Chi ha incastrato l' uomo Plasmon?

Chi ha incastrato l' uomo Plasmon?■&MM Chi ha incastrato l' uomo Plasmon? intervista Giovanni Cernia inviato a GIUUANOVA (Teramo) PRENDEVO le bottiglie di plastica della Coca Cola, le riempivo di sabbia e pietre, cinque chili, sei chili... Dai Fioravante, mi dicevo, solleva che è passato un altro giomo e presto tomi a casa». Ne sono passati 7 mila 322, di giorni. Vent'anni e due settimane. «C'è un altro italiano che si è fatto tutta questa galera, e in Egitto poi?». Assolutamente no. Un record, questo di Fioravante Palestini. Così come rimane un record quel carico di eroina che stava scortando via mare, 233 chili, un affare di mafia da mille miliardi di allora, anno 1983. Quando Fioravante, al Cairo, s'è preso una condanna a 25 anni di lavori forzati. Che storia, la sua. Più grande di lui, che è pure un omone di quasi due metri e 110 chili di muscoh. Tragica, perché sono stati 20 anni cu miseria, disperazione e tragedie, terrorista islamìdi, asSa'ssmi, ladri è'àltn trafficanti per amici. Anche stupìdaijperché.era.comhaciata.come un gioco pericoloso. Con un bel presente, perché da 20 anni di carcere egiziano ne escono pochi. Con una prossima puntata incerta: per i giudici di Palermo c'è ancora qualche pendenza da sistemare, processi per traffico di droga e per la sua amicizia con il boss Gaspare Mutolo, e sia maledetto il giomo che l'ha incontrato in un bar. Fioravante Palestini ora va per i 56 anni. A vederlo cosi, in maglietta e pantaloni di tela cachi, ne dimostra anche meno. Il fisico, quello che aveva convinto la Plasmon ad ingaggiarlo per i caroselli degli Anni tfo, ha retto benone. Da quando è tornato, il 10 giugno, ogni sera è festa. Mamma Leonida, la sorella Memena, il cognato, il nipote. Manca la figlia, ma arriverà a giorni. Come ospite c'è Marco Zacchera, deputato di An del Lago Maggiore, uno dei pochi ad essersi occupato di questa storia, l'unico che sia andato a trovarlo in carcere. Mentre dal piatto offre scampi con le manone sembra un gigante buono. «Mangiavo poco, dormivo niente, mi allenavo sempre. Poi mi mettevo nell'angolo, il mio angolo, con la schiena appiccicata al muro sudicio. So io quanto ho sofferto, solo io so quello che ho visto. Due anni in isolamento in una cella di un metro per tre. E poi i cameroni dove ce ne stavano cinquanta ed eravamo in cento. In quelle celle si mangia, si prega, si piange, si Utiga, si caga, si muore, si drogano con qualsiasi pastiglia, dormono appiccicati l'uno all'altro, fanno sesso. Meno male che io ho i muscoh, ero rispettato e avevo il mio angolo sicuro. Ero il più forte, o almeno così pensavano tutti». «Sono tornato da una decina di giorni e ancora non mi riesce di riposare. L'avevo dimenticato, il materasso: per vent'anni ho dormito per terra. E i vestiti, per anni il mio è stato un sacco. E la forchetta, tutto con le mani. E' strano, ora mi sembra che il tempo sia volato, ma se mi guardo attomo vedo che è tutto cambiato, mio padre non c'è più, mio nipote l'avevo lasciato che aveva dieci anni, le case che hanno costruito anche qui attorno, il modo di parlare, tutte quelle pubblicità m televisione, quegli strani cosi che sono 1 telefonini: ma come si usano? Ed è vero che nei bar non ci sono più i flipper?». La nuova cella di Fioravante è l'appartamento di mamma Loo- | nida, al piano terra di una palaz- zina a cento metri dal mare. Suonano al citofono ed è il maresciallo dei carabinieri. «Buone notizie, Fioravante. Ho il permesso per tua figlia che potrà venire a trovarti quando vuole e quello per la visita dal medico. Domani ci sarà l'autorizzazione per andare al cimitero, sulla tomba di tuo padre. E vedrai, prima o