Abu Mazen può battere il terrore: con la democrazia di Fiamma Nirenstein

Abu Mazen può battere il terrore: con la democrazia UN FILO ESILE IL COLLOQUIO TRA I DUE LEADER Abu Mazen può battere il terrore: con la democrazia E' l'unico mezzo con cui l'Anp può convincere Sharon ad accettare la trattativa retroscena Fiamma Nirenstein NON è stato uno sfondo favorevole né sensato, quello sul quale si sono parlati (per la prima volta dopo due anni e mezzo, quando Ehud Barak incontrò a casa sua, di notte, Yasser Arafat) i due leader del conflitto per eccellenza, quello israelo-palestinese. I servizi israehani di sicurezza si dicono certi che gli attentati dentro e fuori la Linea Verde sono stati il modo di partecipare espresso da Hamas e Jihad Islamica, ma «anche da Arafat» che da parte sua in s.erata ha respinto duramente l'accusa. Ed è sinistro anche il gran segreto in cui il dialogo è avvenuto, con giornalisti alla caccia di una traccia che non si trovava, perché altrimenti l'avrebbero trovata anche i terroristi. E tuttavia, qualsiasi cosa abbiano detto i due, che pure hanno in sostanza rimandato i discorsi seri, è importante: lo è, perché Abu Mazen non è Arafat e resiste, mentre il durissimo Raiss lo tallona; ed è al suo posto grazie aUa pressione occidentale, cui deve pure', quindi, qualcosa; e perché Sharon ha promesso a Bush di muovere avanti. Lo è perché il vertice ha avuto luogo dopo la guerra in Iraq, ed è l'unico autentico segnale dell'inizio di un dopoguerra, anche se i terroristi voghono proseguire lo scontro a ogni latitudine. L'incontro segreto avviene fra tre attacchi terroristi suicidi in Israele, e dopo i 41 morti di Casablanca e i 34 di Riad. Gh attentati di Al Qaeda non hanno probabilmente a che fare con le organizzazioni terroriste della zona del conflitto di cui si è discusso ieri notte, ma Hamas, la Jihad Islamica, gh Hezbollah si abbeverano alle stesse fonti ideologiche e anche economiche; e sarebbero tutti d'accordo con la nuova teoria ieri enunciata ii Casablanca da Fathallah Arsalana, esponente primario di Al Adi Wal Ihsanne (Giustizia e Carità): ((L'entità sionista trarrà molto vantaggio da questi attentati che le permetteranno di stornare l'attenzione della comunità intemazionale dalle uccisioni perpetrate nei territori palestinesi». La demonizzazione di Israele e dell'Occidente tutto, il considerare assolutamente naturale l'uso del terrorismo, la visione dei terroristi suicidi come eroi; questo è il vero cancro che erode ogni possibilità di pace e che attanaglia alla gola il mondo musulmano mighore, che forse è proprio quello di Abu Mazen. Lui lo sa certamente, anche se per ora sembra soddisfatto della linea che ha scelto: noi, dice, abbiamo deciso di abbracciare la Road Map per quello che è, noi siamo veramente disponibili. Per quanto lo riguarda, si tratta di ripercorrere la strada della «terra in cambio di pace»; ovvero, dice Abu Mazen, Sharon deve bloccare subito l'attività degh insediamenti e cominciare a sgombrare. Sacro- santo. Ma Abu Mazen aggiunge: se Sharon non dichiara subito di accettare tutto, come posso io intraprendere la mia strada e disarmare i terroristi? Prima di tutto, ripete, Sharon deve accettare in toto la Road Map. Si può essere d'accordo sul fatto che Sharon dovrebbe cominciare a scoprire le carte delle sue prossime mosse di congelamento e sgombero, ma non darà «sì» al piano di pace prima che Abu Mazen abbia dato qualche segnale di voler fermare il terrore, che è purtroppo aumentato da quando Abu Mazen è Primo Ministro. QueUo che Sharon sostiene è che di fatto non c'è equivalenza tra fermare il terrorismo e sgomberare deUe terre. La rinuncia al terrorismo non può essere vista dal mondo occidentale - e quindi non lo è da Sharon come una concessione, una mone- ta di scambio, altrimenti questo significa definire il terrorismo come un'arma di combattimento legittima, uno strumento come un altro, ima tattica politica. Quindi la cessazione del terrore è di fatto una condizione universale, che non segna la strada solo per Israele, ma che in realtà è quella che sempre ogni Stato che abbia, o abbia avuto, problemi con il terrore ha imboccato, a prescindere dalla bontà della causa dell'avversario. Ma c'è un altro grande problema di metodo: i due interlocutori devono riconoscersi l'un l'altro. E mentre Israele, con ima strada lunga fino al 1991 (Madrid) ce l'ha fatta, e ha capito che i palestinesi esistono e devono avere uno Stato, per Arafat è stato impossibile firmare una pace definitiva, tanto da lanciare non solo l'Intifada, ma anche da insistere tuttora suU'im- possibile diritto dei profughi a tornare non in Palestina, ma in un Israele che ne verrebbe eventualmente nullificata. Forse con Abu Mazen l'idea di due Stati per due popoh può funzionare, sempre che Sharon e Abu Mazen si rispettino e non si ingannino. In che senso? I due devono essere credibili. Sharon spesso non è considerato tale perché è visto come un uomo di destra, un amante degli insediamenti, e perché usa l'esercito con decisione. Ma fu lui a sgomberare Yamit, l'insediamento nel Sinai, e lo fece con durezza, quando la pace con l'Egitto lo richiese; fu lui che nella campagna elettorale dichiarò la necessità di uno Stato palestinese, mentre il suo nemico alle primarie, Netanyahu, diceva il contrario; lui che ha promesso a Bush di seguire la linea del 24 giugno. Abu Mazen, anche se ha condiviso con Arafat varie fasi e passaggi della leadership palestinese, compreso molto terrore, pure ha resistito alle pressioni del Raiss, come dimostra il fatto che non ha voluto il prediletto di Arafat, Sa'eb Erakat, nella delegazioni di ieri notte. Soprattutto, Abu Mazen sa di essere l'uomo del grande esperimento che dovrebbe cambiare il corso dei rapporti globali : la democrazia nel mondo arabo, la pace dopo la tempesta, la lotta al terrorismo perseguita non con le armi come in Afghanistan o in Iraq, ma con strumenti pacifici di cambiamento intemo. La scommessa che si gioca su di lui è quella che ancora non è stata vinta con la guerra, ovvero che per battere il terrore, una volta subito lo schiaffo, il mondo arabo può autoriformarsi e democratizzarsi autonomamente. La guerra al terrorismo, lo si vede in questi giorni, non si può combattere solo con le armi. Abu Mazen e Sharon hanno un ruolo che dovrebbe ridisegnare i rapporti intemazionah, e se sapranno averne consapevolezza, non cederanno alle prime inevitabili difficoltà. La vera scommessa contro il terrore è cominciata ieri sera, il vero dopo Iraq si gioca fra israehani e palestinesi. Piegare gli estremisti non con le armi ma con gli strumenti pacifici del cambiamento interno Questo l'esperimento e la scommessa del successore di Arafat L'idea di due Stati per due popoli può funzionare sei leader si rispettano e non si ingannano. Né l'uno né l'altro però è del tutto credibile agli occhi dell'interlocutore