«Difendere i rispamiatori? Non c'è una ricetta magica»

«Difendere i rispamiatori? Non c'è una ricetta magica» IL CONSIGLIERE DELL'EX PRESIDENTE REAGAN ORA AL FIANCO DI BUSH «Difendere i rispamiatori? Non c'è una ricetta magica» Feldstein: le leggi antitruffa esistevano anche prima del caso Enron ma quando i manager di una società cospirano per imbrogliare azionisti, pubblico, autorità di controllo e dipendenti c'è poco da fare intervista Paolo Mastrolilli NEW YORK LE leggi contro la truffa le avevamo già prima e ora le abbiamo anche rafforzate, sommando vari provvedimenti per aumentare la trasparenza sul piano contabile. Ma quando i leader di un'azienda cospirano per imbrogliare gh azionisti, il pubblico, le autorità di controllo e i loro stessi dipendenti, non esistono strumenti che possano garantire la prevenzione e la sicurezza assoluta». Oltre un anno e mezzo dopo lo scandalo Enron, che aveva aperto la stagione della vergogna nel mondo degh affari e della finanza americana, il professore della Harvard University Martin Feldstein difende la prontezza con cui gh Usa hanno reagito all'infamia, ma avverte che non ci sono ricette magiche contro chi è determinato a «fregare» il prossimo. fl curriculum di Feldstein è una garanzia, almeno per l'esperienza con cui può esprimere i suoi giudizi. Insegna ad Harvard dal 1967, ma nel 1982 si era preso una pausa per diventare il capo dei consigheri economici del presidente Reagan. Dopo quella parentesi nel cuore del potere era tornato dentro le aule del primo ateneo americano, dove guida 0 National Bureau of Economie Research, ma ora ha ripreso a frequentare assiduamente la Casa Bianca, da quando il nuovo inquilino si chiama George Bush. Solo poche settimane fa è stato invitato dal presidente a Washington, per discutere le riduzioni fiscali che vorrebbe far approvare dal Congresso, allo scopo di non lasciarsi intrappolare dalla crisi economica come il padre nel 1992. E negh ambienti che contano il nome di Feldstein circola sempre con insistenza come possibile capo futuro della Federai Reserve, se il «maestro» Alan Greenspan, appena confermato per la quinta volta alla guida della banca centrale, deciderà di ritirarsi prima della scadenza del nuovo mandato. «Gh scandali? E' difficile dire che peso abbiano ancora sulle scelte della gente comune - spiega a Feldstein -. Restano un problema serio per i dirigenti delle grandi aziende, gli operatori di Wall Street e i giornalisti. Per i consumatori, però, è molto più rilevante il tasso di disoccupazione, che influenza direttamente le loro decisioni tanto neUe spese quotidiane, quanto negh investimenti». Vuol dire che i risparmiatori si sentono già abbastanza protetti dai rimedi adottati subito dopo gli scandali, come ad esempio la legge Sarbanes Oxley? «In realtà, io credo che i risparmiatori non sappiano neppure cos'è la Sarbanes Oxley. QueUo che conta davvero per loro è l'andamento deU'economia, da cui dipendono anche i risultati dei loro investimenti». Lei però la legge di cui stiamo parlando la conosce. E' stata approvata dal Congresso in tutta fretta l'anno scorso, dopo gli scandali cominciati col fallimento della Enron. La prima pagina del testo dice che U suo scopo è "proteggere gli investitori, migliorando l'accuratezza e l'sSfidabilità delle informazioni rese pubbliche dalle società". Contiene una valanga di regole nuove, dalla maggiore chiarezza dei bilanci alla velocità con cui le compagnie devono rivelare i rapporti sull'insider trading. dal divieto per i dirigenti delle aziende di influenzare in qualsiasi maniera i revisori, alla creazione di sistemi anonimi tramite cui i dipendenti possano sempre denunciare le irregolarità. In certi casi la nuova legge raddoppia anche le pene detentive per chi continua a barare. Non era quello che serviva dopo il crollo di fiducia? «La Sarbanes Oxley ha fatto molto, e in certi casi anche troppo. Di sicuro ha creato più trasparenza, ha obbligato i consigli di amministrazione a dedicare molto più tempo alle attività contabili, ha generato rapporti più lunghi e informazioni più corrette. In questo senso è stata sicuramente un bene». Però... «Però ci sono stati alcuni casi documentati, pochi per la verità, in cui i capi di certe aziende si sono riuniti a porte chiuse, con il preciso scopo di imbroghare tutti, dai revisori dei conti ai propri azionisti. Ecco, in situazioni del genere non c'è legge che possa dare garanzie di prevenzione, quando esiste un vero e proprio complotto premeditato per organizzare le frodi. Certo, le pene sono un deterrente, e una