poi questi arresti domiciliari te li tolgono...». Il gigante è un bambino fehce, «grazie, grazie, grazie». Parla veloce e capita che s'inceppi, «come si dice in itahano?». Gli occhi saranno sempre tristi. «n peggio è stato l'inizio, 24 maggio 1983. Ero su una nave greca che trasportava eroina, sì. Lo sapevo, sì. Non sapevo che c'era di mezzo la mafia. Non sapevo che l'Fbi americano ci aveva intercettato, e che il comandante della nave era d'accordo. Quando mi hanno arrestato c'erano gli elicotteri e mille soldati, ma eravamo in acque internazionali e al processo mi hanno assolto. Che fortuna... Però in due ore, dico due ore, con una legge d'emergenza gli egiziani decidono di spostare il confine a mare di un chilometro e mi arrestano di nuovo. Ero finito. 25 HTìTii di lavori forzati, i primi due in isolamento». «Uscivo cinque minuti alla mattina e cinque alla sera, ho perso 35 chili di peso, ero nel reparto del carcere dove stavano quelli che hanno ucciso il presidente Sadat. C'era anche Omar Abdul Rahman, lo sceicco cieco, il capo spirituale della Jihad islamica che adesso è in carcere negli Stati Uniti. Veniva il venerdì per la preghiera. Voleva convertirmi. Per loro io, "grande itahano e grande mafioso musulmano", sarei stato di propaganda. Mi avevano procurato un Corano in itahano. "L'hai letto?", mi hanno domandato. Sì. "E non ti è successo niente?". No. Il mio impatto con i fondamentalisti è stato un trauma». Fioravante è chiuso in cella, «mani e piedi incatenati», e dall' Italia nessuno se lo fila. Giovanni Falcone vola al Cairo con il pm Giuseppe Ayala, lo interroga e poi scrive al padre: «Ho potuto constatare la drammaticità della condizione carceraria di suo figho. Purtroppo è problematico che quel Paese accetti una richiesta di estradizione, ma le assicuro che continuerò a fare quanto è nelle mie possibilità». La sorella scrive a ministri e deputati. L'ambasciata italiana non ha ancora capito se Palestini è un boss mafioso oppure un vitellone della costiera adriatica finito nei guai. E gli anni passano... «Veniva a trovarmi Padre Lauro, un missionario comboniano. Che uomo! Non mi ha mai parlato di religione, ma mi portava libri di teologia. Leggevo, leggevo, leggevo. Libri anche di duemila pagine, fini fini. Libri die mi hanno dato coraggio e anche la fede. E questa è stata la base della mia salvezza, del mio resistere per questi vent'anni. Padre Lauro si è battuto come un leone, per me. Come in questi ultimi anni la dottoressa Federica Favi del consolato italiano, mi è stato amico, mi ha dato certezze e speranze. Lo vorrei qui adesso, a festeggiare con gli scampi. E' morto due anni fa, per me era un santo». . «Uno dei momenti più brutti è stato quando ho saputo della morte di Falcone. Se sono ancora vivo lo devo a lui. Quando mi ha interrogato non ha ottenuto niente da me, però, da quel grand'uomo che era mi fece capire il mio sbaglio. E compresi che, visto cosa stava succedendo in Italia in quegli anni, sarebbe stato meglio rimanere in Egitto. Come si dice? Espiare la mia colpa, ma rimanere vivo. Anche per non dare un altro dolore alla mia famiglia. Ricordo le ultime parole di Giovanni Falcone: "Fioravante, tu sei di un'altra pasta. Farò di tutto per portarti in Italia'». «Io avevo conosciuto Gaspare Mutolo in un bar. Lui era in soggiorno obbligato a Teramo, e aveva preso in affitto un appartamento qui sul mare. Aveva tra figli, e io in quegli anni ero ancora "Gabriellino", come mi chiamano qui, "quello dei Caroselli della Plasmon", quello del ;ong sulla colonna. Facevo il lagnino e andavo d'accordo con tutti. I suoi tre bambini con me si divertivano. Non sapevo che era un mafioso. E non.potevo immaginare