FRANCIA & islam L'università di Asnières accademia degli integralisti di Cesare Martinetti

 FRANCIA & islam L'università di Asnières accademia degli integralisti L'ISTITUTO DI LÌNGUE ARABE S'È' TRASFORMATO IN UN PUNTO D'ATTACCO DEI RADICALI FRANCIA & islam L'università di Asnières accademia degli integralisti reportage Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI ALL'ULTIMO esame, qualche giorno fa, quindici ragazze con il foulard portato come una bandiera hanno chiuso l'anno scolastico più difficile di Asnières. Il preside ha già chiesto al ministero che il prossimo anno gli mandino almeno qualche guardia per gli ingressi (per tre volte gli hanno risposto dì no) e intanto ha compilato una «carta dei diritti e dei doveri» che ogni studente dovrà firmare per essere ammesso. E intanto i ragazzi hanno svelato piccoli aneddoti di una vita scolastica diventata improvvisamente complicata: Asnières, banheue di Parigi, sede dell'Istituto universitario di lingue arabe e di un melting pot di cui una volta la Francia andava fiera, s'è trasformata all'improvviso in un punto d'attacco dei radicali islamici, un luogo dove rimbalzano e si moltiplicano gh effetti di questa «guerra mondiale» che per comodità facciamo risalire all'I 1 settembre. Ma sarebbe sbagliato parlare soltanto degh islamisti, perché l'altro grande fatto che ha diviso questo mondo iper sensibile è stata la seconda Intifada ed è la guerra perennemente aperta in Palestina e di riflesso nelle banheue di un Paese nel quale convivono cinque milioni di musulmani e mezzo milione di ebrei. Infatti succede che se ad Asnières dove si impara l'arabo si muovono gh islamisti, nell'altra sede di banheue dove si insegna l'ebraico si muovono gh ebrei ortodossi: studenti e professori. Opposti radicalismi. Insomma si sta dilatando quel fenomeno che in francese viene chiamato «communautarisme» che significa la divisione della società per comunità: gh arabi da una parte, (*li ebrei dall'altra. Secondo la religione «repubblicana» francese si tratta di un fenomeno pericoloso perché questa è pur sempre la patria di liberté, égalité e fratemité. Un'insidia per la République e per la società. Il governo sta pensando a una legge per proibire il foulard nelle scuole alla ragazze islamiche. D fenomeno è più che simbolico perché è ormai chiaro che quel pezzo di stoffa sulla testa non è un semplice costume ma è diventato uno strumento di propaganda, un segnale di appartenenza, un segno di sottomissione a cui le ragazze, spesso, sono obbligate. Ma la scuola è una cosa, l'università un'altra: vietare il foulard alle maggiorenni è impossibile. Anche per questo l'Inalco, L'Institut National des Langues et Civilasations Orientales, è diventata la piazza dove si combatte una guerriglia insidiosa. La rivista online www.procheorient.info, un sito di informazione, dialogo e riflessione su tutto ciò che accade in Medio Oriente, ha raccolto nei giorni scorsi un inquietante dossier sulla situazione aU'Inalco, dove studiano mille e duecento studenti, il 2-3 per cento dei quah, secondo quanto ha am¬ messo lo stesso preside Gilles Delouche, creano «grossi problemi» alla comunità. Con lettere alla scuola e ai giornah, scalfendo un' omertà che sembra piuttosto pesante, gli studenti e anche qualche professore hanno denunciato un «clima opprimente», un'«atmosfera di minaccia continua», parecchi problemi di «sicurezza personale». Che succede? Secondo il dossier di «proche-orient», l'anno scorso un gruppo di studentesse col foulard ha chiesto all'amministrazione che venisse aperta una «sajajdi preghiera» nell'università. L'amministrazione ha rifiutato. Molte delle studentesse col foulard si sono presentate agh esami con lo chador che lasciava scoperti solo gli occhi, rifiutando di comparire a viso scoperto di fronte a un