Addio a De Tomaso ultimo re dei bolidi

Addio a De Tomaso ultimo re dei bolidi E MORTO A MODENA L'EX PILOTA DIVENTATO COSTRUTTORE Addio a De Tomaso ultimo re dei bolidi Aveva 74 anni. Amico del Che rifiutò Perón: «Cercavo di evitarlo ma un giorno venne all'autodromo a salutarmi». Da industriale comprava intere pagine di giornale per pubblicare le foto degli assenteisti. Nei '93 fu colpito da un ictus LeeJapersonaggio Gianni Rogiiattì SI è spento ieri a Modena il costruttore argentino Alejandro De Tomaso, l'ultimo dei «personaggi» in campo automobilistico che ancora sapeva attirare l'attenzione con una voglia autentica di emulare i grandi del passato. Aveva 74 anni. Figlio di un importante uomo politico argentino e di una ereditiera aveva cominciato a correre in auto a vent'anni, ritrovandosi con gli amici al bar de «La Biella Fundida» (La Biella Fusa) nel quartiere più elegante di Buenos Aires. Ha sempre avuto il gusto della sfida. Una volta disse all'ultimo arrivato che lo sollecitava alla «picada» (una prova di accelerazione): «Solo se accetti un vantaggio, io corro in retromarcia con la mia vecchia Bugatti». Nonostante l'agiatezza, o forse proprio per reazione, lui che definiva il comunismo «un degrado della vita», diventò amico di Emesto Che Guevara, già impegnato nella propaganda all'università. Alejandro sostenne di essere stato perfino suo compagno di scuola. In famiglia conoscevano e frequentavano Peròn, 0 colonnello che sarebbe diventato presidente. «Ma io cercavo di evitarlo - raccontò De Tomaso - eppure un giorno venne all'autodromo per salutarmi. Mi tese la mano, la rifiutai». A metà degli Anni '50 si trasferì a Modena, per essere nel cuore del motorismo italiano, da lui considerato il migliore del mondo. Come pilota era discreto, figurò anche nell'elenco ufficiale di quelli Ferrari perchè partecipò al Gp di Buenos Aires del 1957 con una vecchia F2, arrivando nono. In Europa corse prima con le OSCA (la fabbrica fondata dai fratelli Maserati dopo la loro uscita dall'azienda omonima) e poi con le Maserati. In pista incontrò la seconda moglie, la statunitense Isabelle Haskell. Presto si rese conto che la tecnica lo interessava più delle corse e a Modena impiantò una piccola officina. Diventò amico dei fratelli Maserati, la sua prima auto montava proprio un motore OSCA. Tra le realizzazioni più interessanti la Vallelunga, presentata a Torino nel 1963 con un'operazione che mise in crisi gli oi^ganizzatori: lo stand bastava solo per la macchina e lui per ripicca appese il telaio alla parete. Era una sportiva a due posti e motore posteriore portante. Poi fu la volta di una sport prototipo con alettone comandato dalla leva del cambio per variare la deportanza in funzione della velocità, di una FI con motore V8 di 1500 ce, e quindi di una seconda vettura per la FI di tre litri com motore Ford-Cosworth. L'avventura in Formula 1 durò poco, chiusa dalla tragica morte di Piers Courage alla quarta gara, nel Gp d'Olanda del 1970. Costruì ancora una monoposto per Indianapolis, con la scocca portante realizzata in un solo pezzo di fusione. Alejandro aveva idee precognitrici, abbandonò la tecnica per dedicarsi all'industria: nel 1967, con l'appoggio della famiglia Haskell, comprò la Ghia e la Vignale, poi rivendute con profitto alla Ford. Con la Casa americana, in particolare con l'allora presidente Lee Jacocca, stabilì rapporti per la realizzazione di modelli su scala industriale: come la Mangusta e la Pantera, sportive ad alte prestazioni, o le grandi berline Deauville e Longchamp. De Tomaso voleva diventare imaortante nel mondo industriale italiano, a suo modo ci riuscì acquisen- do (in società con la Gepi) la Maserati e la Innocenti, più due prestigiosi marchi motociclistici, Guzzi e Benelli. Era la fine degli Anni Settanta, epoca delle Brigate Rosse. Girava con una pistola impugnata dentro un borsello aperto sul fondo. «Se devo morire - diceva - almeno che sia due a uno». Comprava pagine di pubblicità per pubblicare sui quotidiani le foto di operai assenteisti, ma nelle dichiarazioni dei sindacalisti era riconosciuto come una controparte leale. Si può dire che salvò la Maserati dalla liquidazione, dopo che la famiglia Orsi l'aveva venduta alla Citroen e la Casa francese, in difficoltà, voleva chiuderla. Invece la produzione continuò e la Biturbo segnò il rilancio, nell'81. Un esemplare speciale della grande Quattroporte venne regalata al presidente Pertini che la usò per andare a trovare Ferrari... Nello stesso anno De Tomaso si accordò con la giapponese Daihatsu per la fornitura dì motori destinati alla nuova Mini, disegnata da Bertone. Odiava i giapponesi «ma quando servono - diceva - vanno bene tutti». Nel 1984 Jacocca commissionò all'amico Alejandro una vettura speciale Chrysler-Maserati: venne prodotta in 7500 esemplari, per gli Usa. Nel 1990 cedette il 490Zo della Maserati alla Fiat: durante una cerimonia all'hotel Canalgrande di Modena (dove abitava) Romiti lo elogiò per la sua «linea di difesa dell'industria negli anni bui». Era arrivato, aveva amicizie importanti anche tra i politici, pur senza lusingarli: «Non ho preferenze perchè sono straniero, e non voto». Il destino gli giocò un colpo crudele nel 1993, quando aveva deciso di dedicarsi alla sua piccola e bella fabbrica costruita vicino all'uscita Modena Nord dell'Autosole. Un ictus lo rese semiparalizzato e cieco da un occhio, senza poter parlare era ridotto a una larva. Ma era vivo e questo gli bastava. Con una volontà incredibile, cure specialistiche e l'affetto della moglie e del figlio Santiago (dal primo matrimonio) si era ripreso al punto di recarsi in fabbrica sulla carrozzella. La mente era rimasta intatta: quando gli mostrammo una vecchia foto degli amici davanti al bar della Biella Fusa, li segnalò uno per uno, ricordandone i nomi. CheGuevara Peron LeeJacocca Figlio di un politico argentino salvò la Maserati e la rilanciò in pochi anni con la Biturbo Odiava i giapponesi ma dopo l'accordo con la Daihatsu disse: «Quando servono vanno bene»