L'industria va male e i servizi ristagnano

L'industria va male e i servizi ristagnano LA CRISI DEI PAESI PI EUROLANDIA ED IL SUPER-EURO PENALIZZANO LE NOSTRE IMPRESE L'industria va male e i servizi ristagnano L'Isae: già nel secondo trimestre si vedranno segnali di schiarita analisi Roberto Giovannìni SECONDO i manuali, servono due trimestri consecutivi di crescita negativa dell'economia per poter parlare a buon diritto di recessione. Probabilmente, anche stavolta - come avvenne tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002, dopo la gelata mondiale provocata dall'attentato dell' 11 settembre - in qualche modo l'economia italiana riuscirà ad evitare che anche il trimestre aprile-giugno si chiuda con un segno meno alla voce «crescita del Pil». E dunque «recessione» in senso stretto non sarà. Il govemo, con il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano e il sottosegretario all'Economia Giuseppe Vegas cercano di lanciare segnali tranquillizzanti e di fidùcia, e anche l'Isae (l'istituto congiunturale del governo) conferma che i tre mesi che si chiuderanno in giugno dovrebbero segnare un ritorno al positivo; Vero è che il risultato (ancora non definitivo) comunicato ieri dall'Istat è decisamente peggiore di quello pur ben poco roseo atteso dagli analisti e dai centri studi. E che la speranza dell'Esecutivo di centrare un obiettivo di crescita 2003 (già riveduto e corretto al ribasso poche settimane fa) dell'1,1 per cento si affida a una ripresa che per il momento non sembra affatto collocarsi in un orizzonte immediato. Certamente il quadro congiunturale del nostro paesi' a leggere le valutazioni di Istat e Isae, appare tutt'altro che confortante. La diminuzione del Pil è dello 0, l0Zo su base congiunturale, anche se va detto che il primo trimestre del 2003 aveva un giorno lavorativo in meno rispetto allo stesso periodo del 2002. Stanti così le cose, la crescita acquisita - ovvero quella che si otterrebbe se il livello del Pil rimanesse invariato nei rimanenti trimestri dell'anno, è pari allo 0,4 per cento per l'intero 2003. Le ragioni di questa gelata dell'economia, secondo l'Istat, sono un pessimo andamento dell'industria - a comin-, ciare dall'automobile - con ima perdita di valore aggiunto che non è ovviamente compensato da un andamento un po' più soddisfacente dell'agricoltura. Per i servizi, la tendenza è alla stagnazione. Secondo il presidente dell'Isae, Alberto Majocchi, è proprio lo stato di Sedute negativo dell'industria italiana la causa principale della discesa del Pil. La conseguenza, dice Majocchi, è che «è probabile che i dati a fine anno siano inferiore a quelfi previsti a inizio anno», ovvero 1'1,1-1,20Zo di crescita. Nell'analisi dell'Isae, come accennato, alle viste c'è una «ripresa graduale a partire dal secondo trimestre». Le prime indicazioni provenienti dalle previsioni sulla produzione industriale, lasciano prevedere - si sottolinea - un ritomo alla crescita del Pil nel secondo trimestre, seppure a tassi non elevati; tale ripresa potrebbe irrobustirsi nel prosieguo dell'anno, una volta superati i fattori di incertezza ancora presenti nel quadro intemo e intemazionale. Tuttavia, non c'è dubbio che la pesante congiuntura intema¬ zionale rappresenta un ostacolo problematico da superare perché questa ripresa tante volte evocata dal govemo si materializzi effettivamente. A pesare negativamente c'è il cattivo andamento delle economie di Eurolandia - che sono il nostro principale partner commerciale - e la forte crescita del,corso dell'euro in rapporto al dollaro, che naturalmente crea un peggioramento delle ragioni di scambio (ovvero della convenienza relativa dei nostri prodotti) nei confronti dell'area del dollaro e degli Stati Uniti. E se si considera anche la crisi delle economie dell'Asia, sconvolte dalla SARS, le prospettive non sono entusiasmanti. A confermare questa difficoltà dell'Azienda Italia, arrivano i dati" Istat di marzo della bilancia commerciale italiana: nel mese si è registrato un deficit di 387 milioni di euro, a fronte di un attivo di 1.327 milioni dello stesso mese del 2002. Non si può non evidenziare come il risultato negativo del Pil dell'inizio del 2003 porti chiaramente il segno della «gelata» provocata dall'attesa del conflitto scatenato dagli Usa in Iraq, che poi si concretizzò in guerra vera e propria negli ultimi dieci giorni di marzo. Chiara analogia con l'altro trimestre negativo dell'ultimo biennio, affondato dalla crisi del post-11 settembre 2001. Insomma, eventi straordinari e con conseguenze globali particolarmente catastrofiche a livello planetario. Eppure, le previsioni erano per una crescita del Pil intomo o superiore al 30Zo, ogni anno. E nemmeno le contromisure immaginate per rilanciare l'economia e i consumi - ultima lo sgravio fiscale contenuto nella Finanziaria 2003 - sono riuscite a cambiare la situazione. E anche le parole del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, che preconizzò un «nuovo miracolo economico» per l'Italia, rilette oggi suggeriscono molte riflessioni. Insomma, sin dalla sua nascita - con l'eccezione della seconda metà del 2002 - il govemo Berlusconi ha dovuto fare i conti con tassi di crescita modestissimi, quando non stagnanti, e in due casi negativi. L'11 settembre e la guerra in Medio Oriente sono stati colpi eccezionalmente duri, imprevisti e straordinari; ma anche l'Ulivo dovette fare i conti con le crisi dell'Asia, brasiliana, russa. A quanto pare, per adesso la ricetta per mettere in moto davvero la macchina dell'Azienda Italia non è riuscito ancora a trovarla (o a praticarla) nessuno. L'11 settembre e la guerra all'Iraq sono stati due colpi eccezionalmente duri Difficile per l'esecutivo trovare una ricetta per uscire dallo stallo

Persone citate: Alberto Majocchi, Antonio Fazio, Antonio Marzano, Berlusconi, Giuseppe Vegas, Majocchi

Luoghi citati: Asia, Iraq, Italia, Medio Oriente, Stati Uniti, Usa