uomo. Per farsi identificare hanno preteso che ci fosse una donna. Molte studentesse, e non tutte necessariamente velate, hanno rifiutato di passare l'esame tète-à-tète con un insegnante maschio. Durante le lezioni ci sono stati casi in cui altre ragazze hanno rifiutato di rispondere alle domande degli insegnanti con il pretesto che, secondo il Corano, la voce femminile sarebbe «impudica». Durante il Ramadan una ragazza di confessione musulmana ma di sereni costumi occidentali, arrivata a scuola con il rossetto sulle labbra, è stata strattonata da un gruppo di studenti che l'hanno costretta a pulirsi la bocca con il pretesto che rischiava di rompere il digiuno inghiottendo, anche inconsapevolmente, qualche particella di trucco. Lo stesso gruppo di zelanti ha interrotto la lezione di un'insegnante di storia perché aveva citato il Corano: secondo loro, non essendo musulmana, non aveva il diritto di parlare di un libro sacro. Trattandosi poi di storia contemporanea del Medio Oriente, non appena l'insegnante ha lasciato l'aula i soliti zelanti hanno - distribuito agli studenti manifestini che contestavano l'interpretazio¬ ne della professoressa e fornivano uno schema con la «vera» storia. Gh effetti du questo clima si sono sentiti nelle riunioni tra gli insegnanti. Uno di loro, anonimo, ha fatto sapere che molti hanno ammesso di autocensurarsi per evitare guai. Un docente di poesia classica araba ha raccontato di aver escluso dal suo programma tutti i testi di carattere profano (i poemi consacrati alla gloria del vino, dell'amore e del desiderio fisico) per non entrare nel mirino dei radicali. Un'insegnante di grammatica araba ha raccontato che uno studente aveva tentato di impedirle di fare lezione accusandola di essere ima «musulmana moderna». In questo clima si sono moltiplicate anche le denunce e le leggende. Per esempio s'è detto che una ragazza s'era presentata agli esami con il burqa (0 velo afghano che copre il corpo dalla testa ai piedi) e i commissari avrebbero scoperto che sotto la «maschera» c'era la sorella più anziana e più brava. L'episodio è stato poi smentito, ma resta la sostanza del fenomeno di intensificazione di azioni islamiste, di un proselitismo praticato anche con minacce. E di una contestazione di tipo confessionale ai contenuti dell'insegnamento universitario, la cui libertà in Francia è garantita dalla Costituzione. Il «communautarisme» attraversa la società francese e non riguarda soltanto l'insegnamento dell'arabo. A Lille le donne musulmane hanno ottenuto che una piscina comunale riservasse parte dell'orario a loro con personale esclusivamente femminile; a Sarcelles, banlieue parigina, gli ebrei hanno avuto la stessa cosa. Il sociololgo Alain Touraine, nell'ultimo numero del «Nouvel Observateur», pone la questione in questi termini: «Fino a che punto possia¬ mo accettare una diversità di apporti culturali ^enza che ci sia rottura con la società politica? In Francia abbiamo il vizio di porre la questione a dilemma: o comunitarismo o repubblicanismo. Io dico: né l'uno, né l'altro». Insomma di fronte alle schiere di «beurettes» che arrivano a scuola con il loro foulard ci vorrebbe una «terza via» che però, come s'è visto in altri campi, è difficile da trovare. Studenti e professori denunciano un «clima opprimente» e una «atmosfera di minaccia continua»: il rifiuto, per esempio, di rispondere agli insegnanti con il pretesto del dettato coranico. Si assiste alla divisione della società per comunità, come dimostra anche l'istituto dove s'insegna l'ebraico Una grande manifestazione studentesca. I problemi del multiculturalismo dividono la comunità universitaria -* W ^ tt- •((««•l Studentesse universitarie sfilano a Parigi per manifestare in favore dei velo islamico —. .

Persone citate: Alain Touraine, Gilles Delouche, Nouvel