«Ho vinto la mia sfida al destino adesso posso proprio smettere»

«Ho vinto la mia sfida al destino adesso posso proprio smettere» mom BOLOGNESE HA GIRATO SUL CIRCUITO OVALE DELlAUSITZRINGr IN GERMANIA «Ho vinto la mia sfida al destino adesso posso proprio smettere» Alex Zanardi ritorna al volante e finisce i 13 giri che gli mancavano il 15 settembre 2001 Fu investito a 320 all'ora, perse le gambe: 20 mesi dopo completa la gara, con le protesi personaggio Pierangelo Sapegno POTREI pure competere con questi pUoti che stanno per iniziare la loro corsa. Ma non lo farò. Ci sono cose più importanti, ho un figlio, voghe dedicarmi aUa famigha, e adesso posso dire che smetto per sempre. Però ci tenevo a venire qui e dimostrare aUa gente che non bisogna mai accettare passivamente un destino avverso. Bisogna lottare per vivere la vita». Parla Alex Zanardi, 36 anni, pUota. Ieri sul circuito ovale del Lausitzring, Germania, ha percorso a 313 aU'ora quei 13 giri che gh erano mancati U 15 settembre 2001, quando un incidente gU aveva portato via tutt'e due le gambe. Qualche giorno fa U coUega de La Stampa, Piero Bianco, lo aveva incontrato aU'aeroporto Tegel di Berlino, lui con U suo zainetto suUa schiena, e le due grucce per muoversi caracoUando siUk. i. sta deUa vita, con le sue protesi, con i suoi capeUineri e ondulati, e i suoi occhi di sempre, che aveva prima di perdere le gambe e U mestiere. «Vado a farmi gli ultimi 13 giri che mi mancano prima di smettere», gh aveva detto. Ieri h ha fatti, prima deUa gara vera. L'hanno cronometrato, è sempre molto veloce. Il 15 settembre 2001, durante una gara deUa formula Cart, U bolognese Zanardi - due volte campione, nel '97 e nel '98, idolo degU americani - era aUa guida deUa sua monoposto Reynard-Honda col numero 66. Mentre usciva daUa corsia dei box la sua auto era sbandata finendo in mezzo aUa pista. Pochi secondi e veniva investita a 320 aU'ora daUa monoposto del canadese Alex TagUam. Mancavano 13 giri aUa fine, appunto. La macchina era disintegrata dal feroce impatto, schiantata in un'immagine rabbrividente, quasi esplosiva, che aveva fatto U giro del mondo. Zanardi lo avevano estratto moribondo da queUe lamiere; aveva perso le due gambe, e aveva salvato solo U sospiro deUa vita. Lo sottoposero subito a tre deUcati interventi chirurgici per scongiurare almeno le infezioni, sempre presenti nei casi di amputazioni traumatiche degli arti. Lo raccolse Gerd Schroeder, chirurgo di guardia queUa notte all'ospedale Marzahn di Berlino. Lo operò Walter Schaffartzik che accolse in camice, sguardo stanco, i giornalisti: «Zanardi è in buone condizioni di spirito, nonostante le ferite gravissime è ottimista». Poi disse come se parlasse di un coUega, di uno che si sforzava semphcemente assieme a lui per fare lo stesso lavoro, queUo di rendere una vita al mondo, come poteva, con le leggi dure e spietate del bisturi: «È un uomo in gamba». Al capezzale c'era la moghe Daniela. Fu lei a dargh la notizia, perché lui non sentiva più niente sotto U bacino, ma non pensava di aver perso gh arti. Trovò U coraggio, una mattina. Lui l'ascoltò e dopo che lei ebbe parlato, rimase in sUenzio qualche istante. Poi la guardò negli occhi: «Daniela, dimmi che sono vivo. Ti prego, dimmelo». Lei pianse, fece cenno di sì con la testa. Aveva vogha di abbracciarlo. Lui sospirò con forza: «Okay, se sono vivo va bene così. La vita continua». Alex Zanardi, per i tifosi «Zanna Bianca», ha continuato la sua vita, come aveva detto. Al Centro di Vigorso, vicino a Bologna, realizzarono protesi speciah per lui. Due mesi dopo l'incidente andò al Motor Show con la sua carrozzeUa, rotolando insaccato sopra la sediola. La gente lo guardava non sapendo che cosa fare. Poi Jean Todt e Michael Schumacher si fecero avanti per abbracciarlo e a quel punto lui si alzò daUa carrozzeUa, muovendosi ondeggiante suUe protesi. La gente cominciò ad applaudirlo senza fermarsi più, come se fossimo noi stessi a fare quel miracolo. Dai campione, che