Gli italiani che han fatto Pietroburgo Al Vittoriano architetti, scenografi e pittori

Gli italiani che han fatto Pietroburgo Al Vittoriano architetti, scenografi e pittori Gli italiani che han fatto Pietroburgo Al Vittoriano architetti, scenografi e pittori Lea Mattarelia CHE rapporto c'è tra la città di Pietroburgo e l'Italia? In che modo la cultura del nostro paese ha influenzato il mondo russo dal regno dello zar Pietro il Grande in avanti? Sono queste le domande a cui risponde la mostra «Pietroburgo e l'Italia» curata da Vittorio Strada e Sergej Androsov,. E lo fa presentando un centinaio di opere provenienti in gran parte dall'Ennitage, il museo voluto da Caterina II e aperto al pubbbeo soltanto sotto Nicola I. L'idea che dà orìgine a questa mostra è che Pietroburgo sia, per usare le parole di Strada, la «sintesi straordinaria di due geni quello mediterraneo-latino e quello nordico-slavo». In effetti l'idea del fondatore della città Pietro I, fu proprio quella di creare una grande capita¬ le europea. E «il genio itabano» ebbe un molo fondamentale. In quattro sezioni vengono chiariti i contatti fecondi tra questa città «astratta e premeditata», come la definiva Dostoevskij, e la cultura figurativa italiana. Prima di tutto l'architettura: sono molti gb itabani che progettarono il tracciato e i maestosi edifici della città. Qui sono raccolti i disegni degb edifici di Rastrelli, che tanto piacevano a Elisabetta H: bizzarri, fantasiosi, ricchi di decorazioni. Accanto, ecco un nucleo importante di progetti, chine e acquarelli di Giacomo Quarenghi, ideatore del volto neoclassico di Pietroburgo e quindi di quelle architetture che, lungi dal proporre invenzioni capricciose, offrono solenni mterpretazioni di colonne e capitelli derivati direttamente dal Pantheon (un esempio per tutti è costituito dalla facciata del teatro dell' Ermi- tage). Di tutti gb altri architetti italiani operosi qui - da Domenico Trezzini a Antonio Rinaldi fino a Carlo Rossi - la mostra presenta le opere viste con gli occhi di pittori e acquareUisti, soprattutto russi, del tempo. Di Scedrin, il più celebre di questi, c'è una luminosa e analitica veduta del laghetto di Tsarskoe Selo. Le inquadrature più significative però, sono quelle di Sadovnikov, il cantore deba Pietroburgo neoclassica, nato servo della gleba e morto celebre pittore: appartengono a lui la maggior parte delle vedute donate dalla corte russa alla Regina Vittoria in occasione del decimo anniversario del suo regno. Molte sono esposte per la prima volta in questa occasione, dopo che nel 1956 tornarono in patria durante una visita di EUsabetta U. La seconda sezione della rassegna indaga il lavoro degli sceno¬ grafi italiani che operarono in Russia tra il XVIII e l'inizio del XIX secolo. Ci sono i progetti di Giuseppe Valeriani, di Pietro Gonzaga e di Carlo Galb Bibiena. Altra avventura è quella dei pittori ualiani attivi a Pietroburgo come Rotari e Torelh. E infine ecco il collezionismo: Pietro I e Caterina II non erano i soli da queste parti ad acquistare dipinti itabani, antichi ma anche contemporanei. Lo facevano anche molti aristocratici e uomini di corte. Ivan Suvalov, primo presidente dell'Accademia di Belle Arti della città, possedeva ad esempio i due Magnasco in mostra: lo sfrenato Baccanale tra le rovine e il visionario Riposo dei briganti. C'era chi aveva Pittoni e Batoni, Garofalo e Sebastiano Ricci, Bassano, Palma il Vecchio, Panini. In fatto di gusto i collezionisti russi non avevano bisogno di maestri. «La lascivia» un olio di Pompeo Batoni in mostra al Vittoriano

Luoghi citati: Italia, Pietroburgo, Russia