Dopo Fazio, fu tutto diverso

Dopo Fazio, fu tutto diverso Il conduttore che ha cambiato il piccolo schermo pubblica una sorta di diario un po' nevrotico Dopo Fazio, fu tutto diverso CI sono alcuni (pochi) personaggi dopo i quali la televisione non è più stata la stessa. Uno di loro è Fabio Fazio, che in settembre dovrebbe tornare su Raitre per il famoso programma sul meteo: o meglio, che prende spunto dal meteo per diventare altro. Fazio è adesso scomparso, non perché sia stato citato come «nemico» dal presidente Berlusconi, e dunque, vedi caso, epurato. Ma perché coinvolto in quella che poteva essere la magnifica avventura di La7, rete dedicata a tutti coloro che non stanno né con la Rai né con Mediaset: poteva essere e non è stata. Restano «Otto e mezzo» o «L'infedele», ma nella sua globalità il canale non è certo diventato una reale alternativa, un praticabile «terzo polo» per gli spettatori di buona volontà. Fabio Fazio ha cambiato la tv (che ha praticato fin da ragazzo) inventando, anzi divulgando, la contaminazione tra generi, la fusione di alto e di basso. Faccenda che, in mano sua, dava luogo a prove mirabili; in mano altrui ha portato al manierismo più sfrenato. Quando La7 decise di non fare più il programma con Fazio, bloccato prima ancora di cominciare, dovette pagare una forte penale. Con la quale l'ancora assai giovane conduttore (è del 1964, segno zodiacale Sagittario, ha cominciato a lavorare molto presto) si è comprato un piccolo appartamento a Parigi. Molto si favoleggiò intorno a quella penale, molto ci si chiese se il giovanotto fosse soddisfatto di godersela senza lavorare, o se la vicenda rappresentasse per lui, così attento amministratore di se stesso, un insanabile cruccio, da vivere comunque con ferma dignità. Adesso esce un libro (Einaudi Tascabili Stile Libero, 8,50 euro) che in parte risponde al quesito. Il libro si intitola «Il giorno delle zucche», e attraverso una specie di diario Fazio non si vergogna di mostrarsi assolutamente nevrotico. Ma un nevrotico consapevole. - Ha la mania di stilare classifiche per tutto («Alta fedeltà» di Homby? Di più), di civettare, con riservatezza e pignoleria nello stesso tempo, con le iniziali di città di e personaggi che non vuol citare citandoli (((A New York abbiamo conosciuto L. e N., e lui cantava la Tosca», chi sarà?); è combattuto tra la città e la campagna, tra il presente e il passato, tra il fanciullino che è in lui e la persona grande disincatata, tra il pianoforte e la chitarra. Nel libro, che non è un libro allegro, ci ritrovi le sue trasmissioni, la nostalgia e il disincanto. Sul frontespizio, un esempio di dialogo con la moglie Gioia. Lui: «Che cosa potrei fare se la smettessi con la tv?». Lei: «L'importante è non scrivere libri perché sarebbe presuntuoso». Lui: «Io sono presuntuoso». Lei: «Ma che bisogno c'è di farlo sapere a tutti?». Adesso tutti lo sanno, ma tutti sanno pure, se vogliono, che Fazio è fragile. E anche prezioso. La tv ci ha perso davvero, perdendo lui. Ma forse non è proprio perso, ma soltanto smarrito. TIVÙ a TIVÙ

Persone citate: Berlusconi, Einaudi, Fabio Fazio, Gioia, Homby

Luoghi citati: New York, Parigi