«Colpa del business all'eccesso» di D. Cot.
«Colpa del business all'eccesso» I SUGGERIMENTI DEL CAMPIONE DEL MONDO «Colpa del business all'eccesso» Antonio Cabrini coordinatore dei baby J uve intervista TORINO ■ giovani devono giocare e divertirsi». E se lo dice uno come Antonio Cabrini, il terzino con il vizio del gol della Juventus degli Anni '80 che conquistò tutto, c'è da credergli. Lui, uno dei giocatori cardini della Nazionale campione del mondo, dopo sei scudetti, due Coppe Italia e una Coppa Campioni (per citare solo le vittorie più importanti) e qualche esperienza da allenatore, ora si occupa delle promesse del calcio. Coordina seimila ragazzi dai 7 ai 12 anni che giocano nei «Punti Juve» (www. puntojuve.com) sparsi in tutta Italia. Ha le idee chiare Cabrini: «Ho vissuto da professionista un'altra epoca, dove nel calcio si trovavano valori diversi. Sono stato campione del mondo e ho fatto collezione di scudetti nella Juve, eppure molti campioni oggi guadagnano in una stagione più di quanto abbia guadagnato io nella carriera - racconta -. Non dico che sia peggio: è diverso. Questo business esasperato ha cambiato le regole. Magari i ragazzini si illudono di poter avere vita facile e guadagnare subito soldi a palate. Non sanno che è soltanto un'illusione, che bisogna costruirsi un'alternativa perchè nel calcio, lo sport che ovviamente io cono- sco meglio, partono in mille e uno solo arriva. Gli altri rischiano di bruciarsi». Ai suoi giovani, il bell'Antonio non si stanca di ripetere: «Giocate per divertimento, ma studiate, non esiste la certezza di diventare professionisti». I piccoli, il calcio, il grande sacrificio, il sogno del grande campione. Tutto questo racconta: «Il calcio fa bene a chi lo fa bene. Noi alla Juve seguiamo questa filosofia. Avviciniamo i bimbi al calcio. Ognuno di noi ha una storia a sé. Non possiamo generalizzare. Certo, il problema dello stress esiste. Eccome. Lo sappiamo bene noi. Tutto dipende dalla famiglia. Dall'educazione, dallo stile di vita, dalle idee che i genitori trasmettono ai figli. A mio avviso i ragazzi devono essere lasciati liberi, liberi di scegliere lo sport che preferiscono». Lui, da piccolo non ha avuto dubbi: con il calcio è stato amore e passione a prima vista. Con il pallone andava anche a dormire. Ecco, il suo segreto è stato questo: «Sì, anche perchè i miei genitori non avevano certo il tempo di interessarsi alle mie attività sportive. Non sapevano nulla di calcio. Ho sfondato così, quasi per caso. E' stato il mio talento a portarmi alla Juve e a farmi indossare una maglia che ha segnato la storia del calcio». E come si comporta Cabrini con i suoi figli? «Ho sempre adottato la filosofia con la quale sono cresciuto, la libertà di scelta. I miei figli ora sono cresciuti. Hanno 19 e 14 anni. Ho sempre detto loro di fare ciò che vogliono». Dunque, anche lui ribadisce il concetto: genitori, calma. «A volte chi si comporta in modo esasperato lo fa perchè spera di avere un campione in casa - chiude Cabrini -. E così viene a mancare l'equilibrio nel momento più delicato della crescita. Questo, per quanto ne so, non succede solo nel calcio ma in tutti gli sport che offrano un'illusione di sbocco agonistico ad alto livello. Chi è più debole si perde e si rifugia in situazioni spiacevoli», [d. cot.]
Persone citate: Antonio Cabrini, Cabrini
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