Dieci traduttori si confessano: «Questi i nostri autori più difficili» di Mirella Serri

Dieci traduttori si confessano: «Questi i nostri autori più difficili» Dieci traduttori si confessano: «Questi i nostri autori più difficili» LE MIE NOTTI CON BORGES E MONTALBAN Che notti ho trascorso con le poesie di Luis Borges e Manuel Vazquez Montalban. Dure. Molto. Sui loro testi ho sudato sette camicie, mi sono incaponita. E eoa è iniziato un processo di assimilazione, come se fossi entrata nella loro mente, tanto da sviluppare con loro una vera simbiosi. Borges mi utilizzava come il suo "sguardo". Non vedente da anni, era un uomo pieno di mille curiosità: quando eravamo in un luogo affrescato o in una galleria d'arte, ad esempio, passavamo il tempo con il racconto di quello che vedevo. Uguale intimità con Montalban che conosco dall'epoca della nascita di Pepe Carvalbo, del suo "romanzo etiheo", come chiama lui stesso il libro scritto per una scommessa fatta quando era un po' alticcio. Qualche volta assisto alle conferenze di Manuel. E so che ogni tanto gli capita di avere dei vuoti di memoria. Se dice: "Il liberale longevo" , io pronta intervengo: "MontaneUi". Hado Lyria CON RUSHDIE HO FATTO I SALTI MORTALI II delirio dell'idiota Benjy, la furberia e la grettezza di Jason, il temperamento di Quentin, sono stati la mia parete di roccia. L'urlo e il furore di William Faulkner, con l'incontenibile fluire alla Joyce, e anche i Quarantanove racconti di Ernest Hemingway mi hanno procurato non poche angosce. Detesto incontrare i miei autori. Ero giovanissimo quando ho impugnato la penna per Doris Lessing. Le scrissi una letterina chiedendole qualche chiarimento. Lei attra¬ verso il suo agente mi rispose: "Chi è quell'ignorante che si permette di rivolgermi queste domande?". Tutto il contrario Saiman Rushdie, che con la sua prosa fluente fa fare salti mortali, e pure William Gaddis, scrittore distratto che a un mio quesito ha replicato: "Un romanzo di quindici anni fa. Non mi ricordo nemmeno di cosa parla". Vincenzo Mantovani GRISHAMEKING.IMIEI CAVALLI DI BATTAGLIA John Grisham e Stephen King sono stati a lungo i miei cavaUi di battagha. Ed è come se avessero composto per me le loro musiche Perché io potessi procedere a orecchio. Perché il guaio maggiore è se uno scrittore è stonato, cioè se non scrive bene. Per riuscire al meglio bisogna avere intuito e così si arriva alla massima immedesimazione. À me (purtroppo!) è capitato varie volte di identificarmi troppo. Tanti anni fa traducevo il manuale di Helen Kaplan che ha rivoluzionato le terapie sessuali. Confesso che le défaillance sessuali descritte dalla studiosa le ho avute tutte: dalla eiaculatio precox all'impotenza. Appena cambiavo capitolo subentrava una nuova sindrome. Il traduttore comunque, alla fine, non conosce mai bene il risultato raggiunto. E' come uno speleologo. Sé gli chiedono se la montagna dove è stato era bella risponde che ne ha visto solo le grotte. Tullio Dobner CON MICHAEL COLLINS UN'INTESA ASSOLUTA Più uno scrittore è difficile e più mi appassiono. Ho tradotto La regola dei Templari dall'inglese medievale. Un vero corpo a corpo. Mica male come impresa; adesso mi aspetta Tracy Chevalier. Il traduttore ideale non deve avere una forte personalità, deve annullare se stesso e il proprio stile. Pavese, certo, ha tradotto Moby Dick: ma non c'è dubbio che ha sovrapposto il suo mondo poetico a quello dell'autore. Evitare di sopraffare il proprio scrittore è per me, invece, la prima regola. Detto questo si può arrivare a un'intesa assoluta con un autore. Con Michael Collins, che con New York Times e con The End of the world ha vinto i maggiori riconoscimenti letterari americani, sono arrivato al limite del paranormale. Presentando L'altra verità per autodefinirsi usava frasi identiche a quelle che io avevo, annotato per parlare di lui. L'ho sentito come un alter ego. Massimo Ortelio QUELLA SCABROSA SCENA DI MCGRATH Ken Follett, P.D.' James, Patrick McGrath, Steve Martin sono stati in alcuni momenti i miei indo¬ mabili. La pagina pjù difficile fu quella di Martha Peake di McGrath in cui il padre violenta la figlia. Che fare, poi, quando ti imbatti negli errori come, per esempio, un'automobile inesistente all' epoca in cui è ambientato un romanzo, pistole che nella foga dell'azione sparano molti più colpi di quanti il loro modello ne preveda. Certo, sono peccatucci, ma fondamentah. Il traduttore