ITALI A - GERMANIA una storia di pregiudizi di Gian Enrico Rusconi

ITALI A - GERMANIA una storia di pregiudizi LORO «PREPOTENTE NOI «INAFFIDABILI»: L'ULTIMA OPERA DI GIAN ENRICO RUSCONI. DA OGGI IN LIBRERIA, RACCONTA LA DIFFICILE AMICIZIA FRA I DUE PAESI ITALI A - GERMANIA una storia di pregiudizi Gian Enrico Rusconi ITALIANI e Tedeschi sono convinti di conoscersi molto bene. Ma non è vero. Sanno troppo poco della loro storia reciproca, depositata in memorie controverse e unilaterali. Parlo della storia politica degli ultimi centocinquant'anni, che ha forgiato in maniera decisiva il modo con cui i due popoli si identificano a vicenda. Quella tra Italia e Germania è stata una storia difficile, tormentata, conflittuale. Naturalmente da decenni la situazione è cambiata. Ma quando la storia politica precedente non viene più rivisitata o è riservata agli specialisti, nell'immaginario collettivo rimangono precipitati di esperienze passate o narrazioni impermeabili alla riflessione critica. Si sedimentano subculture, trasmesse quasi invariate, di generazione in generazione, nonostante il mutare dei costumi e il dilatarsi dei contatti. I vecchi stereotipi si mimetizzano, subiscono metamorfosi senza cambiare realmente. Negli ultimi decenni, nelle generazioni più giovani, tra Italiani e Tedeschi si sono creati simpatici rapporti di amicizia. Ma essi si sovrappongono a residui di memoria collettiva male elaborati o non elaborati affatto. A livello politico, nelle classi dirigenti a Roma e a Berlino, la lunga positiva cooperazione, durata mezzo secolo, ha lasciato in eredità una conoscenza piuttosto superficiale. La diversità di orientamento dei governi in tema di costruzione dell'Unione Europea e di politica estera comune causa di tanto in tanto freddezze e frizioni (come nel caso della crisi irachena e dell' azione di.guerra che ne è seguita). Ovviamente qui interferiscono le posizioni specifiche dei governi in carica, per cui diventa problematico parlare di «Tedeschi» e «Italiani» in generale. Eppure, al di là delle differenze dei governi, che hanno maggiore o minore affinità a livello di ceto politico e intellettuale, non si sente mai il bisogno di approfondire la reciproca conoscenza. Ci si accontenta di una disinvolta conclamata amicizia, che in realtà ha fragili basi. Memorie e politica si muovono su piani diversi e sconnessi. Così la «relazione particolare» tra Italia e Germania conti-; nua a essere carica di luoghi comuni, positivi e negativi, di cliché, di pregiudizi buoni e cattivi che non è difficile sintetizzare. I Tedeschi sono visti dagli Italiani come ordinati, scrupolosi, efficienti, seri, ma troppo spesso fastidiosamente rigidi e occasionalmente maldestri pedagoghi, in fondo anche prevaricatori. Di contro gli Italiani sono percepiti dai Tedeschi come cordiah, simpatici, elastici e di pronta adattabilità, maestri nella gestione del caos, abili nell'arrangiarsi, ma opportunisti, mal organizzati e, in definitiva, poco attendibili. I Tedeschi sono campioni nell'industria, nel senso più completo del termine, gli Italiani sono campioni nell'arte, nel senso più esteso del termine. Naturalmente con qualche eccezione (come la mitica coppia Ferrari-Schumacher). Secondo questi luoghi comu- ni la vita pubblica e la società civile italiane sono vivaci e stimolanti, ma cronicamente instabili e pericolosamente esposte alla criminalizzazione (mafiosa), mentre di contro, agli occhi degli Italiani, nella società tedesca sono sempre latenti, nella mentalità e nella psicologia della gente, rigidità con venature autoritarie, etnocentriche se non addirittura razziste. La maggioranza dei Tedeschi per decenni ha considerato il sistema politico italiano un esempio incorreggibile di instabilità e inefficienza, salvo poi sorprendersi della crisi di tra¬ sformazione dei primi Anni Novanta e rimanere di nuovo sconcertata degli assestamenti successivi. Viceversa gli Itahani sono rimasti stupiti (non senza una qualche intima soddisfazione) nello scoprire che il tanto celebrato «modello tedesco» non funziona più e ha difetti che ricordano da vicino quelli nostrani. Ci si lascia andare ai giochi verbali sulla italianizzazione della Germania, dopo che anni prima ci si era baloccati con quelli sulla (possibile) germanizzazione dell'Italia. Ma c'è di peggio. Quando i disaccordi diventano acuti, ri¬ compaiono improvvisamente brandelli di memoria collettiva irriflessa, riferita a eventi storici ormai lontani, che hanno tuttavia lasciato profondi segni sottocutanei. Bastano contrasti di qualche peso perché precipiti addosso un passato carico di sgradevoli valutazioni reciproche. In questi momenti gli Itahani ritornano a essere «inaffidabili» tout court e i Tedeschi ridiventano «prepotenti». Quando poi si perde il controllo dei propri pensieri o delle proprie parole, dietro all'inaffidabilità degli Italiani si fa strada l'accusa assai più maliziosa di una loro tendenza al «tradimento» o, più semplicemente, di «machiavellismo». Viceversa il rimprovero, rivolto ai Tedeschi, di coltivare aspirazioni egemoniche, lascia presto il posto all'accusa di prepotenza venata di razzismo. Riemerge un passato plasmato su traumi di guerra e contrasti brutali che culmina in quel fatale 1943, stigma reciproco di tradimento e di prevaricazione. È rimasto impresso nelle memorie e negli immaginari collettivi, impermeabile alle considerazioni della storiografia più seria, italiana e tedesca, e scisso dalle trasformazioni culturali e politiche dei decenni successivi. Di fatto il mezzo secolo e più di buoni rapporti politici e culturali tra Germania e Italia, che è seguito, non ha lasciato nella memoria tracce paragonabili al mezzo secolo precedente. Lo stesso vale per la pluridecennale convergenza nei processi di integrazione europea e nelle politiche estere dei due paesi, sino alla cooperazione nelle iniziative militari a fini umanitari nella ex-Jugoslavia. Collegare criticamente il presente al passato è imo dei compiti della nostra ricostruzione. Esce oggi, nella «Biblioteca Einaudi», l'ultimo libro di Gian Enrico Rusconi; Germania Italia Europa. Sottotitolo: Dallo stato dì potenza alla «potenza civile» (373 pagine, 22,00 euro). Pubblichiamo la prima parte dell'introduzione. Nelle fotografie di Donatella Piccone, forchettate di spaghetti e crauti, alimenti simbolo di italiani e tedeschi

Persone citate: Donatella Piccone, Gian Enrico Rusconi, Italia Europa, Schumacher