Pisanu: i trafficanti di uomini peggio dei negrieri dell'800

Pisanu: i trafficanti di uomini peggio dei negrieri dell'800 LE VIE VERSO L'ITALIA Pisanu: i trafficanti di uomini peggio dei negrieri dell'800 Chiusa la rotta albanese, si è aperta quella turca. Adesso i nuovi viaggi passano per Slovenia e Libia: lì ci sono un milione e mezzo di disperati retroscena Guido Ruotofo ROMA SPIEGAVA l'altro giomo il ministro dell'Interno, Beppe Pisanu; «C'è una differenza tra i negrieri dell'Ottocento e i nuovi negrieri, i trafficanti di esseri umani. Quelli di oggi sono più spietati». Il ministro ragionava a voce alta sul protocollo di Palermo, che equipara la tratta dei clandestini al reato di schiavitù, non ancora ratificato dal governo italiano per i «ritardi» dei ministeri degli Esteri e di Giustizia. E si incupiva pensando al «fenomeno epocale delle migrazioni». Pisanu non sapeva della tragedia che si stava, anzi si era già consumata in quelle ore a 50 miglia da Lampedusa; «Quando salpavano dall'Africa per l'America, i mercantili con gli schiavi, i negrieri erano ben attenti a fare arrivare la loro merce sana e salva a destinazione. Perché rappresentava la loro ricchezza; i negrieri venivano pagati alla consegna. Oggi, l'affare si consuma a monte, i soldi, ai trafficanti, vengono consegnati prima della partenza». E, dunque, rifletteva il ministro, che .«le carrette affondino dopo qualche miglio dalla partenza» ai negrieri non importa; la «vita» di questi uomini e donne, di bambini e anziani, «per loro non ha valore». Si era sofferma- to, il ministro, su quest'aspetto che, evidentemente, l'aveva colpito; «Durante il viaggio, i trafficanti costringevano alcuni passeggeri ad imparare come navigare, come pilotare l'imbarcazione per potere, così, giunti quasi a destinazione, abbandonare la nave e lasciare ai propri destini i viaggiatori». E raccontava di storie srilankesi, di viaggi della speranza da quella lontana isola cfì chi aveva dovuto pagare 11 milioni di vecchie lire per arrivare in Europa; «Le loro famiglie si erano tassate - raccontava Pisanu - per poter racimolare i soldi per pagare quel viaggio». Un racconto confermato dalle decine di testimonianze dei protagonisti, extracomunitari di ogni latitudine del mondo; dalla Cina all'Estremo Oriente, dall'Africa centrale alla Moldavia. Si è accennato, in questi giorni di polemiche, al «protocoUo di Palermo» non ancora ratificato. Nel dicembre del 2000 l'Onu organizzò l'appuntamento siciliano, per sensibilizzare la comunità intemazionale sul «traffico illecito di emigranti» e sulla «tratta di persone». Le stime fomite in quell'occasioùe furono scioccanti; 200 milioni gli schiavi in tutto il mondo; tra 700 mila e 2 milioni i bambini vittime del traffico; 30 milioni le donne ridotte in schiavitù a scopi sessuali nel solo Sud-Est asiatico; 7 miliardi dollari l'anno il fatturato di questo traffico. Naturalmente, sono due fenomeni «paralleli» - la tratta e il traffico di emigran¬ ti - che però hanno in comune le modalità dei trasferimenti e la loro gestione; le grandi organizzazioni mafiose transnazionali. Sempre secondo le agenzie internazionali, in tutto il mondo vi sono oggi «150 milioni di emigranti e di rifugiati presenti in tutti i Paesi ricchi». Cifre e stime che vanno aggiornate. Essendo 1 «Caronte» del mare - ieri del Canale d'Otranto oggi di quello di Sicilia - segmenti di quel ciclo produttivo mafioso che lucra sugli emigranti, la loro presenza è intimamente legata alle opportunità, alla domanda e alla capacità di garantire l'offerta. Si materializzano laddove si può sfruttare una domanda di viaggio di trasferimento. Ieri, per non andare troppo indietro nel tempo, era l'Albania, da dove salpavano insieme agli albanesi anche gli extracomunitari che arrivavano dai luoghi più disparati del globo, anche dall'Estremo Oriente, dal Pakistan e dallo Sri lanka, oltre che, negli ultimi anni, dal Kurdistan turco. Poi, ima volta «chiusa» l'opportunità albanese r per il controllo delle coste pugliesi e l'accordo di riammissione sottoscritto da Italia e Albania - si è aperta quella turca. E poi il Canale di Suez e ancora r«opportumtà» slovena. Il ministro Pisanu, l'altro giorno, usava un immagine molto efficace per spiegare i «mutamenti» delle rotte; «E' come un fiume impetuoso che di fronte.a un ostacolo, a una diga, tracima altrove». Preoccupato non tanto per i-«conti della spesa» di casa nostra, giacché il bilancio di questi primi 6 mesi dell'anno, rispetto allo stesso periodo del 2002, è positivo (jl numero dei clandestini sbarcati in Italia è diminuito del ^J'Mi e a fronte di 6544 extracomunitari arrivati nel nostro Paese, 26490 ne sono stati allontanati), quanto per la complessità del fenomeno. Oggi è la Libia la «nuovaAlbania». Oltre un milione e mezzo sono gli extracomunitari presenti in quella terra, testimonianze di sconvolgenti migrazioni inteme al Continente Nero, di viaggi avventurosi attraverso i percorsi impervi dei deserti. Non tutti, precisava il ministro, «sono pronti a salpare». Liberiani e ghanesi, sudanesi e somali, nige¬ riani e cittadini della Sierra Leone arrivati in Libia guardano all'Europa e, dunque, per arrivarci devono sbarcare in Italia, in Sicilia. Le cronache di questi giorni confermano spesso che diverse imbarcazioni utilizzate per i viaggi sono tunisine. Evidentemente «i nuovi negrieri» libici hanno rapporti intemazionali. L'immagine del «nemico» che arriva dal mare, la cronaca e la tragedia di queste ore al largo di Lampedusa, non l'unica purtroppo, rischia però di distogliere l'attenzione da quello che in termini di dimensioni rappresenta la vera porta d'ingresso in Italia dell'immigrazione irregolare : l'arrivo di mighaia di extracomunitari con regolari visti turistici che poi" non rientrano a casa, che rimangono nel nostro Paese. E' un dato che colpisce; tra i 50845 irregolari rimpatriati nel 2002, ben 10471 sono rumeni (8802 gli albanesi, 5398 i marocchini, 3324 i bulgari). Pisanu spiegava l'altro giomo; «Stiamo lavorando per cercare di ottenere dalle compagnie aeree e di viaggio l'impegno a comunicarci in tempo reale quanti dei loro clienti, e naturalmente, chi non ha utilizzato i biglietti di ritorno». E' un modo, questo, per censire un fenomeno le cui dimensioni non sono note, ma che rappresenta, secondo gli esperti del Viminale, il vero «buco nero», nelle maghe della protezione e del controllo dei nostri confini territoriali.

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