che da quella conoscenza, da quell'amicizia, sarei finito in questo guaio lungo vent'anni. Non sapevo chi fosse "Kim il cinese", che per Falcone era il trafficante numero uno». «Credo di aver pagato il mio conto, anche se mi aspettano i magistrati di Palermo. Mi hanno già interrogato l'altro giomo e ora dovrò tornare per un processo. Sono stati tutti molto gentili. Ho un bravo avvocato che si chiama Claudio Gallina Montana, mi dice di stare tranquillo. Avrei già trovato un lavoro, bagnino nello stabilimento di mio nipote. Cosa dice onorevole Zacchera, mi lasceranno?». I bagni dell'Uomo Plasmon. «I pochi che ho visto, penso alle hostess sull'aereo dal Cairo a Roma, mi guardano con curiosità. Sono il sopravvissuto. Mi sento come quel personaggio del Conte di Montecristo». Gli occhi di Fioravante non stanno mai fermi. E lui pura. «Ancora scampi?» Racconta e racconta e racconta. Vent'anni laggiù sono tanti, troppi. «Padre Lauro è venuto a trovarmi più di 300 volte. Certe volte mi portava i giornali italiani, magari erano vecchi di mesi, ma che importava per me? So quello che è successo in questi anni, so del Muro di Berlino, delle guerre/di Berlusconi che mi piace perché ha una bella moglie: ho visto una foto del '94, quando c'era un vertice a Napoli, bella donna, e poi ho Ietto che se ne sta in disparte e si occupa dei figli, brava. So dei partiti che non ci sono più...». «Un giomo ho letto che in Italia ci sono 900 mila musulmani e sono rimasto impressionato. Io h conosco, ormai parlo arabo come loro, ma so che anche il più moderato è pronto ad aiutare il fanatico. Nessun musulmano dirà mai che il fondamentalista sbaglia. Ho letto che c'è molta immigrazione, ma per me vale quello che mi ha insegnato Padre Lauro, gh africani devono restare in Africa. L'ho sempre detto ai miei amici del carcere, a Mohammed il ghanese e ad Aiken il nigeriano, che poveretto è morto d'infarto il giorno della mia partenza. Mi aveva promesso di aprire un ristorante e chiamarlo "Fioravante"». Quando racconta i vent'anni ha uno strano modo di parlare. «Avevo compiuto i 15 anni», vuol dire quando ero in cella da 15 anni. «Ecco, quando ho compiuto quattro anni mi sono detto che era proprio finita, che stavo per morire. Avevo preso un virus che in pochi giorni mi ha tolto 20 chifì. La febbre. Svenivo. Perdevo i capelli a ciuffi. Sentivo i miei compagni, "Palestini sta morendo...". Avevo già regalato le mie poche cose. Un giomo me l'ha detto anche il capo delle guardie e mi è scattato qualcosa dentro. No, ho risposto, devo vivere per la mia famiglia! Ho preso le bottighe e le ho riempite di sabbia...». «Era il 1987. Avevo i pesi per rifarmi i muscoh. Piano piano ho visto che ce la facevo. Un giomo, due giorai, tre giorni, dai che va meglio. Mi allenavo per cinque ore, alla sera ero sfinito e mi buttavo nel mio angolo. Più mi allenavo e più mi rispettavano. Grazie a Padre Lauro mi sono arrivati dei pesi veri, erano la mia vita. Scrivevo a mia madre, 'la mia forza aumenta, non riesco a credere a me stesso, continuo a superarmi, devo tornare in Italia fortissimo come lo sono adesso". Mi allenavo per non dimenticare chi ero.' Io, il simbolo della forza, l'uomo Plasmon, a questo inferno devo resistere». «Abu Zaabel, a un'ora dal Cairo, è la prigione dove ho vissuto più di quindici anni. Si chiama "Carcera di punizione 14 per ^riaannaSri':lwon'*loì;zati". Eravamo in cinquemila, io l'unico italiano, l'unico europeo. C'era di tutto, là dentro. La mosca più piccola era grande come un fagiolo, insetti di ogni genere e tutti che ti succhiavano S sangue. Scarafaggi così grossi che qualcuno h faceva fritti. Da mangiare solo riso e fave, ma il riso aveva