PENSIONI Parigi sfila in piazza contro la riforma Raffarin di Cesare Martinetti

PENSIONI Parigi sfila in piazza contro la riforma Raffarin LA FRANCIA Si MOBILITA CONTRO IL RIDIMENSIONAMENTO DELLO STATO SOCIALE PENSIONI Parigi sfila in piazza contro la riforma Raffarin Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Che fossero 300 mila come dice la polizia o il doppio come vanta il sindacato, la colorata prova di forza sulle pensioni nelle strade di Parigi è riuscita e la prima, vera, grande sfida al govemo di Jean-Pierre Raffarin è lanciata. Il primo ministro ribadisce la sua linea («non governa la piazza»), ma da quando la riforma è stata proposta a oggi, molte misure sono scivolate, il sindacato s'è spaccato, è nato un intransigente movimento di protesta tra gli insegnanti che ha portato a manifestazioni anche molto antipopolari come lo sciopero degli esami; e intanto treni, aerei e trasporti in genere sono spesso sull'orlo della paralisi. Insomma ribolle una sfida totale e i sismografi degli indici di popolarità dei politici hanno registrato la scossa. Jacques Chirac è caduto al 57 per cento di gradimento dal 65 di im mese fa, quando ancora godeva del crisma di cavaliere della pace; e contemporaneamente la sua quota dì «sgradimento» è salita dal 27 al 36 per cento. Peggio ancora per Jean-Pierre Raffarin: gradimento e sgradimento si pareggiano, 47 per cento, ma non è certo un risultato nullo. La riforma delle pensioni presentata un mese fa dal ministro del Lavoro Frangois Fillon è uno di quei dossier supersensibili, che in Francia, come nel resto della vecchia Europa, va coraggiosamente aperto e corretto prima che sia troppo tardi. Il modello francese prevede, in sintesi, di salvare il sistema detto «par répartition» (cioè quello generalista e egualitario nel quale chi lavora paga la pensione di chi ha smesso) aumentando gli anni di lavoro e di contribuzioni ma riducendo il livello dell'assegno. Si andrà in pensione a 65 anni, con 42 anni di contributi e un reddito assicurato che dovrebbe essere non inferiore ai due terzi dell'ultimo stipendio (adesso è di tre quarti). Inoltre si prevede di equiparare i regimi di pubblico e privato (ora i dipendenti del vastissimo servizio pubblico vanno in pensione dopo 37,5 anni, i privati dopo 40) secondo una logica che in Francia viene vissuta come lo smantellamento del mitico «service publique». Nella scuola l'effetto pensioni si aggiunge alla riforma di decentramento, che affiderà alle comunità locali gestione e amministrazione degli istituti. Riforma definita «anti-egualitaria» dai sindacati degli insegnanti che la rifiutano in blocco, contestando anche al ministro dell'Education Nationale, il filosofo Lue Ferry, l'obbiettivo di favorire le scuole dei ricchi e abbandonare quelle dei poveri. Il cocktail di protesta, frustrazione e problemi sta rendendo esplosiva la situazione della scuola francese. Si è già al braccio di ferro tra i docenti in sciopero che non fanno esami nelle università e gli studenti; tra le famiglie e le minacce di blocco delle prove di fine anno nei licei. Qualche giorno fa gli insegnanti hanno manifestato stracciando in piazza i libri di Ferry e non è stato un bello spettacolo. Jean-Pierre Raffarin e il suo govemo tentano di sfuggire al destino che tra il '95 e il '97 travolse Alain Juppé, il primo ministro della destra che venne sommerso dal movimento sociale che si opponeva alle sue riforme, pensioni comprese. A seguito di quel fallimento Chirac sciolse il parlamento e le elezioni anticipate furono vinte dalla sinistra unita guidata da Lionel Jospin. Visto il precedente, Raffarin ha ostentato fin dall'inizio molta disponibilità al dialogo, ma altrettanta fermezza sulla sostanza. Tuttavia il govemo ha certamente, di nuovo, sbagliato comunicazione. Per almeno un mese s'è sentita soltanto la voce della protesta e spiegazioni terroristiche della riforma. Solo negli ultimi tre giorni - prima deUa temuta manifestazione di ieri - il ministro del Lavoro s'è esercitato in pedagogia per spiegare che il govemo chiede un po' di sforzo nel