Le conferme «forzate» e tre precedenti: Bianchi, Simoni, Lippi
Le conferme «forzate» e tre precedenti: Bianchi, Simoni, Lippi IN BARBA AL PALO Le conferme «forzate» e tre precedenti: Bianchi, Simoni, Lippi Gigi Garanzini SI dice sempre che gli allenatori saltano perché le società non hanno pazienza. E' vero nel novanta per cento dei casi, forse più. Ma a volte accade che la scorta di pazienza sia andata esaurita nelle stagioni precedenti. E la società abbia commesso l'errore di prolungare un rapporto già logoro, già minato, indipendentemente dalle ragioni e dai torti. Quest'anno rischiano di commetterlo, l'errore, sia Sensi che Moratti. Non perché Capello e Cuper non siano più all'altezza del compito: ma perché la fiducia nei loro confronti non è più sufficiente a garantire stabilità alla conduzione, sia tecnica che ambientale. Tant'è vero che, per restare, entrambi dovrebbero accettare condizioni particolari già preannunciate dai rispettivi presidenti. E se nel caso della Roma queste condizioni sarebbero di natura soprattutto economica, Cuper dovrebbe invece accettarne anche di tecniche, partendo per esempio da una ristrutturazione profonda dello staff. L'altra differenza è che per Sensi si tratta di una situazione grosso modo inedita. Mentre Moratti ricadrebbe nell'errore già commesso con ben tre allenatori, nell'ordine Bianchi, Simoni e Lippi. Tutti e tre riconfermati in capo a mille perplessità, e tutti e tre puntualmente esonerati in avvio di stagione. EPITAFFIO. Che restino 0 partano, e la sensazione è che qualcosa di fragoroso accadrà in tempi brevi, l'epitaffio alla loro stagione se lo sono confezionato da sé. Capello dando la colpa di un 1-4 casalingo contro le riserve del Milan ad un rigore «che non mi ha convinto», e che era ovviamente solare. Cuper dichiarandosi sereno rispetto alle voci che lo vogliono in bilico con la seguente frase: «Io mi preoccupo solo quando la squadra gioca male oppure non vince». Ecco spiegato il perché di quell'aria sempre torva. ESULTANZE. Ci sono i freddi e ci sono i caldi. C'è Inzaghi che festeggerebbe con una crisi epilettica anche il gol del dieci a zero passato tra le gambe del portiere, e c'è Zalayeta che sbanca Barcellona ai supplementari, accenna a una corsa e subito serissimo s'inchioda, come se glie l'avessero annullato. Questione di carattere, temperamento, in qualche caso anche di educazione. Nei confronti dello sventurato portiere della Reggina, per esempio, e del suo assist a porta vuota per evitare un corner. Nessun dubbio che Zalayeta, infilata la porta, abbia abbassato mestamente il testone per rispetto di Belardi e del pubblico locale. Ma un - sobrio, per carità - slancio delle braccia verso l'alto non avrebbe ferito i reggini e sarebbe stato più apprezzato dalle parti di Bergamo e di Modena. ELEGANZE. Reduce da una lunga, inesausta serie di interviste e di comparsate televisive in cui non ha mancato, come sempre, di stregare l'uditorio con la sua dialettica elegante e il suo innato senso della sportività, il presidente Preziosi ha concluso che «il calcio di oggi non è più credibile». Lo dice uno che ha cominciato la stagione da proprietario del Como e la finisce da proprietario del Genoa.
Luoghi citati: Barcellona, Bergamo, Modena
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