E ora la grande finanza va a nozze col cinema di Francesco Manacorda

E ora la grande finanza va a nozze col cinema DOPO CRESPI, LIVOLSI E DE AGOSTINI ANCHE EMILIO GNUTTI PUNTA SUL GRANDE SCHERMO. E SU SALVATORES E ora la grande finanza va a nozze col cinema Francesco Manacorda MILANO Ultimo sul grande schermo, in ordine di apparizione, è Emilio Gnutti. Abituato a spostare il suo fedelissimo pattuglione di investitori bresciani dalle telecomunicazioni alle biotecnologie con redditizia disinvoltura, questa volta - come ha anticipato il sito Dagospia - Gnutti salta dalla finanza al cinema, gioca da solo e ci mette (poco) del suo (tanto) per una quota di minoranza in una nuova società nella quale confluirà la Colorado Film, la storica casa di produzione milanese che sotto l'egida di Diego Abbatantuono, Gabriele Salvatores e Maurizio Totti, ha dato i natah a un film da Oscar come Mediterraneo. Questione di affari, ma con ogni probabilità anche di famigha. In casa Gnutti, infatti c'è la giovane Ariarma, oggi redattrice a «Telecamere» di Anna La Rosa, ma con un sogno - e un master in sceneggiatura - nel cassetto, che nella partecipazione cinematografica appena acquisita potrebbe avere il suo legittimo interesse. Non sarebbe nemmeno la prima volta che papà finanzieri e fighe cinematografare si lanciano insieme in avventure dal sapore vagamente hollywoodiano: era accaduto, ad esempio, già alla fine degh Anni '80, quando il finanziere Vincenzo Romagnoli acquista la Titanus distribuzione - e prende anche una partecipazione del 25';'o nella casa di produzione, quella storica de D Gattopardo per mettere poi alla presidenza della società lo stesso Romagnoli e alla vicepresidenza la figlia Giovanna, Ma, legami di famigha a parte, il mondo del cinema sembra esercitare un fascino insistente su quello della finanza e dell'economia. Senza scomodare l'impero finanziario-mediatico- politico di Silvio Berlusconi e la sua Medusa, senza tornare alla preistoria giudiziaria di Giancarlo Parretti e della sua fallita scalata nientemeno che alla Metro Goldwin Mayer, basta soffermarsi dalle parti del cinema itahano e prendere i casi degh ultimi anni per trovare la conferma che la mossa di Gnutti si inserisce in un filone consolidato. Ha fatto il salto nel cinema, ad esempio, un fondo di private equity come Bs Electra di Luciano Battio e Luigi Sala, entrato nel '97 in Eagle Pictures grazie a Giampaolo Sodano, già direttore di Rai 2 e poi presidente, per l'appunto, della Eagle. Adesso Sodano ha lasciato e al suo posto si è insediato proprio Sala, sebbene le prospettive iniziali di quotazione che avevano portato la Bs Electra in Eagle siano sfumate. Non esattamente soddisfatto degh esordi sul grande schermo deve essere anche Ubaldo Livolsi, ex amministratore delegato della Fininvest, che tre anni fa è entrato attraverso il suo fondo chiuso Convergenza nella Movieweb di Rita Rusic. Centocinquanta miliardi di lire raccolti dalla ex moghe di Vittorio Cecchi Gori e un programma ambizioso fatto di almeno quattro film l'anno hanno provocato invece alcuni imbarazzanti flop al botteghino, compreso il film d'esordio di Piero Chiambretti. Ma se Livolsi non gioisce come produttore può sempre consolarsi con la presidenza di Cinecittà Holding, ottenuta lo scorso dicembre. Finanza e cinema, ma anche industria - specie editoriale - e cinema. Così non stupisce che su questa strada si sia incamminata da tempo la De Agostini, forte - guarda la combinazione - proprio dei proventi della vendita di Seat alla cordata Colaninno-Gnutti in versione Telecom. Nel 2000 il gruppo di Novara è entrato con un IO0/), assieme al private equity del Sanpaolo-Imi che ha preso una partecipazione uguale, nella Cattleya - la casa di produzione dell'orchidea formata da tre golden boys di casa Mediaset guidati da Riccardo Tozzi -; poi, sempre lo stesso anno ha creato una società di produzione- la Albachiara - assieme alla Mikado distribuzione, e infine nel 2002 ha rilevato il 530Zo della stessa Mikado. Editoria e cinema sono business smergici, insomma, come si dice in gergo economico intendendo che da cosa nasce cosa. Lo stesso si deve essere detto anche Luigi Crespi, il vulcanico patron della Hdc, la holding di comunicazione cresciuta sotto il segno - ancora lui - di Berlusconi e che uscendo dall'area delle statistiche e dei sondaggi elettorali, ha rilevato tra l'altro la casa di produzione Alto Verbano, già di proprietà di Renato Pozzetto, che anni fa produceva i film del comico e adesso si dedica più che altro alla pubblicità. Comphce il cortocircuito politicafmanza-spettacolo, i vasi comunicanti che collegano il grande schermo con i grandi affari funzionano perfettamente anche nel senso inverso a quello appena esaminato. Troppo facile citare ancora una volta il caso Berlusconi, legato comunque al pixel televisivo più che alla pellicola; meglio pensare alla sfortunata parabola di Vittorio Cecchi Gori - erede di grande dinastia cinematografica - che dai film passa alla finanza, al calcio e anche alla pohtica per poi finire sotto il tiro dei creditori. O - per trattare casi più heti - pensare al protagonista dell'unica grande vicenda finanziaria di questa primavera italiana. Chi ha fatto da paciere nella vicenda Mediobanca? Chi ha mediato tra le agguerrite truppe di Alessandro Profumo e quelle non meno determinate del finanziere bretone Vincent Bollore? Chi punta adesso a un posto nel consiglio Mediobanca? La risposta è sempre la stessa; Tarek Ben Animar, noto mediatore intemazionale, amico di Silvio Berlusconi ed ex consighere di amministrazione di Mediaset, ma soprattutto produttore cinematografico - suo, ad esempio. Pirati eh Romain Polanski - e presidente degh antichi studi cinematografici di Dino De Laurentiis. A sinistra Gabriele Salvatores e Diego Abatantuono Sotto, a sinistra Rita Rusic e a fianco Ubaldo Livolsi Emilio Gnutti, nuovo socio di Salvatores

Luoghi citati: Colorado, Milano