Caso Linate Il rischio di uno stop

Caso Linate Il rischio di uno stop IL PROCESSO DI MILANO Caso Linate Il rischio di uno stop Silvano Rubino MIIANO Si apre e subito si divide in due tronconi, il processo sull'incidente aereo di Linate dell'8 ottobre del 2001, quando la collisione tra un aereo privato e un jet di linea della Sas costò la vita a 118 persone. Sulla sorte di sette degli undici imputati (Fabio Marzocca, Santino Ciamiello, Sandro Gasparrini, Nazareno Patrizi, Raffaele Peirone, Antonio Cavanna e Giovanni Lorenzo Grecchi, ex dirigenti e funzionari di Sea e Enav), tutti accusati di omicidio colposo plurimo e disastro colposo, sarà la Corte di Cassazione a dover decidere: avevano diritto o no al processo abbreviato, come loro stessi avevano chiesto? Il giudice dell'udienza preliminare. Silvana Petromer, lo scorso 5 marzo aveva respinto la loro richiesta, ritenendo che fosse tardiva. Una decisione criticata non solo dai difensori degli imputati, ma anche dal pubblico ministero Celestina Gravina e dalle parti civili. E ieri anche dal Tribunale, che ha definito la decisione del gup «giuridicamente errata». «Il rimedio non è facile ed è più facile - scrivono i giudici della Quinta sezione penale, presieduti da Ambrogio Moccia, nella loro ordinanza - commettere uno sbaglio che porvi rimedio». Il rimedio, però, alla fine si trova ed è la trasmissione degli atti alla Cassazione, per il cosiddetto «conflitto di competenze»: alla Suprema Corte spetterà il compito di decidere se i sette imputati hanno diritto al rito abbreviato (che, com'è noto, comporta uno sconto di pena) e quale giudice dovrà processarli. Il dibattimento, di conseguenza, va avanti per soli quattro imputati: Sandro Gualano, ex amministratore delegato di Enav, Paolo Zacchetti, controllore di volo, Francesco Federico, all'epoca responsabile territoriale di Enac e Vincenzo Fusco, ex direttore dello scalo di Linate. Quella di ieri, quindi, è stata una giornata dedicata aquestioni procedurali. Conlarichiesta di ammissione di nuove parti civili. I parenti delle vittime affollano numerosil'auladelprocesso. Ascoltano in silenzio, un po' disorientati dalle schermaglie procedurali, dalle eccezioni, dalle ordinanze. Ivana Caffi Motta, quell'8 ottobre, ha perso il marito. Da allora non si pende una tappa della vicenda giudiziaria. Ma quando i legali degli imputati si alzano in piedi e sollevano le loro eccezioni di nullità, esce dall'aula: «Ho avuto un crollo - dice scuotendo la testa -. Sono finita in una storia più grande di me. E a volte penso che forse mio marito ha avuto la sorte migliore, perché lui ha finito di soffrire, mentre per chi rimane, è una pena continua».

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