grande obbiettivo di salvare il sistema di solidarietà «alla francese». In ima lettera aperta ai «citoyens» pubblicata sui giornali La proposta del governo: 65 anni di età, 42 di contributi e un assegno non inferiore a due terzi dell'ultimo stipendio Il sindacato ha mobilitato 600 mila persone. In calo la popolarità di Chirac e del governo. I professori fanno lo sciopero degli esami all'università e bruciano in piazza i libri del ministro . dell'Educazione il filosofo Lue Ferry Pugno e fischietto contro il progetto di riforma delle pensioni. In basso il primo ministro Jean-Pierre Raffarin sceso al 46 per cento di gradimento di ieri mattina nell'estremo tentativo di ridurre l'impatto della manifestazione, Frangois Fillon ha scritto: «La rivoluzione demografica è in marcia e nessuna ricetta miracolosa la fermerà: ci sono oggi dodici milioni di pensionati, ce ne saranno venti tra qualche anno. Non c'è alternativa aD'aumento della durata dei contributi... Con questa riforma noi lavoreremo un po' di più per mantenere le pensioni a un livello paragonabile a quello di og¬ gi...». Il ministro tocca tutti i tasti della religione civile francese, a cominciare dal mitico «patto repubblicano» di uguaglianza: «La riforma si basa sui principi di solidarietà e condivisione... è una riforma equilibrata e progressiva, si fonda su uno sforzo condiviso da tutti per salvare il nostro modello sociale, che altrimenti è condannato al declino». Il sindacato più moderato, la Cfdt, ha firmato l'accordo che consente a Fillon di portare la riforma nel prossimo consìglio dei ministri di mercoledì. Il grande sindacato rosso, la Cgt, guida la protesta che ha ìì suo segretario Bemard Thibault come leader visibile e riconosciuto. lì Cofferati francese sta guadagnando una popolarità mai vista. Sabato scorso al congresso socialista di Bigione ha creato la sorpresa sollevando un'ovazione interminabile, che ne ha condizionato il clima e probabilmente spostato anche la linea polìtica. Il ministro del Lavoro scrive una lettera aperta ai francesi: «Nessuna ricetta miracolosa fermerà la rivoluzione demografica. Non c'è alternativa all'aumento della durata dei contributi Con questa riforma lavoreremo un po' di più per mantenere i vitalizi a un livello paragonabile a quello di oggi» La sinistra, quand'è all'opposizione, ha bisogno di cuore e non sarebbero certo bastate a salvare il congresso le congiure interne e le acrobazie di quelli che qui vengono chiamati gli «elefanti» di partito, intenti a dosare «lotta» e «riformismo», continuità e novità, unità della gauche e differenze con i partìtìni dell'ala estrema. Bemard Thibault, che come Cofferati è un «moderato», s'è trasfigurato in grande capo rivoluzionario: «Saranno i salariati a decidere le lotte - spiegava ieri e io già avverto una forte determinazione tra i ferrovieri e i lavoratori dei trasporti...». Il «naso» del leader della piazza non fa però perdere la ragione a Thibault che, da moderato, esclude obbiettivi polìtici: «Non vogliamo rovesciare il governo». Ma non dimentica di dare un segno di «classe» e non solo pragmatico al suo movimento: «Non vogliamo bloccare il Paese, chiediamo un'altra riforma. Pretendere 42 anni di contributi mentre la disoccupazione è al 10 per cento, la precarietà cresce e le condizioni di lavoro sono sempre più usuranti, significa che chi ha scritto questa riforma non sa cos'è oggi il mondo del lavoro». Ieri in piazza c'erano anche i socialisti con Frangois Hollande, appena rieletto segretario, in tenuta movimentista, giubbotto e maglietta. Ma l'opposizione di sinistra, che pur riconoscendo la necessità della riforma chiede il ritiro del progetto Fillon, finora si è mostrata piuttosto cauta. Al governo per cinque anni, gli eredi di Frangois Mitterrand non hanno fatto alcuna riforma. Anche per questo, in una manifestazione precedente Madame Elisabeth Guigou, ex ministro del Lavoro, venne espulsa dal corteo dai manifestanti. Questa volta sono stati più gentili. Per bloccare la riforma, oggi, servono tutti.

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