D'Alema: il vero «lulista» sono io

D'Alema: il vero «lulista» sono io IL PRESIDENTE DS BACCHETTA I SEGUACI ITALIANI DI LULA: LUI È UN MODERATO, LORO SONO MASSIMALISTI D'Alema: il vero «lulista» sono io Filippo Ceccarelli CACCIA ai «lubsti», cioè ai seguaci itabani de aOfilho do Brasih, il leader operaio che ba riscattato la sinistra del Terzo Mondo, il presidente Luiz Ignacio da Silva, insomma Lula. Chi sono dunque gli improvvidi fans di Lula con cui ieri mattina, nel corso di un convegno della fondazione Italianieuropei, se l'è presa Massimo D'Alema? Alla presenza di Tarso Genro, già sindaco di Porto Alegre e attuale ministro dell'Economia, e di altri maggiorenti della sinitra intemazionale (tra cui l'inglese Peter Mandelson e il francese Dominique StraussKahn), il presidente dei ds stava infatti lodando i progressi del nuovo govemo brasiliano quando ha sentito la necessità di aggiungere: «Se Lula avesse dato retta ai lulisti italiani non avrebbe certo vinto le elezioni». E qui ha fornito l'interpretazione autentica del lubsmo, che in Italia è presentato come «il mito della sinistra cbe ritoma alla sua purezza». Mentre in realtà, ba continuato D'Alema, si tratta di un fenomeno molto più complesso e di un progetto niente affatto estremistico, tanto da contemplare il dialogo con gb Usa sull'integrazione nel sistema del commercio internazionale (leggi: la globalizzazione, sia pure subasi di parità); poi la lotta per la sicurezza; e ancora il dialogo con le parti sociab, e perciò anche con gb industriab, ma non la lotta di classe. Morale: «Così ha vinto le elezioni. Con le ricette dei lubsti itabani avrebbe dovuto aspettare un altro quarto di secolo prima di vincere un'elezione». Ora, dopo le note vicende di bottega itabana (2001), per la verità D'Alema non sarebbe esattamente tra i più indicati a impartire lezioni sul come e quando la sinistra può vincere le elezioni. Ma pur avendo puntato inizialmente su Cardoso (invitato ai summit dell'Ubvo mondiale) conosce bene Lula, l'ha incontrato prima del trionfo, imparando presto ad apprezzarlo. E anche Lula stima certamente D'Alema. Ma il vago accenno denigratorio ai lubsti italiani - «i Lula de noantri» b aveva a suo tempo qualificati Renzo Foa sul «Giornale» - riporta comunque la disputa nel campo deUa sinistra nostrana, sia pure lungo un orizzonte esotico, ma forse anche per questo di curiosa attrattiva. In altre parole, Lula è un mito di vittoria e un'icona di successo attomo a cui disporsi con garbo o ardore; però è anche la cattiva coscienza di una certa sinistra cbe non ba più ideabtà e rincorre Berlusconi sul suo stesso terreno. Ma soprattutto è, Lula, una coper¬ ta da tirare di qua o di là. Così comincia appunto Lulal Storia dell'uomo che vuole cambiare il Brasile (e il mondo), pubbbcato di recente da Cooper é- Castelvecchi (166 pagine, 12 euro): «Lulisti di tutto il mondo, unitevi! A sinistra - e non solo - è scoppiata la "Lula-mania": professioni di entusiasmo, rievocazioni (invocazioni), applausi, sospiri e un dubbio: ma lo sanno i "neo-lubsti" dell'ultima ora chi è davvero il nuovo leader dei progressisti mondiab, cosa lo avvicina o cosa lo divide realmente da loro? A prima vista potrebbe sembrare di no». Ecco. Per restare agb ultimissimi giorni la profetizzata «Lulamania» è proseguita intensamente. Il 22 maggio di presidenti diessini di Toscana, Marche e Umbria hanno fumato protocolb d'intesa per la promozione di partenariati territoriali con i governi locab del Brasile; il 29 effusioni a Rio tra il presidente e Bassolino («cinque abbracci mozzafiato - ba contabibzzato l'Ansa - e una ventina di reciproche robuste pacche sulle spalle»); il 30, sempre di maggio, il presidente deUa Compagnia deUe Opere Vittadini ha espresso il sogno di avere Lula al meeting deb'Amicizia di Rimini; il primo giugno l'incontro ad Evian con Prodi; e l'altroieri il leader verde Pecoraro Scanio ha appoggiato l'idea di Lula di tassare le armi, mentre un centinaio di deputati dei due schieramenti firmava una mozione a favore del progetto, sempre diLu]a,.«Fame Zero». Insomma, i lulisti itabani abbondano. Diessmi, verdi, cofferatiani, amministratori, rifondatori, no-global, cattobei. Come dimostrato anche dabe presenze aU'insediamento, ce ne sono anche neba Cisl e in quel cbe resta del socialismo itabano (Bobo Craxi). A Brasiba, d'altra parte, c'era pure il sindaco berlusconiano di Catania, Scapagnini. Il che sconsigberebbe di leggere la polèmica dalemiana come una variante aggiornata e globalizzata deU'antica disputa tra riformisti e massimabsti. «Se avesse dato retta ai suoi ammiratori di qui, non avrebbe certo vinto le elezioni» Il presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva