«Puntare su investimenti e ricerca»

«Puntare su investimenti e ricerca» «Puntare su investimenti e ricerca» ^—l— D'Amato: difficile una Finanziaria normale, ma il'pÉ&D nonSitòcta Flavia Podestà MILANO «Per il governo italiano la scommessa non è solo quella, fondamentale, di far fare un altro passo in avanti all'integrazione europea, a dispetto della Convenzione che si profila modesta e deludente. C'è anche la scommessa di convincere i partner che il Patto di Stabilità si può rispettare anche se si sottraggono ai suoi vincoli le spese per investimento nelle infrastrutture e in Ricerca e Innovazione». Parola di Antonio D'Amato. Il conto alla rovescia per il semestre di presidenza italiana dell'Unione è già partito e, man mano passano i giomi, si sgranano con maggiore precisione le aspettative del mondo produttivo e, in qualche caso, assumono i caratteri della richiesta pressante. Due settimane fa ci sono state le prime avvisaglie, in sede di assemblea della Confindustria dove, peraltro, i riflettori erano stati catturati dalla filippica sulla giustizia del presidente Antonio D'Amato e dal suo auspicio che «l'italia diventi un Paese normale». Sul delicato terreno dei modi con cui coniugare rigore e sviluppo i vertici confindustriali erano tornati, nel corso del fine settimana, a Santa Margherita Ligure, complice il convegno dei «Giovani» che all'Europa aveva dato largo spazio. Ieri la conferma, in occasione dell'assemblea di Assolombarda - la più importante associazione territoriale della Confindustria - in cui il presidente degli industriali milanesi Michele Perini e il leader degli industriali italiani (D'Amato, appunto) hanno giocato di sponda, trovando tra l'altro un interlocutore attento e disponibile, nel commissario Uè alla concorrenza Mario Monti. Perini suonava la sveglia all'Europa, perché «si decidesse ad uscire dal sonno dei suoi palazzi» per riannodare i fili del dialogo all'apparenza interrotto con l'opinione pubblica del Vecchio Continente: attraverso una drastica semplificazione delle burocrazie elefantiache (20 mila persone) che funzionano da barriera e da freno all'azione; tramite un più deciso impegno nel difendere i prodotti e i sistemi produttivi europei; con un forte incremento degli investimenti in ricerca e il loro governo per evitare penalizzati dispersioni; e, soprattutto, con il varo di una Convenzione meno minimale e incerta di quella che viene abbozzata da Giscard e compagni. D'Amato - chiarendo che Confindustria «non si era mai sognato di suggerire il non rispetto del Patto di stabilità», visto anzi che «specie un Paese appesantito da un debito pubblico come il nostro non avrebbe mai dovuto rinunciare ad una politica di rigore» - suggeriva al governo due mosse. Sul piano interno chiedeva di accentuare il riordino dei conti attraverso la riduzione della spesa pubblica corrente e le riforme strutturali della previdenza e del welfare («viviamo tempi anormali, il ciclo economico è cambiato: penso che sarà difficile una finanziaria normale»); e sul piano europeo suggeriva di esaminare con i partner europei l'ipotesi di finanziare in disavanzo oltre i limiti del deficit imposti dal Patto «gli investimenti in infrastrutture e in Ricerca e Innovazione». Un modo, spiegava il presidente della Confindustria, per consentire all'Europa «che negli ultimi vent'anni non è mai riuscita a crescere autonomamente» ed ha fatto leva sul traino dell'economia americana - di rie¬ quilibrare le proprie chances competitive con il continente a stelle e strisce: in una fase come questa che ha visto l'amministrazione Bush varare un grande piano di investimenti e procedere ad una ulteriore decurtazione del prelievo fiscale che, sulle imprese, è già tra i più bassi del mondo. I temi della competitività assorbivano la quasi totalità dell'attenzione di D'Amato che, preoccupato, denunciava l'eliminazione di ogni accenno all'argomento nell'ultima versione della Convenzione, a dispetto delle richieste pressanti di tutte le Confindustrie europee. Declinando sotto tutti i profili il nodo della competitività e la capacità del BelPaese di essere attrattivo rispetto ai capitali esteri, il presidente di Confindustria tornava a suonare il tasto dei guasti che «all'immagine del Paese provocano il fatto di avere una parte del ceto politico sistematicamente sotto inchieste, e frange di magistratura che danno l'impressione di essere fiancheggia trici di settori politici». Entrambe queste anomalie e, soprattutto la seconda «che è una sostanziale esclusiva italiana» - insieme ai «tempi storici della giustizia», denunciati da Perini (per cui «un fallimento può essere definito anche in dieci anni») costituiscono «vere barriere all'ingresso degli investitori stranieri». Il presidente Confindustria all'assemblea annuale dell'Assolombarda «Politici corrotti e magistrati di parte danneggiano l'Italia»

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