«Romeo e Giulietta» il freddo dell'amore di Osvaldo Guerrieri

«Romeo e Giulietta» il freddo dell'amore I GIOVAMI DELLO STABILE NEL TEATRO SENZA POLTRONE «Romeo e Giulietta» il freddo dell'amore Osvaldo Guerrieri TORINO La domanda è questa: con quali occhi guardare il «Romeo e Giulietta» che lo Stabile presenta finq a domani al Carignano? La questione non è secondaria. L'opera di Shakespeare, lo sapete, inaugura il trittico con cui il TST cerca di creare quella compagnia stabile che si vagheggia da anni e intomo alla quale si è brancolato. Fino a ieri i risultati non sono stati memorabili. I giovani attori (è di loro che si parla, dei diplomati) sono stati coccolati, ma a briglie.sciolte. Alla luce delle esperienze passate, appare encomiabile l'idea di scegliere una dozzina di questi giovani e di impegnarli in un lavoro organico sotto la guida di tre registi non italiani, giovani anch'essi, ma di provato mestiere. U primo a mettersi al lavoro è il francese Jean-Christophe Sais, che dopo un passato d'attore, si è dedicato alla messa in scena di autori «forti» quali Koltès, Copi, Sarah Kane. E' lui il regista di questo «Romeo e Giulietta» ed è slato lui a provocare in noi la domanda iniziale, con che occhi guardare? Utilizzando la platea del Carignano svuotata delle poltrone, montando un'azione che da quella superficie ricoperta di sabbia nera si spinge fin sul palcoscenico tradizionale, Sais ha offerto uno spettacolo di indiscutibile eleganza formale, geometrico e frigidamente espressivo. Ha trasformato la tragedia dell'amore impossibile, della febbre d'amore, della giovinezza in rotta di collisione con la vecchiaia, in qualcosa di inatteso e di diverso: una esposizione della passione gelida, un'epopea mortuaria, ima meditazione tanatologica, Insomma, uno spettacolo in bianco e nero (in tutti i sensi) dove l'anima non può che recitare il ricordo delle proprie pulsioni. Il che sarebbe molto interessante se non avvenisse a prezzo di molte cose. Del testo: la traduzione di Masolino d'Amico è stata cosi radicalmente potata da venir recitata in poco più di un'ora e mezzo. Del ritmo narrativo, ridotto a enucleazioni rapide. Infine a prezzo, ed è ciò che più ci interessa, della recitazione. L'impostazione ideologica di Sais prevede uso non di tipi ma di archetipi, non di personaggi, ma di simboli. Infatti non esiste scenografia, tutti gli interpreti vestono nella stessa foggia e nello stesso colore, usano indifferentemente, e senza realismo, i pugnali e le pistole. Però restano quasi immobili. Nella famosa scena del verone, Romeo e Giulietta si parlano dalla sommità di due scale a pioli appuriate sui lati opposti della sala. Il Mercuzio tutto guizzi di spirito e di meravigliosa follia si riduce quasi a un filosofante di riporto. Insomma una simile visione del «Romeo e Giulietta» suppone una recitazione stilizzata e priva di psicologie forse azzardata per chi ha cominciato a camminare da poco. Lo spettacolo è pensatissimo, ma poi la disuguaglianza degli attori (citiamo almeno la Giulietta di Francesca Bracchino, il Romeo di Alessio Romano, la Capuleti di Olga Rossi, il Paride di Alessandro Adriano) lo fa pencolare un po' di qua e un po' di là.

Luoghi citati: Torino