Il Muro è caduto, il signor Lehmann potrà rifarsi una vita meno balorda

Il Muro è caduto, il signor Lehmann potrà rifarsi una vita meno balorda Il Muro è caduto, il signor Lehmann potrà rifarsi una vita meno balorda BHBHHHHI Bug^^KUgj^H FORSE è suonata l'ora dei trentenni. L'ora in cui ci si chiede cosa si farà da grandi. A vederli sullo schermo, nell'ultimo film di Luchetti, «Dillo con parole mie», non c'è da illudersi: dietro l'angolo non c'è il futuro, ma, caso mai, qualche nevrosi di troppo. Ma nel romanzo di Sven Regener, Il signor Lehmann, che Feltrinelli pubblica ora in una vivace traduzione a quattro mani di Margherita Belardetti ed Elena Sinisi, il mondo non dispensa sorrisi né consolazioni finali. E' in ima storica fase di trapasso: a Berlino, nell'ormai lontano Ottantanove, quando cade il Muro e si fa strada uno spaesamento che nel romanzo risuona come un basso continuo, in mille banali episodi, in sensazioni, in un linguaggio che sgrana insensatezze e disagio. Regener, che è nato a Brema nel 1961, viene dalla musica, ha fondato il gruppo cult «Element of crime» (sic!), canta e suona chitarra e tromba. Se ne intende di variazioni sul tema e sa costruire con un paio di accordi, cioè due idee buttate lì a caso, sequenze gustosissime e talvolta vertiginose, dove l'inerzia di ima generazione si avvita sul proprio vuoto. E' il controcanto alla retorica, al bisticcio delle ideologie, alla menzogna. Sarà anche vero quel che dice il suo protagonista Frank, che lavora fino alle ore riccole al «Colpo di genio», un ocale sulla Wiener Strasse a Berlino Ovest: «E' una bella vaccata compiere trent'anni (..) uno inizia ad avere un passato, a mitizzare i vecchi tempi e tutte 'ste stronzate». Ma se poi si guarda indietro, altro che miti. C'è il pattume della vita, tipi straniti e inconcludenti, il paesaggio desolato di vecchie birrerie, qualche canna di troppo e una manciata di compagni piuttosto svitati. Gente arenata all'Ancora d'oro, al Clausura, al Vecchio Mercato, locali dalle parti di Kreuzberg, quartiere turco di Berlino, o che si arrabatta come dj o cameriere in quei posti dove la domenica arrivano i fanatici del brunch. E in mezzo a loro Frank, che i più chiamano signor Lehmann da quando si è sparsa la voce che è vicinissimo ai trenta. Ma lui in fondo non è uno senza bussola, in qualche modo ha anche i suoi principi. Per esempio, è puntuale, odia la folla del Kurfiirstendamm, è indifferente all'arte anche se ha un fratello che fa l'artista oggettuale a New York; e in più è tollerante, onesto, affidabile. Come dice il suo amico Karl, che finirà per dar di matto, Lehmann ha «un che di signorile. Non come gli altri. Nasconde un segreto». Forse anche Katrin, la cuoca di cui s'invaghisce, vorrebbe conoscerlo. Ma poi le cose prendono un'altra piega, il mondo s'inceppa, tutto va storto. Altro che i trentenni di Luchetti che alla fine si ritrova- piega, il mondo s'inceppa, tutto va storto. Altro che i trentenni di Luchetti che alla fine si ritrovano a far l'amore ritmato sul Ta-ra-ta-ta di Mina. Lehmann appartiene all'universo del grande Lebowsky, il film di Joel Cohen, cioè a quello degli sfigati e strambi. Come il cane rognoso che in apertura di romanzo gli sbarra la strada, o il suo amico Karl che assembla vecchia ferraglia per una mostra che non farà mai; come Erwin, il padrone dei locali in cui ambedue lavorano, malmostoso e solo. E' un mondo, una generazione poco prima che il Muro si sgretoli. E Reneger c'è entrato dentro senza ambizioni sociologiche o storiche, senza concezioni filosofiche. Con l'immediatezza e l'ingenuità di chi tratta la scrittura da estraneo. Il suo talento musicale gli ha suggerito una colorita polifonia in cui le voci s'intersecano con effetti ironici e spesso surreali. Creano un linguaggio, che è la novità di questo libro, e colgono un'atmosfera: plumbea, soffocante, banale. Già, le cose non sono più come una volta, sono marce dentro, Frank ne è convinto. E il suo autore le porta a deflagrazione con l'aiuto della Storia e di qualche patetico personaggio come i genitori Lehmann in visita al figliolo, che rimuginano sulla divisione di Berlino o i burocrati della Rdt in una esilarante pagina di cronaca tedesca. Il mondo traballa ed è come si fosse perso l'entusiasmo. Il sigpor Lehmann se ne accorge da piccoli intoppi: il voltafaccia di Katrin, la follia di Karl, le bizzarrie di Erwin. E' uno sfigato il grande Frank, a cui il mondo passa addosso e lui sente che, così com'è, bisogna scuoterlo via. Sven Regener ha scritto il romanzo di una disillusione pacata, di un'attesa nella solitudine, di un tempo vuoto. Ora che il Muro è caduto anche il signor Lehmann sa che cosa farà da grande: reinventare la vita, libero, senza assurdi confini. SVEN REGENER FA DEFLAGRARE IL PASSATO MARCIO CON L'AIUTO DELLA STORIA E DI QUALCHE PATETICO PERSONAGGIO CHE RIMUGINA SULLA DIVISIONE DI BERLINO aUHHWj Hre|| IMMMMMMì WÈ r I mmL i ' La caduta del muro di Berlino è lo sfondo dell'esordio di Regener, musicista e scrittore ( Brema, 1961 ) Sven Regener II signor Lehmann trad di Margherita Belardetti ed Elena Smisi. Feltrinelli, pp.213, eJ5 ROMA N Z O

Luoghi citati: Berlino, Berlino Ovest, New York, Roma