«Era bravo e ci insegnava molto Vittima di un'azione preventiva» di Andrea Di Robilant

«Era bravo e ci insegnava molto Vittima di un'azione preventiva» LA RABBIA DEI FEDELI E IL SOSTEGNO AL RELIGIOSO «Era bravo e ci insegnava molto Vittima di un'azione preventiva» retroscena Andrea di Robilant ROMA ## IVA A ^ questo il modo di WI VI fare? Chi ha dato l'autorità a questi signori di sospendere l'Imam? Che ci dicano chiaramente che vogliono chiudere la moschea e non se ne parh più». E' finita da pochi minuti la preghiera del venerdì. I fedeh sfilano ftiori dalla cancellata della grande moschea di Roma e si dirigono a fare le ultime compere al mercatino arabo che sorge sul piazzale antistante. Fa così caldo che ai piedi del Monte Antenne sembra di essere in una città araba. I kebab cuociono sulla brace. I falafel friggono in grandi padelle nerastre. Sui banchi ci sono piccole piramidi di barattoh: hummus, babaganooj, cetrioli. Jamal, un libanese che vive a Roma da 25 anni, è il responsabile del mercatino. Sospende un attimo la sua invettiva per tirare sulla sigaretta, poi dice: «Questa è chiaramente un'azione preventiva, alla Geoide Bush». Ieri mattina, dopo la sospensione improvvisa dell'imam Abu Mussa, il sermone prima della preghiera - o megho, l'appello - è stato affidato in fretta e furia a Sheik Sami Salem, un religioso egiziano moderato, titolare di un centro telefonico. Ha parlato per una ventina di minuti della comunione con Allah. {(Ho solo spiegato come il musulmano può diventare un uomo mighore attraverso la preghiera e il digiuno», si è affrettato a precisare prima di allontanarsi in fretta. Ma l'atmosfera sulla spianata, dopo la preghiera del secondo venerdì del mese di Rabì al Thani, non era per nulla serena. Buona parte dei due-tremila fedeh venuti alla moschea non si dava ragione dell'improvviso allontanamento di Moussa, 32 anni, a Roma da soli cinque mesi e sotto accusa per aver incitato i fedeh alla guerra santa durante il suo appello di venerdì scorso. «Sono molto deluso», spiegava un giovane siriano. «Mi sembra assurdo che si possa cambiare così un imam». E Vincenzo, musulmano italianp con moglie marocchina: «Era molto bravo e ci stava insegnando molto. Non è giusto che ci siano ingerenze così forti della pohtica nella libertà di religione». Per Mahmoud, un venditore di falafel al mercatino, le parole dell'imam venerdì scorso erano state fraintese dai giornalisti e dai pohtici: ((E' un uomo di religione. Invocava la protezione di Allah per i mujaheddin, i combattenti islamici in Palestina, in Cecenia e ovunque nel mondo, ma non incitava certo noi fedeh alla violenza». Ieri, a sopportare la calura davanti alla moschea c'era anche un fitto cordone di forze dell'ordine: polizia e carabinieri con mezzi jlindati e cellulari. «Sanno benissimo che non ci sarà alcuna violenza», commentava Jamal. «Siamo amici. Sono venuti in tanti oggi a chiederci da bere alle bancarelle. Siamo abituati a vedere un fiutone della pohzia il venerdì. Ma uno spiegamento come questo non c'era mai stato. Si vede che le autorità itahane voghono "mostrare il bastone", voghono intimidirci». Per la verità Jamal confidava che molti fedeh avrebbero voluto far qualcosa per esprimere il loro stato d'animo: una protesta, un comunicato per denunciare la cacciata dell'imam, qualche espressione di solidarietà nei confronti di un religioso che ancora non conoscevano bene e che certo non aveva il carisma e il seguito del suo predecessore, Sheikh Mahmoud. «Ma alla fine - spiega Jamal abbiamo deciso di non far niente». E' stato l'appello moderato dell'imam prò tempore, Sami, a dissuaderli? «Ma no, c'eravamo arrivati da soli. Una nostra protesta sarebbe stata strumentalizzata dai giomali». Ha aggiunto, per la verità senza grande convinzione: «Talvolta tacere è il messaggio più forte». Nel primo pomeriggio la folla di fedeh si è diradata. I venditori hanno cominciato a smantellare il mercatino e a fare pulizia. E' rima¬ sto qualche crocchio nei pochi angoli sul piazzale dove vm pò d'ombra dava uh filo di sollievo. Qualche egiziano, qualche marocchino, qualche libanese. Molti di loro sono in Italia da tanti anni e ragionavano su questa vicenda come gli italiani ragionano di pohtica. Chi c'è dietro? Qual è il messaggio? Dove si vuole arrivare? Tutti avevano l'impressione che la sospensione dell'imam fosse frutto di «un accordo politico» sopra le loro teste tra i vertici delle organizzazioni musulmane e il govemo itaha¬ no. Perii quieto vivere? Per assicurarsi finanziamenti dal governo? Di tutto questo discutevano a mota libera. Alla fine è rimasta l'incredulità per l'affronto. Non è possibile «sospendere» un imam, insistevano. E' una prerogativa che spetta solo all'università islamica di Al Azhar al Cairo. «E' come se il govemo di un paese islamico decidesse di "sospendere" monsignor Ruini, Vicario di Roma», ha protestato Jamal. «Le pare che non sarebbe successo un gran casino?». «E'assurdo: come se un governo islamico chiedesse di sospendere monsignor Ruini»

Persone citate: Abu Mussa, Bush, Ruini, Sami Salem, Sheikh Mahmoud

Luoghi citati: Cairo, Cecenia, Italia, Palestina, Roma, Sheik