«La Lioce organizzò il delitto di Biagi»
«La Lioce organizzò il delitto di Biagi»IL TRIBUNALE DEL RIESAME CONFERMA LE ACCUSE DELLA PROCURA «La Lioce organizzò il delitto di Biagi» Secondo i giudici, la brigatista ha fatto parte del gruppo di killer che uccise il professore. Gli inquirenti avevano presentato alcuni identikit e foto. «Anche i documenti scritti in carcere la accusano» Vincenzo Tessandorì BOLOGNA Un sospetto, un dubbio: eppoi la certezza. Ora si racconta il perché, di quella sicurezza, perché si è creduto all'accusa quando ha sostenuto che Nadia Desdemona Lioce faceva parte del gruppo di assassini che, la sera del 19 marzo 2002, freddò Marco Biagi sotto casa a Bologna. H Tribunale del riesame le sue incertezze le ha spazzate via e, in 20 pagine depositate ieri pomeriggio, spiega i motivi deUe sue convinzioni. Fatto è che se anche le accuse venissero provate fino all'ultima, è fin troppo evidente che il problema è, soprattutto, un altro: ancora s'ignora come vivano e operino queste Brigate rosse Duemila, a quali imperativi rispondano, per quah disegni oscuri spargano sangue. E, per rimanere nel solco deUe indagini per l'omicidio Biagi, non si è ancora tracciato il profilo degh attentatori. Che furono parecchi, per un'operazione maledettamente semphee, perché è sempre facile sparare a qualcuno disarmato e senza scorta. ((A tendere l'agguato, quella sera in via Valmonica, furono almeno 6 o 7», osserva il pubblico ministero Paolo Giovagnoh che si dichiara «soddisfatto» perla decisione dei giudici del riesame ma considera il caso ancora assolutamente aperto e le indagini suscettir bili di sviluppi, a dispetto di una velocità che pare tutt'altro che sostenuta. Forse Nadia Lioce è stata tradita dalla sua sicurezza, magari dal fatto di essere un'abitudinaria, di non essersi preoccupata troppo che qualcuno la individuasse: tutti motivi che, in un futuro non troppo vicino ma neppure remoto, dovranno essere esaminati e discussi inun'aula di tribunale. L'accusa aveva portato una serie di «elementi nuovi»: identikit tracciati subito dopo l'assassinio e una serie di foto tratte que! giomo nero dai nastri delle telecamere alla stazione di Bologna. Immagini troppo incerte per la difesa mentre per l'accusa c'è poco da discutere. «Sono state valorizzate alcune ricognizioni fotografiche», sottolinea il dottor Giovagnoh. E non solo, aggiunge. «L'esame del linguaggio usato nella stesura dei documenti scritti in carcere, nei quah lei rivendica le attività delle Brigate rosse, ha posto in evidenza l'uso di termini ed espressioni precisi. Dal contesto emerge la partecipazione all'orga¬ nizzazione e all'omicidio di Biàgi». Insomma, secondo l'accusa la brigatista non stringeva in pugno la pistola fumante, ma avrebbe lavorato sodo per organizzare l'agguato e per garantire aiuto agh assassini matenah. Altri nodi, al contrario, non la tengono legata alTomicidio. Per esempio, è stato chiarito che non fu lei a presentarsi, il 10 gennaio scorso, ah'uflficio del professor Michele Tiraboschi, alla facoltà di Economia dell'università di Modena. La sconosciuta aveva domandato del docente, amico di Biagi, e il fatto aveva messo in allarme gh inquirenti che hanno sospettato come l'intera facoltà potesse rappresentare un bersaglio privilegiato. «Sono io», ha detto più tardi la sconosciuta, un'ex studentessa, che ha cosi chiarito il piccolo, ingarbughato mistero. E nell'udienza al tribunale del riesame il pm Giovagnoh ha lui stesso riferito l'episodio. La difesa, sostenuta dall'avvocato Attilio Baccioh, con il ricorso aveva cercato spazio e argomenti convincenti. Aveva sottolineato come non esista prova che la sua assistita, già militante dei Ncc (Nuclei comunisti combattenti) all'epo- ca dell'omicidio Biagi facesse già parte deUe Brigate rosse Duemila. Anche le testimonianze, aveva aggiunto, non potevano esser prese come oro colato perché mólte sono, awute dopo il fattoeppoi, ha sottolineato, (oipn ha davvero senso che ' imò'tbriiì a farsi vedere e nveSere nel luogo del dehtto». Ma poiché il punto di vista politico e giudiziario di un magistrato e di una brigatista sono lontani le mille miglia, Baccioli, che ad ogni buon conto dice di aver deciso il ricorso per Cassazio¬ ne, dice: «Non so se abbia in qualche modo diretto, eseguito o collaborato. Lei non afferma né esclude niente, però l'oi^inanzanpnèipndata su alcun elemento utilizzabile, neppure in aula. E, ai Suoi occhi, tutto questo è la dimostrazione di come vengano costruiti rpitìcé&i pohtici. "Fuori non mi ci mettono, sono una prigioniera e un motivo o l'altro lo devono pur trovare", dice lei)). Per questo, sostiene Baccioh ci sono stati un sospetto, un dubbio: eppoi la certezza. I rilievi degli inquirenti sul luogo del delitto di Biagi
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