si deve occupare anche di queste piccole grandi cose. Annamaria Raffo MI SUGGESTIONÒ L'ELEGANZA DI PUIG Ho tradotto più di cento libri in 25 anni. Ma di scrittori non ne ho voluti incontrare personalmente molti. Di Marguerite Duras mi ha affascinato il tono della voce roca quando ho trascorso con lei un pomeriggio nella sua casa di Parigi; di Manuel Puig mi ha sempre suggestionato l'eleganza. Sui loro libri ho trascorso molto tempo. A volte sbaghando. Con Puig ci si scriveva delle lunghe lette¬ re, in cui lui, che riteneva di conoscere molto bene l'italiano, faceva numerosi appunti alle mie traduzioni. Accettavo tutto. Qualche anno fa quando ho rivisto le traduzioni per una nuova edizione mi sono accorto che tutte quelle correzioni erano spesso sbagliate. Pazienza. Angelo Morino BASTA UN AGGETTIVO DI KIPLING O JAMES Ho cominciato a tradurre perché avevo una gran voglia di fare lo scrittore. Preferisco i classici e non finisco di stupirmi di quanto possono essere grandi i grandi autori. Non è un gioco di parole. Faccio anche il consulente adelphiano e mi capita di imbattermi in veri e propri "mostri", come Sybille Bedford, degna di stare nell'olimpo. Quando leggo un italiano contemporaneo e poi passo giorni e giorni in compagnia di Kipling, James o Faulkner capisco che ima parola, un aggettivo o un avverbio, può essere la chiave di volta di tutto un sistema. Facendo il traduttore mi sento molto più scrittore di un normale scrittore. Ottavio Fatica IL MIO MONUMENTO È DORIS LESSING Sono un traduttore empatico. Lavoro solo su quello che mi piace: Kazuo Isbiguro, per esempio, con Quel che resta del giorno mi ha subito preso. Per non parlare di Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf o di Cuore di tenebra di Joseph Conrad o di Doris Lessing che sono andata a trovare a Londra nel suo spartano appartamento. Doris, circondata dai suoi gatti, batteva su una macchinona da scrivere in bilico su una porta che, appoggiata su due cassettiere, faceva da tavolo. Il pavimento era tutto cosparso di fogli. E' lei un po' il mio monumento. Maria Antonietta Saracino ROTH IL FUNAMBOLO MI HA FATTO SOFFRIRE Una vena acrobatica anima la scrittura di Philip Roth: il traduttore è costretto a diventare anche lui un funambolo. Roth è stato sicuramente uno di quelli che mi hanno fatto più soffrire. Per esempio ne II teatro di Sabbath c'è uno strampalato, magnifico tergiversare che mi ha fatto dannare. E poi ci sono gli editor stranieri che non sono affatto abili e che lasciano passare parecchi svarioni. Anche noi traduttori qualche volta sbaghamo e anche a me è capitato di essere bacchettata, per esempio da Masolino d'Amico. Meglio così che la tanta distrazione nei confronti di questo lavoro. Stefania Bertela JONATHAN LETHEM UNVEROROMICAPO Ho faticato con Hemingway, Raymond Chandler, Zadie Smith, Paco Taibo II e con tanti altri. Ma nessuno è stato un rompicapo, è il caso di dirlo, come Testa di pazzo di Jonatham Lethem. Un gioco di parole dietro l'altro, calembour, allusioni sessuali in rima. Da uscire veramente pazzi. Avvicinare gli scrittori di cui mi occupo è un modo per capirne anche l'opera. L'autore, quando smette di essere un'astrazione e diventa una persona, è la lente di ingrandimento che aiuta a leggere al meglio i suoi libri. Laura Grimaldi M IA madre sa il francese, i francesi scrivono libri, lei li copia in italiano e con quello che guadagna compra spaghetti e tante cose", dice la capelluta Mafalda di Quino per restituire l'idea del lavoro di un traduttore. E quasi ci indovina. Silenzioso. Incorporeo. Benevolo fantasma-assistente o angelo custode. Sempre alle spalle del suo autore. Sempre un passetto indietro, mai uno davanti. Novello Zellg, personalità mimetica, oggi al traduttore piace definirsi "L'autore invisibile" (così si chiamerà il ciclo di incontri dedicati alla traduzione, organizzati da llide Carmignani ed Elena Rolla, che si svolgerà in Fiera il 16 e il 17 maggio). E' un autore mutante, che può indossare i panni apparentemente sciatti di Ken Follett o quelli assolutamente ricercati di un Jorge Luis Borges. Si adegua allo stile di uno scrittore e magari poi alla fine lo stravolge con quella zampata, con quella griffe d'autore che ha sempre caratterizzato i mostri sacri del genere. Quale dunque lo scrittore che ha più messo alla prova i traduttori italiani? Ecco le risposte dei top ten. Mirella Serri

Luoghi citati: Londra, Parigi, Quino