LETTERE
LETTERE LETTERE Corsi e ricorsi delle invettive Cara Stampa, avendo appena ascoltato (alla Camera) le riflessioni profonde di Giuliano Vassalli e Leopoldo Elia sul senso dello Stato per Aldo Moro - a un quarto di secolo dalla tragedia - si passa ovviamente a meditare sulle fini insolite dei primi ministri italiani: Moro, Craxi, Andreotti, e altre alte cariche. E dì lì si passa naturalmente a ponderare sul nostro futuro istituzionale, nel nuovo millennio e in questo Stato. Cambiare i governi per via giudiziaria, per via militare, per via commerciale, per via mediatica, globale o non-globale? Sono tutte vie già note; e quando si sente parlare della «imparzialità» di qualche ordine o potere, la mano corre alle loro interviste. Bisogna poi calcolare la «costante» degli interventi stranieri: sistematicamente invocati sotto varie forme, nella secolare storia d'Italia, dalle nostre «opposte fazioni»: imperiali e pontifici, Francia e Spagna, Destra e Sinistra, fascisti e antifascisti, antiamericani e antisovietici. Ma lasciandosi poi dietro strascichi di risentimenti, anche dopo molti decenni: le tipiche invettive contro la «perfida Albione» nella prima metà del Novecento, e contro gli «yankees» che avevano rovesciato il Duce, nella seconda metà. Sono «corsi e ricorsi» che si ripresentano intatti, per chi li ha già vissuti come tragedia o commedia all'italiana. Ma siccome tendono alla distruzione dell'avversario intemo, vanno pesati e valutati nei calcoli istituzionaU teorici e pragmatici. Alberto Arbasino Non tutti siamo raccomandati Non credo che tutti gh italiani siano dei raccomandati e che, quindi, è come se la raccomandazione non esistesse. La realtà è che la raccomandazione, nella media, attecchisce soprattutto laddove la preparazione e la professionalità del lavoratore può non essere necessaria (posti publici e grandi aziende private dove i soldi per pagare gh stipendi si trovano sempre, anche quando le cose vanno male). Le piccole aziende non saprebbero che farsene di un raccomandato che, alla resa dei conti, si dimostra incapace di svolgere il proprio lavoro ed è un peso economico e strutturale per le stesse. E poi come cantava Pierangelo Bertoli: «ho sempre odiato i porci ed i ruffiani... quelli che si fanno una carriera con certe prestazioni fuori orario». Il problema lavoro in Italia è che ci sono troppi raccomandati e sindacalisti nullafacenti mentre altrettante persone SERIE e PREPARATE (veramente), che potrebbero essere molto utili alle aziende, non trovano un lavoro adeguato perchè l'Italia è il Bel paese dove vivono gli esseri più furbi del mondo (almeno, così credono di essere). Loris Nucera Un sondaggio sulla fine del mondo A proposito dell'interessante pezzo di Lorenzo Soria sul Pianeta X vorrei ricordare che il cosiddetto «Libro delle Rivelazioni» (traduzione letterale dell'inglese «Book of Revelations») citato nell'articolo non è altro che il biblico libro dell'Apocalisse (che in effetti in greco significa rivelazione) attribuito all'apostolo Giovanni. Visto che, a quanto pare, tra una settimana finirà il mondo, perché non fate un sondaggio sul tema: cosa fareste con una sola settimana di vita? Stefano Priarone L'autorità morale dei leader europei L'Economist ritiene che Berlusconi non ha una chiara visione, non ha finezza diplomatica e quel tipo di autorità morale che viene dal rispetto e perciò non è la persona più adatta a guidare il prossimo semestre auropeo. Può darsi che l'analisi del celebre settimanale inglese sia, parzialmente, vera. Credo, però, ahinoi, che si possa estendere alla quasi totalità dei governanti europei. Nicola Covone La dichiarazione diJeffKoons A proposito del caso Jeff KoonsIlona Stallar, il mio assistito, sig. Koons, precisa: «Non ho mai dichiarato che Ludwig vive in uno "stato di degrado" bensì che nell'ambiente ove vive è sottoposto a stimoli non adeguati alla sua età con esclusione della figura patema anche per quanto riguarda il suo diritto di visita. Pertanto la mia critica era nei confronti della decisione del Tribunale che non aveva certo tenuto conto del preminente interesse del minore né delle valutazio¬ ni di eminenti esperti neuropsichiatri e del pubblico ministero di affidare il minore al padre a New York». aw. Mario Guttieres, Roma Gli appunti di Sciascia Nell'articolo pubblicato il 30 aprile sulla Stampa viene descritto il caso Sciascia come una «lite civilistica che rischia di trasformarsi in una caso di censura». Alle eredi dello scrittore si imputa di «impedire la circolazione di testi che mostrano aspetti inediti e fondamentali della personalità di Sciascia» nonché di voler «sottrarre il suo lascito alla vita culturale», mentre la Sellerie, che pubblica un'opera altrui senza contratto, si ritiene nel giusto «trattandosi di documenti che aveva in casa». È necessario allora ricordare che il diritto d'autore spetta a chi scrive, non a chi possiede il documento che è solo un supporto materiale. Avere «documenti in casa» non significa poterli pubblicare tantoché la vio azione ha rilevanza anche penale. La famigha, che ha sempre promosso l'opera di Sciascia con entusiasmo e spesso a titolo gratuito, non intende sottrarre nulla ai lettori, come è stato affermato, ma solo difendersi da una vessazione e poter sceghere liberamente un editore che mostri, tra l'altro, più rispetto per gli altri. Il Tribunale di Palermo che il 24 aprile 2003 aveva già inibito a Sellerie di pubblicare l'opera ha ora confermato con ordinanza il precedente provvedimento riconoscendo il buon diritto delle Eredi Sciascia e ha disposto anche il sequestro degli elementi di prova della violazione. aw. Laura Cavallari La fotografia di un omonimo Su La Stampa di ieri, a corredo del servizio dedicato alla sparatoria di Milano, anziché la foto di Andrea Calderini, per errore è stata pubblicata quella di un omonimo. Ce ne scusiamo con i lettori.
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