Due milioni i parenti alla ricerca dei desaparecidos del regime
Due milioni i parenti alla ricerca dei desaparecidos del regime UN'ASSOCIAZIONE DI VOLONTARI LI AIUTA NELLA RICERCA DEI RESTI O DI UNA TRACCIA Due milioni i parenti alla ricerca dei desaparecidos del regime L'ultima fossa comune scoperta ieri vicino a Baghdad con migliaia di corpi reportage Carla Reschla BAGHDAD Kaiss Oleini è stato in carcere dal 1987 al '91, per «dissidenza»; Abd al Hussen frequentava l'ultimo anno di università a Mosul quando l'hanno arrestato insieme a tre compagni. La loro colpa: avevano scritto sui muri della scuola frasi contro Saddam. Li hanno rinchiusi e torturati. Lui ha avuto fortuna, è stato rilasciato nel '90, in seguito a un'amnistia, i suoi amici sono spariti. Kaiss e Abd ora sono tra gli animatori del Comitato per i prigionieri liberi, un gruppo di ex detenuti politici che già da prima della caduta del regime si era costituito per cercare tracce dei tanti desaparecidos .iracheni. Lavorano come volontari, e del resto sarebbe difficile trovare qualcuno pronto a pagare uno stipendio per questo nell'Iraq senza governo. Sul muro di cinta della villa del quartiere di Khadimia, a Baghdad, già residenza di un ufficiale della polizia segreta e ora requisita dall'associazione, spicca uno striscione che mostra un paio di mani insanguinate che si liberano dalle manette. Ma in realtà qui si viene soprattutto nella speranza di trovare una tomba e un perché. Qualcuno, previdente, arriva con una cassa dì legno sul portapacchi dell'auto. Ogni giorno sulla «comiche» di Khadimia, lungo il Tigri, è un pellegrinaggio continuo, da tutto l'Iraq, per leggere, affissi ai muri del giardino, gli elenchi preparati dai volontari dell'associazione. Hanno rimediato un po' di computer e incrociano i dati tratti dagli archivi della polizia segreta con le denunce dei parenti. Pubblicano i risultati: a volte solo la notizia certa della morte, a volte qualcosa in più. Molta gente ha così, almeno, la certezza della sorte toccata ai famibari. Jamet, 23 anni, ha appena avuto la conferma che suo padre, cinque suoi zìi e il nonno sono morti. Aveva tre giorni quando erano stati arrestati, accusati di far parte di un partito ostile a Saddam. Cerca loro notizie da quando ha l'età della ragione. Ora sa, ma continua a ignorare dove siano sepolti. . La maggior parte di quelli che si rivolgono al Comitato sono sciiti, vittime di sanguinose repressioni sotto il regime per la loro fede, ma non solo. Si finiva in carcere per motivi pohtici o pseudo poltici e anche solo per essersi lamentati del Raiss. H marito di Amira è stato arrestato nel 1980, Ihanno fermato per strada, mentre era in auto. NeU'87 la moghe ha saputo che era stato ucciso. Ha 5 figli, il più piccolo aveva tre anni quando il padre è sparito. Mhedi Amid è sciita e viene dal Sud, cerca il fratello, anch'egli scomparso nel 1980. «Era iscritto al secondo anno di ingegneria, era molto religioso e non amava il partito Baath. Non ne ho saputo più nulla, ma perché stupirsi: arrestavano anche i bambini. Un mio conoscente, liberato adesso da un. carcere segreto, vi era entrato quando aveva appena nove anni». Suria Diala cerca suo fratello, incarcerato perché era contrario alla guerra all'Iran. Anche lei è stata per anni in prigione, è uscita solo nel '91. «Grazie a Dio è finita - dice -, ma le nostre vite sono rovinate». La Usta dei «missing», secondo Mirah Saleh, un altro volontario del Comitato, ammonta almeno a 182 mila persone, ma ci sono stime che arrivano a un milione e finora, in tutto il Paese, almeno 2 milioni di familiari si sono rivolti ai loro uffici. La gente collabora, anzi spesso segnala i possibili siti di fosse comuni: così dalla caduta del regime di Saddam Hussein, il 9 aprile, ne sono state scoperte in Iraq decine (l'ultima ieri, vicino a Baghdad) con migliaia di corpi. «Gli iracheni prosegue Mutali - sanno perché anche le famighe degli arrestati erano perseguitate, ma prima avevano paura di parlare. Adesso ogni giorno ci arriva qualche dritta. Ma ormai trovare prigionieri vivi è un miracolo: si tratta purtroppo di capire dove li hanno sotterrati e di cercare di scoprire qualche particolare in più sulla loro fine. Non è un lavoro semplice. Ancora adesso ci sono in giro fedelissimi di Saddam che cercano di metterci a tacere». «Io - conclude - ho perso due fratelli in questo modo e credo che bisognerebbe scrivere al Papa, per informarlo di queste cose, per fargli sapere quanto male ha fatto Saddam a noi e al mondo. E bisognerebbe chiedere agli americani di mantenere le loro promesse e aiutarci a trovare e a punire i responsabili». Il passo successivo nella ricerca dei (onissing» spesso è il cimitero di Khark, vicino al famigerato carcere che ora è vuoto e saccheggiato. Numerosi prigionieri sono stati sepolti qui e a volte è possibile identificarli grazie al braccialetto di plastica con il numero di matricola che portavano al polso. I parenti arrivano e scavano, i familiari di Hamza Mohammed Abbas, preso nel 1987 a 18 anni, hanno appena trovato la sua tomba. «Lo porteremo a Najaf, nella nostra città santa. Almeno avrà una sepoltura degna». Iracheni scavano per riesumare i corpi nell'ultima fossa comune scoperta ieri nei pressi di Baghdad
Persone citate: Carla Reschla, Hamza, Hussen, Mohammed Abbas, Saddam Hussein, Saleh
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