Israele, l'intesa si avvicina di Aldo Baquis
Israele, l'intesa si avvicina Israele, l'intesa si avvicina Ma Gerusalemme teme una finta di Hamas Aldo Baquis TEL AVIV Israele e i palestinesi sono vicini a un'intesa sul trasferimento agli uomini di Abu Mazen del controllo sulla striscia di Gaza, dopo che ieri al valico di Erez si sono incontrati esponenti militari delle due parti. Parallelamente, sembra essere ormai a portata di mano anche un accordo fra Abu Mazen e i gruppi armati dell'Intifada per una sospensione delle ostilità contro i civili israeliani. Di fronte a questi sviluppi il presidente palestinese Yasser Arafat ha ieri convocato a Ramallah prima i dirigenti di al Fatah, quindi il Comitato esecutivo dell'Olp. Il Raiss cerca dunque di stringere le fila delle due trattative che hanno visto Abu Mazen impegnato in prima linea, e le diplomazie degh Stati Uniti, dell'Unione europea e dell'Egitto molto attive dietro le quinte. La stessa Condoleezza Rice, consighere del presidente George Bush per la sicurezza nazionale, ha già informato i dirigenti israehani e palestinesi che entro la fine della settimana raggiungerà la Regione: nella presunzione che entro quella scadenza gh accordi saranno maturati. Ma il ritorno alla ribalta di Arafat ha irritato non poco gli israeliani. «Finché costui resterà in posizioni di influenza, sarà ben difficile andare avanti», ha dichiarato il generale Amos Ghilad, coordinatore delle attività israeliane nei Territori, poche ore prima di incontrare il ministro palestinese per la sicurezza interna Mohammed Dahlan. «L'in- fluenza negativa di Arafat dei iva dalla sua insistenza nell'inserire in qualsiasi progètto di intesa il Diritto del ritomo (il rientro di milioni di profughi palestinesi; nda), che significa la liquidazione di Israele entro pochi anni». Eppure l'incontro fra Dahlan e Gilhad è stato positivo. I due militari hanno discusso della necessità di garantire alla popolazione palestinese piena libertà di spostamento all'interno della striscia di Gaza, senza dover costantemente fermarsi ai posti di blocco israeliani eretti a protezione dei coloni. Carte alla mano, i possibili percorsi sono stati individuati. Nei punti di frizione, i soldati israeliani si rende¬ ranno «invisibili» ritirandosi dietro le dune. Anche la riattivazione dell'aeroporto intemazionale di Gaza è stata concordata in principio. Dahlan ha moltre aggiomato Ghilad sui progressi registrati da Abu Mazep nel tentativo di imporre a tutte le fazioni palestinesi una sospensione degli attentati anti-israeliani. Diverse fonti arabe hanno ieri assicurato che l'accordo potrebbe essere raggiunto entro venerdì. Secondo queste fonti, la bozza è stata scritta in un carcere israeliano da Marwan Barghuti, il segretario generale di al Fatah in Cisgiordania, accusato al tribunale di Tel Aviv di aver ispirato una lunga serie di attentati delle Brigate dei martiri di al Aqsa. Il testo sarebbe stato inoltrato in Egitto e ieri avrebbe raggiunto a Damasco Khaled Mashal e Ramadan Shallah, dirigenti rispettivamente di Hamas e della Jihad islamica. Il suo contenuto non è per ora trapelato. A quanto pare ribadisce la necessità che tutte le fazioni palestinesi restino unite di fronte al comune nemico, Israele. Che sia concessa ad Abu Mazen l'opportunità di procedere nel Tracciato di pace, mediante la temporanea sospensione degh attacchi in territorio israeliano. Che siano date garanzie intemazionali in base alle quali Israele si asterrà da qualsiasi tipo di incursione nelle zone cedute al controllo palestinese. Riguardo alla volontà di continuare ad attaccare soldati e coloni israeliani nei territori, Hamas non sembra per il momento pronto a compromessi. Anche i quadri di al Fatah hanno ribadito nei giorni scorsi la propria linea militante, rilevando che essa potrebbe mutare se Israele liberasse in massa i prigionieri dell'Intifada. Secondo Abu Mazen si tratta di quasi 10 mila persone. La propettiva di un cessate il fuoco viene vista con aperto sospetto dai dirigenti israeliani, persuasi che si tratti di un espediente escogitato da Hamas e dagli altri gruppi armati per riprendere fiato dopo mesi di intesa pressione militare esercitata dal ministro della difesa Shaul Mofaz. Costui guarda Dahlan con sospetto, ritenendolo un doppio-giochista legato al terrorismo; uno che non farà il minimo sforzo per infiacchire le strutture militari di Hamas o per impedire la produzione di nuovi razzi e mortai. «Questa tregua è solo una bomba ad orologeria», sostiene in questi giorni il ministro degli Esteri Silvan Shalom: «Non appena Hamas si sentirà pronto, tornerà a versare copiosamente il nostro sangue». Ma Washington non intende ragioni. Il Tracciato di pace, ha chiarito Powell nei giorni scorsi, deve registrare assolutamente progressi. E la signora Rice sta già preparando le valigie. In questa fase Washington non accetterà scuse: né da Abu Mazen, né da Ariel Sharon. Abu Mazen ha quasi convinto i gruppi armati dell'Intifada. Però a Gerusalemme desta preoccupazione la ricomparsa del presidente Anp nel negoziato con gli estremisti. Il ministro degli Esteri: «La tregua è una bomba a orologeria» Un miliziano del Fronte popolare per la liberazione della Palestina ieri ai funerali dei quattro palestinesi uccisi mentre piazzavano una bomba nella parte settentrionale di Gaza IM
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