Ucciso con la mannaia dal custode della villa

Ucciso con la mannaia dal custode della villa TRAGEDIA NELLA CAMPAGNA ROMANA Ucciso con la mannaia dal custode della villa Il romeno chiede un aumento, il proprietario rifiuta e scoppia una lite Il guardiano colpisce più volte l'anziano e lo fa a pezzi, poi nasconde i resti nel giardino. E' fuggito con l'auto della vittima, preso in un bar Mara Montanari ROMA Il parco disseminato di colonne romane, gli ulivi mossi dal vento sotto il sole, la grande villa dalle finestre sbarrate e immersa nel silenzio. Sembrava impossibile, ieri, a poche ore dall'omicidio di Santo Laganà, che quel paesaggio tranquillo, nella campagna laziale, potesse essere stato il teatro di un assassinio tanto brutale e sanguinoso, che in quel prato ben curato siano stati ritrovati i pezzi del corpo smembrato di un anziano imprenditore. Santo Laganà, un ricco sessantenne di origini calabresi, padre di tre figlie, è stato ucciso e fatto a pezzi dal custode della villa nella qnale viveva a Ciciliano, in provincia di Roma. L'assassino, un romeno di 45 anni, Zara Miai, è stato bloccato dai carabinieri. Non ha opposto resistenza. A scatenare il raptus omicida sarebbe stata ima lite per un mancato aumento di stipendio. Miai viveva con la moglie e i due figli - di 20 e 17 anni - nella grande villa di Laganà sulla via Empolitana, tra Ciciliano e Castel Madama, nella valle del Giovenzano, a quaranta chilometri da Roma. Terra di agricoltura e pastorizia sin dai tempi dei Romani e feudo prima dei Colonna e poi dei Theodoli fino al secolo scorso. Anche il signor Laganà si era ritirato in quella campagna tranquilla, che amava molto, per dedicarsi all'allevamento di cani, maiali e conigli. Aveva trovato l'occasione giusta per traferirsi a Ciciliano, due anni fa, quando venne messa in vendita la villa di Ettore Marmi, attore romano in auge tra gli Anni Cinquanta e Settanta, interprete in film di Comencini, Magni, Fellini. Laganà vide la grande villa sulla via Empolitana e decise che lì avrebbe passato la sua vecchiaia, insieme con la famiglia. Due mesi fa Miai ha preso servizio dai Laganà come custode. I rapporti con il datore di lavoro erano diventati tesi, secondo la testimonianza del ro- meno ai carabinieri. Il ricco padrone avrebbe pagato poco e malvolentieri. Una versione tutta da verificare. La famiglia di Miai percepiva uno stipendio di 1300 euro al mese, più vitto e alloggio al primo piano della villa. La sera del delitto - venerdì Laganà è in casa da solo. Nessuna delle tre figlie si trova nella villa: una è rimasta a Roma con la madre, per motivi di studio, un'altra è in vacanza in Sardegna, la terza è all'estero, in ferie. Attorno alle 22 Miai si presenta al datore di lavoro. Chiede un aumento di stipendio, Laganà rifiuta. Il custode alza la voce. Scoppia un litigio e Miai perde la testa, come ha confessato ai carabinieri. Afferra ima mannaia usata per scannare i conigli e colpisce Laganà. L'uomo è tramortito e si trascina in giardino. Il romeno lo segue e continua a colpire fino a quando la testa e gli arti dell'uomo vengono tranciati dal corpo. Miai prende i pezzi dell'uomo e li nasconde. Li dissemina nel giardino della villa e li nasconde dietro ai cespugli del parco. Quindi scappa con l'auto della vittima. «È stato uno spettacolo allucinante, non mi era mai capitato di vedere niente di simile in tanti anni di servizio», dice il sindaco di Ciciliano, infermiere da 35 anni, Amleto Mattoni, arrivato alla villa sull'ambulanza del 118 chiamata dai carabinieri. A lanciare l'allarme è la moglie del romeno, preoccupata perchè ha sentito le urla del marito e del datore di lavoro. Chiama al telefono la signora Laganà: «E' successo qualcosa a suo mai-ito». La donna avverte i carabinieri che arrivati alla villa trovano il cadavere mutilato, seguendo le tracce di sangue in giardino. I sospetti si indirizzano subito sul romeno. Miai viene bloccato due ore più tardi in un bar di Tivoli, alle porte di Roma, dove era scappato con la Mercedes della vittima. L'uomo ammette subito le sue responsabilità. Interrogato nel tribunale di Tivoli dal pm Sclaviani, è stato richiuso nel carcere romano di Regina Coeli. Per lui l'accusa è quella di omicidio volontario. «Ho conosciuto un anno fa i coniugi Laganà - racconta don Paolo Cartolari, parroco di Ciciliano - riportando subito l'impressione di una famiglia molto unita, anche per il fatto di aver lasciato la Calabria per venire vicino a Roma, facilitando gli studi delle fighe. Qualche volta sono andato a trovarli nella loro villa sulla via Empolitana ricevendo sempre un'accoglienza molto cordiale». II romeno Zara Miai viene portato in carcere dopo aver confessato La villa vicino a Roma dove è avvenuto il barbaro delitto: l'assassino vi lavorava da due mesi