ALMIRANTE La nostalda della sinistra per il grande nemico di Pierluigi Battista

ALMIRANTE La nostalda della sinistra per il grande nemico UN FANTASMA TUBBA ALMIRANTE La nostalda della sinistra per il grande nemico personaggio Pierluigi Battista ROMA ::.'v^,--:^.^. : .. . . Lf UNA accanto ali;altro. Se^ i duti dietro lo stesso tavolo. Donna Assunta Almirante e Massimo D'Alema si scambiano formule di cortesia, attestati di stima, omaggi. L'ex comunista e la vedova del fascista Almirante manifestano vicendevolmente il loro rispetto, mettendo da parte il nucleo di violenta contrapposizione e di furioso e irriducibile antagonismo che in passato ha avvelenato il rapporto tra fascisti e comunisti, oggi scoloriti e ripuliti nell'esangue molo di «post». Lui, D'Alema, rende omaggio all'Almirante che fendeva la folla comunista di Botteghe Oscure per andare a porgere l'ultimo saluto alla salma del «nemico» Enrico Berlinguer. Lei, Assunta Almirante, che scorge una passione comune, un'intenzione analoga, un sentire non proprio identico ma comunque simile nel mondo dei «comunisti» di ieri, combattuti per una vita dal leader del Movimento Sociale. Certo, la scena in cui si svolge questo singolare scambio di benemerenze coincide con la presentazione di un romanzo con un titolo che è tutto un programma, Ilfasciocomunista, edito da Mondadori e scritto con espliciti rimandi autobiografici da imo scrittore irregolare ed eccentrico come Antonio Pennacchi, fascista anomalo e ribelle prima e comunista ribelle e anomalo poi. Ma forse, nel nome di Giorgio Almirante, affiora un intenerimento nostalgico per il «mondo di ieri» e una comune polemica con il mondo di oggi, un rimpianto per la Prima Repubblica contro i nuovi riti e la nouvelle vague della Seconda. Magari sono soltanto coincidenze, per carità. Ma lo spettro di Almirante sembra inopinatamente tornato a turbare il sonno già inquieto della sinistra. Contro Almirante sono.stati allestiti nei giorni scorsi gli ultimi scam¬ poli di una sacra rappresentazione «antifascista», scaturita dalla ripresa televisiva del Premio teatrale che ad Almirante è dedicato.. Trasmissione interpretata addirittura come l'indizio di una nuova vocazióne di «redime», e ancor di più come una riabilitazione apologetica da parte del servizio pubblico del leader di un partito escluso, per i suoi connotati fascisti, dal patto costituzionale e antifascista della Repubblica. In una festa di Rinascita il segretario del Pdci Oliviero Diliberto è giunto persino a minacciare una denuncia all'autorità giudiziaria per 1'«apologia di fascismo» di cui si sarebbe macchiata la Rai. E adesso, dopo la mobilitazione anti-almirantiana, D'Alema va a presentare un libro assieme alla signora Almirante. Facendo seguito, tra l'altro, a una sortita di alcuni giorni fa in cui il presidente dei Ds, sostenuto da analoghe prese di posizione di Emanuele Macaluso, ha apertamente parteggiato per Donna Assunta (piando quest'ultima, fomentando (dicono) il disappunto di Gianfranco Fini, aveva fatto un confronto tra Io spiccato senso della propria autonomia che ha animato la politica del marito e l'eccesso di dipendenza dal berlusconismo degli attuali vertici di Alleanza Nazionale. E in nome di che cosa, allora, affiorano queste imprevedibili convergenze, questi riconoscimenti incrociati, queste riletture del passato che sembrano accomunare i nemici di ieri in uno stesso rimpianto per il passato perduto? Nel nome di quell'impalpabile modo di sentire che lo stesso D'Alema, nella presentazione del libro di Pennacchi, ha definito «passione politica». Qui il presidente dei Ds ha addirittura sfiorato il tasto liricizzante e le corde dell'epopea nostalgica, restituendo il sapore della colla con cui si attaccavano i manifesti, delle sezioni di partiti, delle interminahih riunioni, persino delle botte «date e avute» prima che la rissa degenerasse nella spirale autodistruttiva della violenza senza freni, della «guerra civile strisciante» evocata da Donna Assunta Almirante. Ci fu un momento, ha ricordato D'Alema, in cui «balenarono i coltelli». Subito riposti, assicura, per la reciproca convenienza della parti. Anche se l'autobiografia di D'Alema, al tempo disciplinato seppur acerbo militante del Partito comunista italiano, purtroppo non coincide con quello di una generazione che invece, assieme ai coltelli, cominciò in un'infinita escalation ad affrontarsi tra «fascisti» e «comunisti» con spranghe, bottiglie Molo- tov, agguati, pestaggi e poi con le pistole. Ma ora? Nel nome di un disagio verso questo «adesso» D'Alema tesse le lodi di due «fascisti» come Beppe Niccolai, l'estroso dirigente missino di Pisa che una volta, chissà se D'Alema lo ricorda, con spirito goliardico propose a un congresso del Msi un emendamento ripreso integralmente da un documento del Pei e che fu approvato all'unanimità dall'ignara platea della Fiamma, e come Pinuccio Tatarella. Viene pronunciata persino la parola scabrosa e imbarazzante per un uomo politico: «nostalgia». Nostalgia per la politica nell'era dell antipolitica, forse. Lo stesso sentimento che nei giorni scorsi ha indotto lo storico comunista Luciano Canfora a scrivere a Paolo Mieli sul Corriere della Sera per proporre un «appello ai fratelli in camicia nera» ricalcato su un'analoga sortita di matrice togliattiana negli anni Trenta e che ha trovato orecchie molto attente in un dirigente storico dell'ex Msi come Franco Servello, appositamete intervenuto nel dibattito su quello stesso giornale. Tutto in nome della politica «vera» contro quella fasulla e plastificata che si suppone eserciti il suo predominio nella Seconda Repubblica. Magari dimenticando l'anatema che nei primi anni Ottanta venne scaghato contro il radicale Marco Pannella, colpevole di aver accettato l'ospitalità a un congresso di Giorgio Almirante. Lo stesso Almirante la cui memoria oggi viene ostracizzata da chi Vede un sacrilegio in una trasmissione televisiva dedicata a un Premio in suo nome presentato dall'ex «repubblichino» Giorgio Albertazzi. Ma anche lo stesso Almirante che oggi viene eretto a simbolo di una politica che non c'è più e che dunque, a quindici anni dalla sua morte, non è più il «fascista» Almirante, il «repubblichino» Almirante, il «fucilatore» Almirante. E i coltelli, non tutti li avevavo prudantemente riposti in tasca. ««SSi^^g^ Assunta Almirante e D'Alema alla presentazione del libro di Antonio Pennacchi «Il fasciocomunista: vita scriteriata di Accio Benassi» Alla presentazione di un romanzo sull'estrema destra Donna Assunta e Massimo D'Alema uniti dal rimpianto della passione politica perduta Nel nome del leader del Msi, proscritto degli Anni 70, affiora un intenerimento per il mondo di ieri e una polemica sulla povertà ideale di quello di oggi Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, con la moglie Assunta Almirante. Almirante morì il 22 maggio 1988

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