un condimento giallo ed era la cacca degh uccelli. Sbucciavo cinque fave e mi passava la fame. E aspettavo Padre Lauro con qualche pacco da casa». «Sapevo che dopo 20 anni, per buona condotta, me ne avrebbero scontati cinque. Ma non ne ero sicuro, lì non hai mai certezza e se non si fosse preoccupata la dottoressa Favi sarei ancora in cella. Ci sono prigionieri che aspettano di uscire da anni, lì se li dimenticano. Quando mi hanno chiamato per dirmi di preparare le mie poche cose mi hanno raccomandato di non parlarne con nessuno, di dire che cambiavo carcere. Ci sarebbe stata la rivolta dei dimenticati e poi le guardie che entrano in cella, i prigionieri tutti in piedi contro il muro, nudi, mani in alto e saltare. E giù botte con i bastoni...». «Che dice, onorevole Zacchera: se a Palermo mi processano e mi condannano tornerò in carcere anche qui in Italia? Dice che al peggio sarebbe possibile la grazia? Qui è cambiato tutto, e sono cambiato anch'io. Ora vorrei soltanto vivere: lavorare, allenarmi e vivere. E dimenticare lEgitto, le mie sofferenze, quella miseria, la solitudine, la fame, la sete, il caldo, il freddo d'inverno, gli scarafaggi lunghi così, le mosche, la puzza, quelli che prendevano le pastiglie e le tritavano e le tiravano con il naso come fosse cocaina e poi ogni giomo e ogni notte erano tragedie, violenze, sangue, morte...». Anche questa notte Fioravante sarà rimasto sveglio, il nipote accanto, a raccontare fino all'alba. Il mondo conosciuto nelle celle egiziane. «Sai che i tanzaniani impazziscono per la Juventus e i nigeriani per il Milan e Gattuso? Vedevamo le partite di calcio sulla tv egiziana e dopo la sconfitta della Juve in Champions League c'era un tanzaniano che si voleva ammazzare per la disperazione». E anche oggi un'altra giornata aspettando il maresciallo dei carabinieri e la fine degh arresti domiciliari. «Ho bisogno di footing, di correre. A star fermo ingrasso, e perdo la forma...». Vent'anni e due settimane . rinchiuso in un carcere al Cairo. «Eravamo cinquemila là dentro lo ero l'unico europeo Da mangiare solo riso Gli scarafaggi erano così grandi che si facevano fritti» «Ho passato giorni terribili dopo un po'voIpvo morire avevo perso 20 chili, svenivo perdevo i capelli a ciuffi Poi ho deciso: devo rivedere la mia famiglia. Ho cominciato ad allenarmi con bottiglie piene di sabbia» «Non dormivo mai Anche ora non riesco a riposare. Il materasso l'avevo proprio dimenticato E' strano, ora penso che il tempo sia volato ma è cambiato tutto Mio padre è morto In tv adesso c'è tanta pubblicità e poi sono apparsi quegli strani cosi :i telefonini» «Uno dei momenti più brutti è stato quando mi hanno detto che era morto Falcone, devo la mia vita a lui: mi fece capire che avevo sbagliato» La pubblicità della Plasmon è diventata famosa con i «caroselli» negli Anni Sessanta . CARTA D'IDENTITÀ NOME: Fioravante COGNOME: Palestini DATA DI NASCITA 1947 ALTEZZA quasi due metri PESO: 110 chili ARRESTO: 24 maggio 1983 ACCUSA: sorpreso su una nave con un carico di eroina di 233 chili CONDANNA 25 anni dì lavori forzati. GIORNI DI CARCERE 7322 (20 anni e due settimane) IN CELLA: «Mangiavo poco, dormivo niente, mi allenavo sempre. Poi mi mettevo nell'angolo coi i la schiena appiccicata ai muro sudicio». ISOLAMENTO: due anni in una cella di un metro pertre ORA D'ARIA. «Uscivo cinque minuti alla mattina e cinque al la sera, ho perso 35 chili di peso» PENDENZE: un processo per trafficodi droga TESTIMONIAL: pubblicità Plasmon negli Anni '60 RIENTRO IN ITALIA: 10 giugno 2003 RESIDENZA: vive a casa della mamma a Giulianova (Teramo) Fioravante Palestini assieme a Marco Zacchera, deputato di An del Lago Maggiore