Bush lancia dall'Egitto la «rivoluzione araba»

Bush lancia dall'Egitto la «rivoluzione araba» OGGI IL VERTICE DI SHARM EL-SHEIKH CON SEI LEADER Bush lancia dall'Egitto la «rivoluzione araba» La priorità è ottenere una «sponsorizzazione» del premier Abu IVlazen per raggiungere la pace israelo-palestinese. Ma l'esito del summit di Aqaba sarebbe già segnato dal rifiuto dell'Anp di riconoscere uno «Stato ebraico» Maurizio Molinari inviate a SHARM EL-SHEIKH George Bush è arrivato nel Sinai per il suo primo vertice arabo al fine di promuovere «sicurezza e libertà». L'intento è di spingere Egitto, Giordania, Bahrein, Arabia Saudita e Marocco a diventare i Paesi leader di un nuovo rapporto fra Usa e mondo arabo fondato su cinque pilastri: pace in Medio Oriente, ricostruzione dell'Iraq, lotta al terrorismo per creare una cornice di sicurezza regionale; riforme democratiche e libero commercio per promuovere il rispetto dei diritti dei singoli. Nella giornata di colloqui sulle rive del Mar Rosso la priorità di Bush è il Medio Oriente. La richiesta ai leader arabi è, nelle parole del Segretario di Stato, Colin Powell, di «rafforzare Abu Mazen nel ruolo di premier palestinese». Ovvero: spingerlo verso la pace, emarginare Yasser Arafat, cessare ogni sostegno alle organizzazioni che compiono attentati, impegnarsi alla piena normalizzazione dei rapporti con Israele. Bush punta sui Paesi arabi per rafforzare la «Road Map» - che prevede lo Stato di Palestina nel 2005 - perché ritiene che nell'estate del 2000 il piano di Clinton fallì proprio per carenza di pressioni arabe su Arafat. Il sostegno arabo ad Abu Mazen presente a Sharm el-Sheikh - serve come leva politica per superare le difficoltà negoziali come quelle relative a una dichiarazione trilaterale che gli americani vorrebbero far uscire dal summit a tre di Aqaba ma che - per il «New York Times» sarebbe bloccata dal rifiuto palestinese di riconoscere Israele come «Stato ebraico». Nel momento in cui chiede agli arabi di essere protagonisti della pace in Medio Oriente, Bush métte sul piatto l'offerta di ricostruire assieme l'Iraq. «Siamo consapevoli che nel mondo arabo in tanti sono stati contro la guerra - dice il vicesegretario alla Difesa, Douglas Feith ma speriamo che ora ci si renda conto che esiste l'opportunità di creare un libero Iraq». Washington chiede ai Paesi del summit di riprendere gli scambi e di partecipare alla ricostruzione inviando poliziotti e giudici. A Bush piacciono le scommesse, e quella di Sharm el-Sheikh di cui ha parlato a lungo in mattinata a Evian durante una colazione con il premier britannico Tony Blair - è di trovare negli arabi moderati i partner del rilancio dell'Iraq, anche al fine di allontanare i timori di neocoloni^lismo. «Non ci piace progettare un "nation building" - sottolinea Feith riferendosi all'espressione "costruzione nazionale" usata dall' amministrazione Clinton per gli interventi in Bosnia, Kosovo e Timor Est - vogliamo che siano gli iracheni a ricostruire da soli il loro Paese, noi dobbiamo creare le condizioni affinchè ciò possa avvenire». Gli scenari iracheno e mediorientale sono entrambi teatro della guerra al terrorismo iniziata dagli Stati Uniti dopo l'I! settembre. Il patto che Bush vuole siglare con i leader arabi nasce sul terreno della sicurezza: Al Qaeda, i kamikaze di Hamas e Jihad, la proliferazione delle armi proibite sono nemici contro cui «bisogna unirsi». Nella visione americana sia la costruzione di un Iraq libero e democratico, sia la «Road Map» per il Medio Oriente si possono trasformare in un acceleratore delle riforme interne che già affiorano in alcuni Paesi: dal Bahrein, che ha consentito alle donne di candidarsi e votare, al Qatar, dove una donna è stata designata ministro dell'Educazione, alla Giordania in vista di nuove elezioni, al Marocco che ha liberato numerosi prigionieri politici. L'iniziativa per la partnership Usa-Medio Oriente varata da Powell si propone di favorire queste riforme con uno sforzo su più fronti. Così lo riassume William Bums, uomo del Dipartimento di Stato che si occupa di Medio Oriente: «Aziende pubbliche e private per aiutare riforme economiche; aumentare la partecipazione alla politica ed accrescere la voce delle donne; creare più opportunità per l'istruzione». L'obiettivo finale è porre rimedio a quel «deficit di libertà nel mondo arabo» documentato nel 2002 da un rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. «L'onda della democrazia che ha trasformato l'America Latina, l'Estremo Oriente, l'Est europeo e gran parte dell'Asia Centrale ha scarsamente raggiunto il mondo arabo - osserva Feith - e questo deficit di libertà mina lo sviluppo umano e politico». Le richieste che il presidente Usa porla con se sono tre, e Burns le riassume così: aumentare lo spazio' della società civile (dai media indi¬ pendenti alle organizzazioni femminili); ridurre corruzione e nepotismi facendo prevalere lo regole dello Stato di diritto; rendere le elezioni più libere per riuscire ad aumentare la credibilità dei Parlamenti. Per molte capitali arabe si tratta di un'agenda rivoluzionaria, ma Bush è convinto di poter spingere i leader del summit in questa direzione, facendo presente che «democrazie e sviluppo» vanno di pari passo e che solo con le riforme gli arabi riusciranno a resuscitare economie che pur rappresentando 260 milioni di persone - sommano un pil inferiore a quello di 40 milioni di spagnoli. Il summit del Sinai è solo l'inizio di un'offensiva in grande stile: entro due settimane arriveranno nella regione Powell e l'Alto rappresentante per il commercio Robert Zoellick, mentre Sandra Day O'Connor, giudice della Corte Suprema, sarà a Bahrein per un programma di riforma della giustizia. v';"«'«ss.:sk,ì-!.- Re Abdallah lidi Giordania, una dèlie figure chiave al vertice di Sharm el-Sheikh cui il presidente Bush partecipa oggi Il capo della Casa Bianca vuole un nuovo rapporto tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente fondato su cinque pilastri: pace in Palestina, coinvolgimento nella ricostruzione dell'Iraq, lotta al terrorismo, riforme democratiche e libero commercio Washington chiederà agli interlocutori di riprendere gli scambi con Baghdad e inviare poliziotti e magistrati. Il numero due del Pentagono Douglas Feith: « Siamo consapevoli del fatto che molti erano contro la guerra, ma ora si può creare un Paese libero» George W. Bush presidente degli Stati Uniti Mahmud Abbas primo ministro palestinese Abdullahbin AbdelAziz erede al trono 'fydell'Arabia Saudita M Hosni Mubarak presidente egiziano l AGENDA ARABA Attuazione della road map per la pace tra israeliani e palestinesi, questione irachena, lotta al terrorismo AGENDA USA | Aumentare lo spaziò ; della società civile j nel mondo arabo, dai media i indipendenti 1 alle organizzazioni li femminili; ridurre corruzione e nepotismi facendo prevalere le regole dello stato di diritto; rendere le elezioni più libere per riuscire ad aumentare la credibilità dei Parlamenti.