L'Italia nell'arcipelago Gulag

L'Italia nell'arcipelago Gulag L'Italia nell'arcipelago Gulag Furono oltre mille i nostri emigrati vittime dello stalinismo, per 144 di essi è documentata l'esecuzione TESTIMONIANZE e memorie aiutano a non scordare le vittime della Storia. Ma sconfiggere l'oblio che le avvolge non è compito da lasciare cadere nelle mani sbagliate. Per parafrasare il Piero Calamandrei che si rivolge al «camerata Kesserling», responsabile delle stragi nei borghi appenninici, il «monumento» che si dovrà erigere per ricordare «...con che pietra si costruirà a deciderlo tocca a noi». Dove il noi è semplicemente lo stare dalle parte delle vittime, senza ipocrisie e infingimenti. Per dirla con le parole del Pintor di Servdbo, a ricordo di un viaggio nel "paradiso socialista": «Non mi meravigliò che la gente fosse rimasta in povertà ma che avesse dimenticato la fraternità. Non cesserò di pensare che i mondi sono due ma imparerò che la linea divisoria non è segnata su nessun atlante e passa fin dentro il cuore dell'uomo...». Stare dalla parte giusta: non è un caso che i primi, significativi apporti al «memento» delle vittime italiane dello stalinismo, vengano da studiosi che hanno seguito le piste dei militanti eliminati da Stalin, quasi percorrendo quella che avrebbe potuto essere - mutando i tempi e i luoghi - un loro possibile destino. Vicende di povera gente, esistenze allo sbando: ma che grandezza, che dolorose ferite e incancellabili verità dentro quelle vite finite davanti ad un plotone di esecuzione o spentesi in ima gelida notte siberiana. Sono storie che da noi, sul finire degli Armi Settanta, cominciano ad essere raccontate. Ad esempio da Nella Masutti che, nel volume pubblicato nel 1982 da Garzanti, Emilio Guamaschelli. Una piccola pietra. L'esilio, la deportazione e la morte di un operaio comunista in Urss, ricostruisce attraverso le lettere l'odissea del suo coraggioso com¬ pagno nato a Torino nel 1911 e fucilato dall'Nkvd nel 1938. Le memorie di Dante Comelli - Il redivivo tiburtino - sono pubblicate da La Pietra edizioni nel 1975 (Comelli, sfuggito alla morte nel gulag, scrive molte altre opere, spesso pubblicate in proprio, poveramente, tese a fare memoria). Anni più tardi giungono le inchieste di Giancarlo Lehner e Francesco Bigazzi, gli studi di Elena Dundovich e di N. S. Onofri, il bel libro di Didi Gnocchi Odissea Rossa che narra la storia dimenticata di Edmondo Peluso, imo dei fondatori del PCI finito fucilato nel 1942. Chi vuole avere una panoramica ancora più esaustiva non deve perdere ora il ponderoso volume Reflections on the Gulag appena uscito a cura di Elena Dundovich, Francesca Gori e Emanuela Guercetti presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oltre ad essere strumento di serrata analisi sulle modalità del dominio di potere stalinista il libro ripercorre - con un articolato saggio delle tre curatrici - la storia della repressione dell'emigrazione italiana in Urss. E, in aggiunta, mette a disposizione centocinquanta pagine di schede biografiche relative alle vittime. Nonché una vastissima scelta di materiali (verbali d'interrogatorio, petizioni, sentenze, lettere) final-. mente usciti dagli archivi. La prima parte del volume, in lingua inglese, s'indirizza soprattutto agli addetti ai lavori. Mentre la seconda parte - tutta di documentazione pazientemente accostata fra fonti sovietiche e carte provenienti dal Casellario Politico Centrale dell'Acs di Roma - porta alla luce materiale di prima mano, base preziosa per ulteriori ricerche sia sui singoli militanti che su vicende di intere comunità (ad esempio quelle degli italiani di Kerc emigrati in Russia ben prima della rivoluzione e deportati nel Kazachstan nel 1942). Intanto le cifre: sono oltre un migliaio gli emigrati italiani finiti nei gulag. E per 144 di essi è documentata l'esecuzione, con sentenze emesse dai tribunali speciali sovietici che si appella¬ no al famigerato articolo 58. Come ha scritto Solzenicyn nel suo Arcipelago Gulag quel solo articolo, dei 148 che compongono il Codice Penale Sovietico del 1926, fa da strumento duttile e poderoso, estensibile ad ogni bisogna, affilato quanto basta, per uccidere milioni di persone e sterminare ogni libertà. Non che prima di quel Codice le cose andassero serenamente. Già nel pieno della lotta civile tra «bianchi» e «rossi» gli emigranti italiani - discendenti da famiglie genovesi e pugliesi da lungo tempo insediate in Crimea, in Georgia - sono soven- te colpiti. Intere comunità arrestate e deportate. Prese in ostaggio per rappresaglia o come preventiva deterrenza verso future azioni nemiche. Tutti gli accusati - da quelli che hanno avviato moderni impianti elettrici ad apprezzati artisti da circo sino agli agricoltori specializzati in coltivazioni mediterranee divengono «lishentsy». Ovvero dei «paria» sociali. Privati non solo dei diritti civili ma anche della possibilità di fare vita pubblica, di mandare i figli a scuola. Poi arriva il turno dell'emigrazione politica. Antifascisti in fuga e militanti approdati alla patria dei Soviet (a volte mandati lì dal centro del partito per punizione). Le comunità di emigranti politici saranno anch' esse vittime delle purghe staliniane: 199 italiani arrestati tra il 1937 e il 1939. Con due caratteristiche di spicco. La prima è che la repressione contro gli italiani, a differenza di quella che colpisce le organizzazioni di altre nazionalità, miete vittime tra i quadri bassi e medi ma non tocca i vertici. Altra connotazione anomala: nessun archivio ex sovietico ha finora portato alla luce gli ordini giunti dall'alto circa l'avviarsi della repressione anti-italiana. Come questa funzionasse e a che cruento approdo portasse viene però illustrato nel volume feltrinelliano attraverso verbali di interrogatorio e sentenze. Quando queste sono capitali vengono eseguite nel giro di poche ore. E' il destino di molti. Quando, decenni dopo, i famigliari in Italia - spesso attraverso il Pei - chiedono notizie dei loro cari scomparsi, la Sicurezza sovietica si attiva. Quindi, riservatamente, il Kgb fa sapere che vivendo i «richiedenti in un paese capitalista e non essendo a conoscenza dell' arresto del congiunto... è opportuno non fornire loro alcuna informazione...». DA LEGGERE Elena Dundovich, Francesca Gori e Emanuela Guercetti (a cura di) Ref lections on the Gulag Fondazione Gìangiacomo Feltrinelli

Luoghi citati: Crimea, Georgia, Italia, Roma, Russia, Torino, Urss