Berlusconi ad Abu Mazen «Ti aspettiamo a Roma»

Berlusconi ad Abu Mazen «Ti aspettiamo a Roma» L'INCONTRO CON IL PRESIDENTE EGIZIANO MUBARAK CONCLUDE IL VIAGGIO DEL PREMIER IN MEDIO ORIENTE Berlusconi ad Abu Mazen «Ti aspettiamo a Roma» Il premier tenta di ricucire lo strappo con i palestinesi. Poi manda a «caro Ariel» un messaggio di «profonda e personale partecipazione» Augusto Minzolini inviato al CAIRO Mentre il sangue toma a scorrere sulle strade di Gerusalemme, Silvio Berlusconi ha avuto un'altra riprova di quanto sia difficile destreggiarsi in quella giungla che è la crisi mediorientale. Dopo aver fatto breccia a Gerusalemme e aver simpatizzato con il duro Sharon, il premier italiano ha dovuto riequilibrare almeno in parte - più nella forma che nella sostanza nelle capitab del mondo arabo più aperte verso l'occidente, l'Amman di re Abdallah II e il Cairo di Hosni Mubarak. Qui il cavaliere è tomato a pronunciare anche il nome di Yasser Arafat, per molti il convitato di pietra di una trattativa che non riesce a decollare, mentre per Israele è il vero nemico del negoziato. Ma Berlusconi ha citato 3 vecchio capo dell'Olp più per cortesia che per altro, non per nulla ha confermato che a metà giugno vedrà a Roma il primo ministro palestinese, Abu Mazen, senza dover sottostare, quindi, alla pretesa del govemo di Gaza, che in casa propria impone a tutti coloro che vogliono incontrare il nuovo leader anche un colloquio con il vecchio capo dell'Olp. In più ieri, quando ancora non era arrivata la notizia degli ultimi eccidi in Terra Santa, di fronte al presidente egiziano che, condannando l'attacco israeliano contro il numero due di Hamas lo ha definito «un trauma», il premier italiano ha usato una formula che sicuramente non dispiacerà al governo di Gerusalemme: «Anche se comprendiamo che è stata una risposta al triplice attacco dei giorni scorsi, crediamo anche noi che se si vuole davvero la pace il popolo di Israele dovrà mettere in campo molta saggezza, molta pazienza, molta lucidità». Parole premonitrici di quello che sarebbe avvenuto qualche ora dopo - e Berlusconi ha subito mandato un messaggio al premier israeliano: «Caro Ariel, ti prego di accogliere i sentimenti della mia più profonda e personale partecipazione» - ma che confermano la svolta della politica del govemo italiano in Medio-oriente: se in quarant'anni l'Italia ha sempre avuto un approccio filo-palestinese, ora Berlusconi tenta di avere una posizione più equidistante tra i due contendenti. «Questo è l'atteggiamento del govemo italiano - ha tenuto a precisare il cavahere, conoscendo i mugugni che le sue sortite in terra Santa hanno suscitato a Bruxelles - quando assumeremo la presidenza della Uè terremo conto di tutte le posizioni che sono presenti nel Consiglio europeo». Cartina di tornasole della nuova politica italiana è stato, comunque, proprio il «non incontro» con Arafat enfatizzato dai giornali israeliani: il «Jerusalem Post» ha sottolineato in prima pagina due giorni fa che Berlusconi è stato il primo leader europeo «a snobbare Arafat». Naturalmente, al Cairo, in terra araba, il premier itabano ha voluto minimizzare lo strappo: ((Avevo fissato questo incontro con Sharon da molto tempo. E' a tutti noto che i capi o i rappresentanti di governi giunti in Israele non avevano potuto incontrare Sharon se avevano in agenda un incontro con Arafat. E' successo ad Aznar e al ministro degli Esteri francese. De Villepin. Io avevo fissato un appuntamento con Sharon e ho chiesto di incontrare Abu Mazen, lui non ha potuto, evidentemente per non dispiacere Arafat e allora verrà in Italia. La mia scelta quindi non è dipesa dalla volontà ma dalla situazione». Alla fine Berlusconi ha anche preso atto dell'influenza che il vecchio leader dell'Olp continua ad esercitare sui palestinesi. ((Arafat ha riconosciuto - è riuscito a imporre, direi, ad Abu Mazen di non incontrarmi in questo momento. Evidentemente ha un ruolo molto importante... Comunque io non ho nessuna difficoltà a incontrare Arafat». Ma quest'ultima frase sembra più un espediente diplomatico che una volontà precisa del premier italiano, quasi un segno di rispetto verso Mubarak, che appena qualche minuto prima aveva commentato la vicenda con queste parole: «Non posso criticare quello che ha fatto Berlusconi dal suo punto di vista. Noi che conosciamo bene la psicologia palestinese facciamo incontri sia con Arafat che con Abu Mazen». Insomma, ieri Berlusconi si è preoccupato di non dispiacere troppo agb interlocutori arabi. Rimane, però, il fatto che il cavahere è stato il primo premier europeo a tentare - secondo lo schema americano - di enfatizzare la figura di Abu Mazen rispetto a quella di Arafat, di marcare la differenza tra il nuovo e il vecchio nel vertice palestinese. Gli attentati di ieri dimostrano che la possibilità di riprendere la strada dei negoziati dipende anche, se non soprattutto, da questo e che la partita è tutta da giocare. Comunque, un risultato la visita del premier italiano Iha ottenuto: per la prima volta il govemo di Gaza non è riuscito a contrapporre l'Europa buona contro gli Usa cattivi (la settimana scorsa anche Bush non aveva voluto incontrare Arafat). Berlusconi lo aveva promesso: «Io e Bush in Medio-oriente lavoreremo spalla a spalla». Silvio Berlusconi: l'avvicinamento dell'Italia a Israele è ormai una realtà