Quando la città si svegliava al suono della tromba

Quando la città si svegliava al suono della tromba MARIO RIGONI STERN RICORDA LA VITA MILITARE NELLA VALLE E LE MANOVRE FRA ROCCE E NEVAI Quando la città si svegliava al suono della tromba Mario Rigoni Stern NA mattina di buon'ora di LJ questa primavera ho voluto camminare da solo per le strade di Aosta; sentivo la presenza dell'Emilius della Becca di Nona, del Gran Combin e del Rutor che brillava al primo sole. Per le vie deserte e nel silenzio della città che ancora dormiva cercavo la mia giovinezza, ma più che la giovinezza ritrovavo il ricordo dei miei compagni di allora. Eravamo in tanti, alla vigilia della Seconda guerra mondiale; nel 1939 giunsero anche i richiamati delle classi anziane, quelli del 1909 e del 1913, e le reclute del 1918. Alla compagnia Alpieri, nella vecchia ca¬ serma Mottino, giunsero anche quattro miei compaesani. Allora il mattino di Aosta si animava, anche la città viveva con il nostro orario e si svegliava con il suono del «tromba» della Testa-Fochi. Si aprivano tutti i caffè per gli ufficiali della guarnigione: battaglione Aosta, Scuola Militare Alpina, Battaglione Duca degli Abruzzi, Gruppo di artiglieria Aosta. Una scia di pane invadeva le strade; passavano le carrette tirate da un mulo e con un caporale per i prelievi giornalieri. Uscivano le compagnie, uscivano i plotoni. Davvero la città viveva e respirava con noi: alpini andavano a fare i tiri nella valle del Buthier dove esisteva un rozzo poligono, altri a fare le «tattiche di guerra», sul greto della Dora dopo le fonderie della Cogne, chi ad arrampicare nella palestra di Sarre, altri in marcia a Pila. Poi c'erano le marce settimanali verso le Becche della Valpelline. Alla sera, dopo il rancio delle 17, Aosta si riempiva d'alpini; c'erano, più militari che civili. Scarpe lucide, guanti bianchi, nodo della cravatta ben fatto e contegno nel passeggiare. Eh sì! c'erano le ronde che non perdonavano! I saluti ai nostri «veci», ai graduati, ai sergenti, agli ufficiali. Il tenente Carlo Sarpi ci sorrideva sempre, amichevole e comprensivo. È caduto in Russia, con il Cervino il 22 dicembre del 1942. In quattro amici si andava per le strade più nascoste di Aosta per mangiare in tranquillità pane e mele a completare la cena consumata con tanto appetito nella gavetta. Giungevano le «sedi estive» sotto la tenda nelle valli collaterali, le escursioni, le manovre tra nevai, ghiacciai e rocce; i corsi sciatori, le gare, le escursioni invernali. Il rientro ad Aosta ci sembrava il ritomo in una grande città. Quante migliaia di alpini, di allievi sergenti, di allievi ufficiali, di ufficiali sono passati da Aosta? Credo che in quel tempo sia stata la città più militarizzata del regno. Ma quanti sono partiti da Aosta senza un ritomo? Quanti alpini ha dato all'Italia e alle guerre questa Valle? Già il battaglione «Aosta», con il suo terragno motto Ch'a cousta lon ch'a cousta, viva l'Aousta! condensa l'animo di tutti gli alpini d'Italia: la valle, il villaggio, la contrada, la «paesanità», infine, che veniva messa prima di ogni cosa. Gli alpini, dalle Marittime alle Julie, venivano reclutati per «valle» reggimento dopo reggimento, battaglione dopo battaglione, compagnia dopo compagnia; persino plotone per paese di provenienza. Tra non molto gli alpini saranno tutti volontari, con provenienze molto diverse e disparate da ogni luogo d'Italia. Certamente non continuerà «il mito degli alpini» e sarà più che altro un problema dello Stato Maggiore della Difesa. Ma per oggi ancora godiamo di questa vecchia Aosta che ritrova i suoi alpini d'antan. La città viveva e respirava con noi: all'alba tutti i caffè aprivano per gli ufficiali, una scia di pane invadeva le strade e passavano le carrette tirate dai muli

Persone citate: Battaglione Duca, Carlo Sarpi, Fochi, Mario Rigoni Stern, Mottino, Scuola Militare Alpina