ce la fai. Ouando si risedette ci scherzò sopra: «Non sono mai stato così emozionato, sono talmente commosso che mi tremano le gambe». Risero tutti. Ed era queUo che voleva lui. Essere come loro, non meno di loro. Uno che piange, che ride, che lotta, come facciamo tutti quando cerchiamo di stare in mezzo a questa strana gara che è la vita. Disse: «Misono spezzato, ma non mi piego. È una gara dura, la più dura che ho fatto, ma farò di tutto per vincerla». Parlò del suo incidente; «È stata una fatahtà. A volte neUa vita ti presentano un conto che deVi pagare e non sai neppure U perché. Sì. diciamolo, sono stato sfigato, ma né più né meno di chi viene tamponato in autostrada quando c'è la nebbia. Se uno corre a 350 aU'ora se lo va un po' a cercare, però è la vita di tutti noi che è appesa a un filo». Cosi, rimontando la vita, è arrivato fino a questa domenica suUa pista di Lausitzring. Perché andando dietro al tempo per guardare avanti, a volte capita di tornare indietro. Ogni tanto anche i nostri secondi girano su un circuito. L'altro giorno, aU'aeroporto, Piero Bianco lo aveva visto salire sul bus, con le sue protesi, tutto da solo, tranquillo, accompagnato dalla moghe. Era rimasto in piedi per tutto U tragitto, tenendosi solo aUe manighe. Ieri, s'è presentato un po' emozionato suUa pista per U grande giorno. Ha incontrato U dottor Gerd Schroeder, U medico di guardia, U giomo deU'incidente aU'ospedale. GU ha detto sorridendo: ((Adesso la posso guardare negli occhi». Poi, prima di sedersi attorno a un tavolo: «Dottore, mi avete messo a posto proprio bene». Il medico gh ha poggiato una mano suUa spaUa; «Il merito è tutto tuo e deUa tua volontà. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Il resto lo hai fatto tu». AUe 13,30 sale in macchina. Stesso bolide bianco e marrone e stesso numero deU'altra volta. Mancavano 13 giri quando si schiantò, queUi deve fare. Guida con Ucontrollo manuale per accelerare e per la frizione, frena con la protesi destra fissata al pedale. Dalle tribune 70 mila spettatori sottolineano ogni suo passaggio con una «ola». Quando finisce dice: ((Avrei potuto ancora continuare ma dovevo fame 13. Adesso posso smettere tranquiUo. In fondo, ho chiuso la mia corsa in automobile quando ho deciso io». La moglie Daniela lo abbraccia e tutti gh altri pUoti gh stringono la mano. «Incredibile, fantastico. Sono fehce di poter lasciare neUa mia mente un ricordo di questo genere, sono orgoglioso di quello che ho fatto», dice Zanardi, prima di dare U via aUa gara. In questi giorni ogni tanto porta U figho Nicola suUe spaUe. Quando gli avevano tranciato le gambe, diceva che queUo era un suo sogno. Ora lo fa tutte le volte che può. Si alza al mattino e lo porta a scuola. Continua a fare sport. «Oggi il mio pubblico sono solo io». Ieri ha riassaporato vecchie e nuove emozioni, è ritornato in mezzo agli spettatori. Il dolore fa male, ma ci appartiene. La vita è così, mutile prendersela. Una volta, trabaUando sulle sue grucce lungo il corridoio di un ospedale, disse a un giomaUsta: «Prima, il cielo blu e gh alberi verdi erano scontati per me. Adesso li guardo e sono beUi come un sorriso di mio figho o di mia mogUe, come una bottigha di vino con gli amici». È così che U tempo passa, anche per i campioni. j^IZjI Ci tenevo WW a venire qui e dimostrare alla gente che non bisogna mai accettare passivamente una sorte avversa Bisogna lottare e sono orgoglioso di quello . che ho fatto 99 j^l|||jjl Ho incontrato "^ il medico di guardia all'ospedale berlinese nel giorno dei mio ricovero Gli ho detto: ora posso guardarla negli occhi 99 ^^ L'incidente? •" Una fatalità A volte nella vita ti presentano un conto che devi pagare e non sai neppure il perché, se uno corre se la va a cercare ma tutti siamo Aéjk appesi a un filo Alex Zanardi arriva al circuito tedesco del Lausitzring I momento del terribile impatto tra la monoposto di Zanardi e quella del canadese Tagliani

Luoghi citati: Berlino, Bologna, Germania