Mistry: TIndia vista da Toronto di Claudio Gorlier
Mistry: TIndia vista da Toronto Mistry: TIndia vista da Toronto Claudio Gorlier SAROSH, un giovane Parsi di Bombay, decide di emigrare in Canada. Si dà un termine di dieci anni, passati i quali o si sarà completamente occidentalizzato, o ritornerà in India. Muta il suo nome in Sid, a Toronto, e trova un lavoro, ma si scontra con un ostacolo angoscioso. Abituato, come tutti gli indiani, a servirsi di un gabinetto alla turca, non riesce, ad onta di contorsioni ed equilibrismi, a defecare all'occidentale. Ce la fa soltanto saltando sopra lo sciacquone, ma è una tortura, e richiede un mucchio di tempo. Così arriva in ritardo al lavoro e perde di fatto il posto. Passano gli anni, ma Sarosh non risolve il problema, anche perché rifiuta il consiglio di applicare un apparecchio all'intestino. Trascorsi i dieci fatidici anni, eccolo sull'aereo che, sotto una pioggia battente, sta per decollare da Toronto per Bombay. Qui, Sarosh prova il desiderio di liberarsi, corre nella toilette e, miracolosamente, riesce finalmente in ciò che aveva sempre fallito. Felice, alla hostess che lo invita a riprendere il suo posto perché l'aereo sta per iniziare il decollo, Sarosh grida che vuole scendere. Troppo tardi. Canadese fallito, in India non sarà mai più lo stesso. Ho riferito con ampiezza il nocciolo di L'uomo accucciato, uno dei racconti di Rohinton Mistry che formano Firozsha Baag, libro che appare ora in italiano tradotto con la consueta perizia da Chiara Vatteroni (Fazi editore, pp. 267, ^ 16). Il racconto è un piccolo gioiello, a cominciare dalla struttura: la storia di Sarosh viene raccontata a un gruppo di ragazzini da zio Nariman, un intrattenitore nato e quindi scaturisce dall'oralità. Intreccia il serio e l'ironico, con un tocco di satira che investe l'India e il Canada. Scrivendone su una rivista indiana, lo scorso anno, intitolai il mio contributo Canadindia. Mistry, nato a Bombay nel '52, trasferitosi a Toronto nel '75, è considerato oggi scrittore canadese, ma il mondo dei suoi consistenti romanzi resta Bombay; anzi, il quartiere Parsi che si chiama, appunto, Firozsha Baag. L'ultimo, Questioni di famiglia, pubblicato da Mondadori nell'efficace traduzione di Maria Clara Pasetti (pp. 496, « 17,60), lo conferma. Siamo, dunque, come nel romanzo precedente, Unperfetto equilibrio, in un clan Parsi. Mistry è egli stesso Parsi, discendente, cioè, di quei persiani adoratori del fuoco e seguaci di Zoroastro (o Zaratustra), rifugiatisi in India circa mille anni or sono. Nariman, vedovo settantanovenne di Bombay, sofferente di Parkinson, vedovo da tempo, ha due figliastri e una figlia. Quarant'anni prima, giovane intellettuale, avrebbe voluto sposare una cristiana di Goa, ma le pressioni della famiglia lo avevano costretto al matrimonio con una vedova Parsi. Mentre Nariman è coricato essendosi rotto una caviglia in una imprudente passeggiata, egli assiste, se non alla ribeUione, all'insofferenza dei figli. La sua irascibilità naturale si inasprisce, e lui, già professore di letteratura inglese, si paragona allo shakespeariano Re Lear, una figura - va aggiunto che già si affaccia in altre opere di Mistry. Nariman va a stare con la figlia Roxana e il genero Yezad, un Parsi anomalo che si vanta di essere più inglese di un inglese. Ma, nell'epilogo del romanzo, che si svolge sette anni più tardi, incontriamo un Yezad divenuto Parsi di stretta osservanza. Con mano di ferro, Yezad regge la famiglia e innesca una serie di conflitti pressoché inarrestabili, che soltanto in parte verranno sanati dalla terza generazione. Nariman, nel frattempo, è stato confinato in un ospedale e riportato in estremo a casa per morire. Qui l'arte di Mistry conferma tutto il suo respiro e la sua tragica ambiguità, le domande cui non si può rispondere. Sono le divinità, o una sola divinità, misteriosa che si prendono gioco di noi o si divertono a farci soffrire? L'accettazione può consolarci e risarcirci? Gli echi shakespeariani, dichiarati, e quelhdostoevskiani, a mio avviso impliciti, non intaccano l'originalità tutta post moderna di Mistry, che ripossiede e vigorosamente rinnova una maestria nel raccontare con radici e un respiro millenari.
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