IL LODO DI BRUXELLES
IL LODO DI BRUXELLES POLO E ULIVO VOTANO INSIEME L'EUROIMMUNITA IL LODO DI BRUXELLES Mario Chiavano CENTRODESTRA e centrosinistra: nemici in casa,... flirtanti oltre confine? Parrebbe di sì, a leggere che gli schieramenti che a Roma battagliano sul «lodo Maccanico» (ora, pardon, «emendamento Schifani»), e più ancora si fronteggiano sulla prospettiva di reintrodurre l'autorizzazione a procedere per deputati e senatori, a Bruxelles votano concordi una normativa che non si limita a tutelare le opinioni degli europarlamentari e a fissare garanzie contro il loro arresto e altre misure restrittive di libertà. In aggiunta e più in generale, essa istituisce un controllo, affidato allo stesso Parlamento dell'Unione, sulle azioni giudiziarie per reati addebitati ai suoi membri, configurando la sospensione del processo ove emerga un «fumus persecutionis», ossia il sospetto di un uso della giustizia qome mezzo per colpire un esponente politico. Come da noi, dunque, prima del 1993? E perché, allora, non si vuole la stessa cosa in Italia? In realtà, la faccenda è più complicata di quanto non sembri a prima vista, cosicché il voto di Bruxelles viene ad avere fondamenti e significato oggettivamente diversi che a Roma: e non tanto per le differenze tra la qualifica di «alta carica» di uno Stato nazionale, quella di esponente di un parlamento statale, e quella di parlamentare europeo; né sol perché la soluzione «europea» non riproduce alla lettera il perentorio «altolà» conseguente alla vecchia autorizzazione a procedere. A rendere poco proponibili i parallelismi automatici è piuttosto il contesto che da tempo caratterizza certe vicende italiane. Quanto alla legge appena approvata al Senato, le riserve hanno infatti un senso - ma non è poco - in termini di metodo più che di merito: perché introduce un regime di eccezione per alcuni soggetti, che sarebbe quantomeno opportuno ancorare con legge costituzionale - e non con una semplice legge ordinaria - al loro status, appunto, costituzionale; e soprattutto perché - incidendo su processi in corso - rappresenta l'ennesima legge trasparentemente «adpersonam». Circa il più generale problema della tutela dei parlamentari contro avventate azioni giudiziarie, è chiaro che le risoluzioni del Parlamento europeo dovrebbero far riflettere pure sulle cose di casa nostra, inducendo a trovare anche qui soluzioni egualmente lontane da partigianeria e demagogia. Resta però, palpabile, un dato: fuori d'Italia, il controllo sul «fumus persecutionis» - là dove è previsto dalle leggi nazionali (e non dappertutto lo è) - risulta essere sempre stato esercitato con estrema parsimonia; nel Belpaese era invece diventato il salvacondotto per graziare qualunque parlamentare da ogni accusa, anche fondatissima. Per recuperare, anche da noi, un equilibrio senza suscitare nuove ondate di indignazione popolare, non basta dunque auspicare un clima più disteso tra le forze politiche e nel circuito politica-magistratura. Ci vorrebbe altresì la dimostrazione che non si vuol tornare, puramente e semplicemente, all'impunità del Palazzo. mario.chiavario@unito.it
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