processi polìtici e legislativi Organizza e presiede gli incontri del Consiglio europeo Gestione e sviluppo della cooperazione tra gii Stati membri Rappresentare il Consiglio della Uè presso le altre istituzioni dell'Unione (per es. il Parlamento europeo) Rappresentare l'Unione presso organismi internazionali, 'aesi non Uè, vertici Le altre volte dell'Italia lisem. 1959 Il sem. 1962 llsem. 1955 Il sem. 1968 llseiri. 1971 Il sem. 1975 Isem. 1980 |.«em.,1985 il iem, 1990 Isem. 1996 PELLA COLOMBO FANFANI MEDICI MORO MORO COSSIGA -1' '■v CRAXI ANDREOTTI DINI -(LE PROSSIME 2LOO*l Primo w semestre '' Secondi semesl IRLANDA PAESI BASSI IMM-rS Primo k|^^ semestri Seconl semestri LUSSEMBURGO K^y REGNO UNITO La terza presidenza deh 985 vede il debutto di Craxi, con Andreotti agli Esteri e Spadolini alla Difesa. La nostra delegazione riuscì ad aggirare i veti posti da Margaret Thatcher per andare oltre il Mercato Comune L'ultima leadership risale al 1996, con Dini a Palazzo Chigi e Susanna Agnelli agli Esteri prima, e il tandem Prodi-Dini poi A Firenze si «disinnesca» la storia della mucca pazza e si dà il via libera alla nascita dell'euro *e**J!*Uf'VJt Primo li semestreP C AUSTRIA i™"^^ 4^ FINLANDIA seme: i^seme: Lamberto Dini