Processo Sme Boccassini chiede 11 anni per Previti

Processo Sme Boccassini chiede 11 anni per Previti PER RENATO SQUILLANTE LA PENA PIÙ PESANTE: 11 ANNI E 4 MESI Processo Sme Boccassini chiede 11 anni per Previti Il pubblico ministero: a Roma c'erano giudici a libro paga degli imputati «La sentenza che bloccò la vendita a De Benedetti fu comprata» «Hanno violato lo Stato di diritto, mettendo in pericolo la democrazia» Silvano Rubino MIIANO Undici anni per Cesare Previti. Undici anni per Attilio Pacifico. Undici anni e 4 mesi per Renato Squillante. E poi quattro anni e 8 mesi per Filippo Verde, un anno e 10 mesi per Mariano Squillante, un anno e 6 mesi per Fabio Squillante, un anno per sua moglie Olga Savtchenko, 6 mesi per Francesco Misiani. Le richieste di pena del pm llda Boccassini nel processo Sme-Ariosto arrivano poco prima delle 17, al termine della sua lunga requisitoria, cominciata nell'udienza del 24 maggio scorso e proseguita per tutta la mattina di ieri e per parte del pomeriggio. Secondo il pm «è, r stata dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità degli imputati» su cui pesano, «accuse gravissime». «Ci sonò stati giudici costantemente retribuiti perché violassero le loro funzioni e il giuramento sacro fatto al momento di entrare in magistratura. La tenuta dello stato di diritto, in una democrazia, è l'unico baluardo. Se si violano questi principi - conclude llda Boccassini - allora può essere in gioco la nostra democrazia». Gran parte della ricostruzione dell'accusa è dedicata a numeri, cifre, conti correnti e passaggi di denaro, frutto di 40p rogatorie della procura. Passaggi di denaro, secondo il pm, finaUzzati alla corruzione. E destinati, innanzitutto, a Filippo Verde, il giudice che nel 1986 presiedette il collegio di primo grado che diede torto alla Cir di Carlo De Benedetti e bloccò la vendita della Sme. A lui sarebbero finiti almeno 750 mihoni di lire provenienti da un conto di Pietro Balilla (membro della cordata concorrente alla Gir) e transitati su quelli di Attilio Pacifico. «Nel 1988, quando la sentenza Sme diventa definitiva, sui conti di Verde vi sono improvvisamente consistenti versamenti in denaro». E per la Boccassini la ricostruzione del perito della difesa Verde, che attribuiva quei movimenti all'attività del figlio di Verde, Camillo, «sono del tutto destituite di fondamento». Così come è inattendibile la spiegazione di quel passaggio di denaro fornita da Pacifico: «Erano soldi di Previti che io ho fatto rientrare in Italia per lui». «Tenuto conto delle ampie disponibilità di denaro che Previti aveva in quei giorni sui conti italiani replica il pm - non aveva nessun bisogno di far rientrare quei 750 milioni. Non era lui il destinatario di quei soldi». I soldi di Barilla (che versò nel luglio 1988 un altro miliardo su un conto di Pacifico) finirono, secondo il pm, anche a Previti e a Squillante, l'ex capo dei gip romani. «Un giudice a libro paga degli imputati», lo definisce il pm, secondo il quale Squillante ricevette sul suo conto svizzero, sempre tramite Pacifico, 100 mihoni della «provvista Barilla». Secondo il pm, quindi, quei passaggi di denaro in contante raccontati dal teste Omega, Stefania Ariosto, «sono veri, dimostrati in maniera incontrovertibile dalle carte avute dalle autorità straniere». La sentenza che bloccò la vendita della Sme a De Benedetti, fu comprata, secondo il pm, con i buoni uffici di Cesare Previti e di Attilio Pacifico. Tanto che proprio Pacifico, tra la camera di consigho dei giudici e il deposito della sentenza comprò e rivendette azioni Sme guadagnando oltre 50 milioni di lire: «Vuol dire che sapeva l'esito della sentènza». Nella requisitoria del pm c'è spazio anche per una ricostruzione della vicenda Sme, che suona come una risposta indiretta a quella fornita da Silvio Berlusconi nelle sue dichiarazioni spontanee, lo scorso 2 maggio. Quello che per il premier fu un «tentativo dì spoliazione del patrimonio dello stato», per la Boccassini fu «ima vendita con tutti i crismi, che ottenne il via libera del oda dell'Ili e di tutti gli organi istituzionah». Condanne per tutti, quindi. La :,iichiesta di pena per Verdeè più lieve rispetto a quella degli altri imputati, perché gli episodi a lui contestati arrivano sino al 1988, quando ancora non era stato introdotto il reato di corruzione in atti giudiziari. Verde risponde quindi soltanto di corruzione semplice: se gli dovessero essere concesse le attenuanti, per lui scatterebbe la prescrizione. Ma per il pm Boccassini, a parte Misiani (accusato di favoreggiamento) e la Savtcheiiko, gh imputati non meritano attenuanti. Per il loro comportamento processuale («si è tentato di fare venire meno i principi del codice») sia per la gravità dei reati commessi: «Hanno violato la legge per anni, non solo con la corruzione, ma creando consistenti patrimoni all'estero quando la legge lo vietava». Il pubblico minist^rS (Ida Boccassini durarite'laYequisitoria^

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