volta commessi i reati servono anche a ricompensare le persone danneggiate. La trasparenza, poi, riduce gh spazi di manovra per gh illeciti. Se qualcuno è determinato ad imbroghare, però, è difficile fermarlo a priori con gh strumenti di una legge». Lei prima ha detto addirittura che in certi casi la Sarbanes Oxley ha fatto troppo.Cosa intendeva? «Io sono anche un dirigente di diverse aziende, e come tale ho visto gh effetti pratici dell'applicazione della nuova legge. Per esempio impone deUe qualifiche oggettivamente esagerate, alle persone che devono servire in alcuni comitati deUe compagnie. Ecco, queste regole andranno applicate con flessibilità, se non voghamo inceppare il sistema». Un problema di cui si era parlato all'epoca degli scandali era quello delle società che facevano nello stesso tempo revisione e consulenza, e spesso erano portate ad accontentare il cliente nel primo campo, per poi ottenere lauti compensi nel secondo. A che punto siamo su questo tema? «Ah no, ormai la separazione è cosa fatta. Non c'è neanche più da parlame». Si era discusso parecchio anche delle stock option, con cui venivano compensati i chief executive officer delle grandi compagnie. In alcuni casi li avevano indotti in tentazione, spingedoli a imbrogliare le carte pur di far salire il valore delle azioni con cui venivano pagati. Alcuni economisti, però, sostengono che non c'è un sistema migliore per incentivare i dirigenti ad ottenere i migliori risultati possibili. Lei cosa ne pensa? «E' ancora aperta la discussione su come contabilizzare queste stock option, sulla valutazione dei rischi, sulla retribuzione legata all'apprezzamento dei titoh. Non bisogna lasciarsi influenzare troppo da quei sei o sette casi in cui sono state commesse gravi violazioni, ma io penso che non si debba neppure esporre troppo le persone aUe tentazioni». A fine aprile la Sec ha imposto una multa da 1,4 miliardi di dollari ad alcune delle più grandi banche di investimento che avevano frodato molti loro clienti. E' con provvedimenti come questi che si ricostru¬ isce la fiducia del pubblico? «Le regole e le leggi ci sono. Quando vengono violate bisogna applicare le punizioni previste». Si è discusso anche degli standard contabili adottati negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Quali sono i migliori, secondo lei? «E' una questione aperta, che potrebbe portare a dei cambiamenti. Io però non ho una grande esperienza pratica con gli standard intemazionali, e quindi resto legato a quelh americani». Gli scandali finanziari stanno ancora avendo un peso sull'economia degli Stati Uniti, oppure la lentezza della ripresa è dovuta ormai ad altre cause? «E' difficile fare una misurazione precisa, ma io propendo per la seconda ipotesi». Molti economisti si aspettavano un'accelerazione della ripresa dopo la guerra in Iraq, soprattutto se fosse finita in fretta. Grosso modo è andata così, ma l'economia americana resta tiepida... «Sono già arrivate alcune notizie positive sulla fiducia dei consumatori, ma è ancora troppo presto per giudicare. Dovremo aspettare altri elementi per capire se l'incertezza degh ultimi mesi si sta allontanando, e quindi se la ripresa si rafforzerà nella seconda metà dell'anno». Quali interventi potrebbero essere necessari per rilanciare l'economia? «Non è facile individuare un elemento che possa agire con efficacia sul fattore psicologico dell'incertezza. Comunque ci troviamo davanti ad un bivio: da una parte c'è il rischio di stimolare troppo, producendo però una crescita tra Ó 4 e il 50Zo; dall'altro c'è quello di stimolare troppo poco, restando ancorati tra l'I o il 20Xo. Io penso che sia megho seguire la prima strada». Al Congresso infuria il dibattito sui tagli alle tasse: Bush aveva chiesto 726 miliardi di dollari in 10 anni ma il Senato ha abbassato il totale a 350. Ora si sta negoziando un compromesso. Sono questi gli stimoli a cui accennava? «Certo, intendevo proprio le riduzioni fiscali. La Federai Reserve ha adottato un'ottima pohtica di stimoli, con il costo del denaro ridotto ai livelli più bassi degh ultimi 40 anni. Ora i legislatori dovrebbero capire che tocca a loro fare la propria parte». «E' difficile dire che peso abbiano gli scandali sulle scelte della gente comune Restano un problema serio per manager e operatori finanziari ma sui consumatori incide senz'altro di più la disoccupazione» L'economista Martin Feldstein Porta il marchio del colosso dell'energia Enron il primo dei più recenti grandi scandali finanziari americani

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