Basilea, il mondo dell'arte alla rovescia

Basilea, il mondo dell'arte alla rovescia FINO A LUNEDÌ NELLA CITTÀ SVIZZERA LA PIÙ IMPORTANTE FIERA DE .E VARIAZIONI DEL GUSTO Basilea, il mondo dell'arte alla rovescia Marco Vallerà BASILEA SARÀ pure un paradosso, ma forse la Biennale (e con lei tutte le Triennali, e Quadriennali e Manifesta e Documenta del mondo) dovrebbero incominciare a pensare di cambiar data, per non giungere così a ridosso della Fiera di Basilea, e rischiare un confronto, da casello a casello, tanto diretto ed alla fine eoa schiacciante, ingeneroso ed inesorabile. E come passare da un girone infernale direttamente al Paradiso: e non soltanto per ragioni climatiche. Finalmente si respira qualcosa. Lo so, si dirà, è un confronto cretino, perché questa trentaquattresima Fiera, che rimarrà aperta sino a lunedì sera (inf. 800.100.230), è una volgare fiera capitalistica e di mercato. Ed invece no. Almeno per chi guarda, senza avere in testa il portafogli, tutto è ribaltato, come nel Mondo alla Rovescia: perché Dgioioso paradosso sta proprio qui, che mentre le rassegne intemazionali soi disant no profit sono sempre più colluse col mercato e prone ai dictat delle gallerie Usa, l'Art Basel spande sempre più profumo di museo e di istituzione autorevole (tanto più che si fa qui partire la contemporaneità addirittura dal 700 Fuessfi e poi da Hodler). Certo, di saranno giochi anche qui, ma almeno ci sono formidabili opere da delibare, sino a stancarsi. E vere e proprie monografiche da museo. Anche chi ha goduto tantissime mostre, nella propria vita, per esempio di Klee, qui troverà sparso un numero di così tanti capolavori (sublime il Brandello di sogno del '20) da rimanere stordito. E così potremmo dire di Schwitters (magistrale, sempre, anche quando rifa Boccioni nei '40) e poi di Hockney, di Pierre Soulages, di De Kooning, di Freud, insomma di tutti quelli dimenticati a Venezia e soprattutto di Manzoni, che ormai è entrato in una triade mistica del candore minimale, con Ryman e Fontana, che è l'unico italiano che davvero regge l'intemazionalità (è un po' passato il momento di Morandi). E come sempre bisogna dare la palma d'oro dell'accrochage allo Scudo di Verona, che schiera accanto ad una possente macchina scultorea di Mattiacci, un'estatica combine tra Melotti, i due unici GemeHi suturati di Manzoni e una scultura figurativa, «tiepolesca» e teatrale, del Fontana argentino, in un equilibrio davvero celeste (ma anche Karsten Greve ha di Fontana ceramiche e tagli magistrali). Mentre non si capisce prché àugier che vanta dei taccuimpicassiam barcellonesi da perder le bave, si attomii poi di tanti ciaffi me tic ciati del compare Ditersheim. Quello che è divertente è che davvero Basilea detta le mode e tira i fili del gusto: quest'anno la Transavanguardia, salvo qualche spaesato Paladino, è tramontata del tutto, mentre l'Arte Povera domina, con le nuove spine d'acacia di Penone, lo spettacolare stand di Persano, quello sapiente di Christian Stein, col clamoroso Paolini che già dominava alla Fiera di Bologna. Ma sono anche certi ripescaggi ad intrigare, come le surrealiste minori Toyen e Dora Maar, l'amica di Picasso, non in qualità di fotografa ma di (mediocre) pittrice. E poi il Man Ray pittore post-dada, il Tan^uy figurativo e pornografo, il quasi Art Brut Soutter ed un profluvio di Picabia, dopo la mostra di Parigi. Incuriosiscono le conversioni: Balkenhol che scolpisce la superficie della tela, David Smith quand' era figurativo (e che Kitsch!) Oldenburg che si autoritrae alla Ingres, la Nevelson prima maniera, Jirij Kolar che alle soglie della morte si fa scultore. Si vende davvero di tutto, qui, pure le polaroid di scarto di Newton, i provini di Avendone i disegnini alla Mirò di Desmond Mor- ris, le fotografie dei carcerati dell' Alabama con impronta (che facce! che Lombroso non avesse tutti i torti?). E sorprende che soprattutto nell'ambito della fotografia ci siano certi pezzi unici in commercio, di Muybridge, Sanders, Bellocq, il Carlyle della Cameron o il Baudelaire di Carjat, circa 1878! Ma anche i Brancusi, o i Medardo Rosso, o i Bachi dà setola di Pascali non scherzano come rarità. Mentre Sam Taylor Wood continua a fare la scìocchina con la storia dell'arte rifacendo in fotografia il Cristo disteso di Holbein, per dimostrare che almeno una volta è entrata alla Kunsthaus di Basel. Invece, quando si ha talento, basta davvero un nulla, anche una fila di combìneuses sospese alla parete, o una scatola di scarpe in marmo od un ritaglio di Gauloise (leggi Motherwell) a conquistare. E a far tornare la voglia di occuparsi di arte. Affascina il ripescaggio di surrealisti minori come Dora Maar, amica di Picasso e il profluvio di Picabia ma è possibile trovare anche sculture di Fontana e acquerelli di Klee «Breakfast a Malibu», un olio su tela di David Hockney del 1989

Luoghi citati: Alabama, Basilea, Bologna, Città Svizzera, Parigi, Venezia, Verona