L'apprendista stregone tra fiamma e pensiero di Osvaldo Guerrieri
L'apprendista stregone tra fiamma e pensiero L'apprendista stregone tra fiamma e pensiero Per AstiTeatro «Max Black» di Heiner Goebbels, musicista col dono della regia Osvaldo Guerrieri inviato a ASTI Fiamma e pensiero. Sembrerebbe un «rappel au désordre», uno di quei binomi che hanno accompagnato alcuni disastri italiani del secolo scorso. Per fortuna, è tutt'altra cosa. Fiamma e pensiero sono i due elementi che pervadono «Max Black», lo spettacolo di Heiner Goebbels sbarcato ad AstiTeatro, il festival che, alla venticinquesima edizione, vede il ritorno nel gruppo dirigente di Salvatore Leto e cerca, appellandosi alla nuova drammaturgia intemazionale, di dissotterrare i mai dimenticati fasti. «Max Black» è una creazione del 1998, proviene dal teatro Vidy di Losanna ed è una specie di viaggio nell'antro fumoso ed esplosivo di uno scienziato pazzo. Goebbels, che è un musicista col dono della regia e della scrittura drammatica, lo ha costruito ispirandosi a un personaggio reale. Max Black era un matematico di origine russa. La sua famiglia (di religione ebraica) lasciò l'Azerbaigian e nel 1912 riparò in Gran Bretagna. Max aveva tre anni. Cresciuto, studiò a Cambridge, si laureò in matematica e in filosofia, si appassionò al pensiero di Wittgenstein al punto da dedicare una quantità di saggi non solo al maestro, ma anche al rapporto tra filosofia e linguaggio, filosofm e arte, filosofia e scienza. Insomma, fu un pensatore che, ad ogni proposizione, accendeva un autentico fuoco teorico e speculativo. Tutto fiamma e pensiero insomma. Affrontando questa figura bizzarra e profondamente scettica; Goebbels non ne ha portato in scena la biografia. Anzi non ci ha fornito neppure un appiglio per accostarci alla sua realtà storica, salvo una sequela di formule matematiche che il concentratissimo André Wilms snocciola come se recitasse un brano di poesia epica. Goebbels ha compiuto un'altra operazione, più misteriosa e alchemica. E' penetrato in un luogo fittizio popolato di macchine ingegnose e bizzarre, sintetizzatori, gabbie di vetro, alambicchi, biciclette, cannelli per fiamma ossidrica, caffettiere, banconi da fabbro, uccelli impaghati. Ha finto che questa fosse la mente di Max, il luogo in cui il matematico si ostinava a dimostrare, citando Lichtenberg, che non tutto il vero è vero. Lichtenberg, l'amato Wittgenstein, ma anche il poeta Paul Valéry sono i puntelli verbah che sostengono il gioco pazzo di «Max Black». E vediamo che ogni formulazione scatena una creazione di esperimenti fisico-sonori strepitosamente ironici, superbamente mutili, fragorosamente iperbolici. Il gioco culmina con l'arrivo di fuochi fatui semoventi e con l'esplosione di bengala che attraversano fischiando la scena come fossero comete. Il tutto con musica a torrenti: arriva dal sintetizzatore, dalle bobine registrate, ma è anche prodotta in scena dal valoroso Wilms, che riesce a trarre suoni persino da una ruota di bicicletta. E si ha l'impressione di stare a guardare un apprendista stregone impegnato nell'impresa .luciferina di inventare se stesso.
Luoghi citati: Azerbaigian, Cambridge, Gran Bretagna
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