Quando la vita comincia da Kerouac
Quando la vita comincia da Kerouac SOCIETÀ Quando la vita comincia da Kerouac MONICAPEROSINO Magari il vostro primo libro è stato quello della biblioteca della scuola, foderato con la carta a fiorellini o con la copertina di plastica rossa. Per molti l'inizio è stato con «I tre moschettieri», «Ivanhoe», «Robinson Crusoe»: finalmente abbastanza grandi da passare dalle «Fiabe Sonore» della Fabbri al primo, vero romanzo, senza figure e fitto di parole. Uno di quei riti di passaggio che dall'infanzia ci portava verso l'età adulta, un po' come andare in ascensore da soli per la prima volta, poter guidare il motorino, esercitare il diritto di voto. Ogni età ha avuto il suo libro culto, diverso di generazione in generazione, un romanzo di formazione - in questo caso della propria - che diventa un manifesto, un modello di vita. I cinquantenni di oggi fecero il cammino con Kerouac, Bradbury e Salinger, i trentenni con «Il vecchio e il mare», «Il maestro e Margherita», «Cent'anni di solitudine». Per tutti «Siddartha» divenne lo stemma dell'inquietudine adolescenziale, dell'ansia della ricerca di sé. Tuttavia i libri che hanno cambiato la vita - quelli che ci portiamo dentro come un talismano - spesso non sono i classici della letteratura di transizione, semmai insospettati titoli di nicchia, di letteratura «bassa» - o troppo «alta» - e sconosciuti ai più. «Quando ho letto "Nessun luogo, da nessuna parte" di Christa Wolf, mi sono sentita meno sola e isolata, il senso di appartenenza mi ha tranquillizzata - racconta Michela Mannisi, 28 anni, studentessa di Filosofia -: ho letto le cose su di me che non ero mai riuscita a spiegarmi bene». Diego Martin 34 anni, regista, afferma sicuro che «La fata carabina» di Daniel Pennac vale cento «Siddartha»; «l'ho letto dopo un grave incidente d'auto: dopo anni senza toccare un libro, immobilizzato in un letto d'ospedale, le vicende del «capro espiatorio», la sua esistenza sgangherata e completamente fuori dalle righe mi hanno fatto capire quanto la vita possa essere vissuta a fondo, di quanto gli amici, la famiglia e perfino la sfortuna siano stimoli ad assaporarne ogni istante». A volte un libro indica la strada, altre aiuta a vivere meglio con le proprie debolezze: "Sono una persona timidissima - dice Emilia Chiarolanza, libraria trentottenne -: «I Guermantes» di Proust mi ha aiutato a comprendere quali siano le motivazioni profonde che regolano i rapporti sociali e umani: durante la cena descritta nel libro gli ospiti fanno di tutto per mettersi in buona luce, la maggior parte cerca di essere quello che non è, come nella vita». Emilia racconta la trama di uno dei tomi della «Ricerca» con naturalezza e affetto, poi si blocca preoccupata: «a parlare così sembra che voglia fare l'intellettuale, ma intanto, e non è poco, "I Guermantes" mi ha insegnato il valore dell'autenticità in contrapposizione alla finzione». Giorgia Taroni, all'ultimo anno del Linguistico ringrazia Gino Strada e il suo ultimo libro «Buskashì», perché «finalmente ho capito che la verità non è sempre bianca o nera, a volte non si può giudicare, al massimo solo osservare: dopo aver letto Strada ho deciso che mi iscriverò alla scuola di giornalismo, per raccontare le cose obiettivamente e lasciare che siano le Dersone a decidere per il bianco o 1 nero». Valentina Razeto, ora ventisettenne, dice che oltre a «Il giovane Holden» - («mi domando ancora adesso dove vadano le oche d'inverno») - porta con sé un libro letto a 15 anni, «Strade blu» di William Least Heat Moon: «La mia passione per i viaggi e la scoperta è nata proprio tra quelle pagine». Il destino - almeno quello professionale - di Umberto Capra, 49 anni, ex insegnante, ora ricercatore universitario di Lingua Inglese, è stato determinato da una raccolta di poesie di Nikki Giovanni, poetessa americana, nera e femminista: ((A 17 anni mi imbattei in un suo libro: allora capii che non avrei fatto l'ingegnere o il chimico, che era quello che mi aveva attirato fino a quel momento, ma mi sarei dedicato alla letteratura». Tra i lettori «tardivi» c'è Donato Spina, 55 anni,che ammette di aver scoperto ora Marcuse e Croce, ma «meglio tardi che mai: da giovane leggevo solo settimanali leggeri, riscopro adesso i valori come l'uguaglianza e la ridistribuzione dei profitti». C'è chi inizia tardi, chi prestissimo, come Natalie Aires, 9 anni, che da sola alza la media nazionale dei libri letti in un anno: «Leggo tanto, un libro alla settimana, per quelli di 600 pagine ci metto tredici giorni. Mi è piaciuto tantissimo "Lo Hobbit" perché è pieno di draghi, nani, maghi, uomini di pietra: ho deciso che da grande voglio vivere tra gli animali e fare la strega buona». Ogni generazione ha il proprio romanzo di formazione: letture che diventano manifesti e modelli da seguire C'è chi ha scoperto la lettura tardivamente e parte con Marcuse e chi inizia a nove anni conilmondodiTolkien
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